In questi giorni c'è un gran vociare sulla scuola, sull'educazione che i nostri ragazzi riceverebbero in essa, sulla contrapposizione fra scuola pubblica e privata e sulla preparazione più o meno valida di studenti ed insegnanti. Tutto ciò, come è consueto nel nostro Paese, ha scatenato l'inevitabile guerra politica; è un campo su cui non voglio assolutamente entrare. Tuttavia non si può tacere ciò di cui, oggettivamente, tutti ci rendiamo conto, per amore di verità (la quale, speriamo, continua a non avere colore politico). Proprio venerdì scorso, in una riunione a Mestre, mi è capitato di rivangare i miei ricordi di vent'anni fa, quando ancora frequentavo le scuole della nostra piccola cittadina di Caorle, e mi si chiedeva sostanzialmente una valutazione su cos'è cambiato da vent'anni a questa parte.
Non potevo che ricordare la cura delle maestre nell'insegnare ai bambini innanzitutto l'educazione, ma con un occhio di riguardo alla religione: ogni mattina, prima di iniziare le lezioni, ci alzavamo tutti in piedi e recitavamo insieme alla maestra una preghiera (e non necessariamente quelle che si imparavano a dottrina, al tempo si chiamava ancora così, ma preghiere più complicate che le maestre ci invitavano ad imparare a memoria); lo stesso facevamo poi all'uscita. Per non parlare delle recite di Natale: un anno, mi ricordo benissimo, la recita incentrata sulla Creazione, con costumi originali e sottofondi di musica ricercata; e tutte le volte che veniva "sposorizzata" l'iniziativa del Presepe vivente, cui partecipavano i bambini ed i loro genitori.
Se penso a quello che è la scuola oggi non posso che constatare un completo ribaltamento della situazione; chi solo immagina di voler dire una preghiera in classe viene tacciato di clericalismo, quando va bene, ma più spesso di sovversivismo. Si risponderà che, oggi, i tempi e la società sono cambiati, e dobbiamo abituarci ad avere in classe bambini di tutte le religioni; e questo ha delle implicazioni non così banali e serene: siamo arrivati al punto di rinunciare a manifestare alla nostra fede. Ma non possiamo tacere il fatto che, almeno in una città come la nostra, spesso i bambini di altre religioni non sono così numerosi come possono esserlo nelle scuole di Mestre. Eppure so che anche qui a Caorle diventa difficile anche solo proporre di fare un lavoretto di Natale; e questo non in nome dell'uguaglianza religiosa, ma della laicità, il nuovo idolo della nostra società: questa nuova divinità che, per appianare le cose, pretende di cancellare la religione, ma in particolare il cristianesimo, e ancor più nel dettaglio il cattolicesimo. Via i Crocifissi dalle aule, via le preghiere, abbasso i presepi, e via il nome di Cristo dai libri di storia. Pensate, si vuole cancellare Gesù Cristo addirittura dalla storia, colui che ha obiettivamente cambiato il corso della storia da duemila anni a questa parte (la storia dell'Europa dal 313 d.C. in poi dipende strettamente dal cristianesimo, pensate al Sacro Romano Impero, alla storia politica inglese etc.).
Anch'io ho avuto modo di combattere la mia battaglia per il Crocifisso in classe, al posto del quale era preferito un (secondo) orologio, che doveva segnare l'ora di New York. Preciso che nella mia classe non c'erano stranieri, né persone di religione diversa da quella cristiana-cattolica: eravamo un certo numero (pochi anche allora, ricordo) di cattolici praticanti, altri ancora comunque si professavano cattolici, altri agnostici ed altri ancora atei. Quello che sorprende è che le maggiori critiche non arrivavano dagli atei, ma dagli stessi cattolici: i quali, per giustificare la rimozione del Crocifisso, ti insegnavano: "Il Crocifisso è un segno, ed è più corretto portarlo nel cuore". Vedete, ancora ritorna il tema della religione come fatto privato: sei cattolico? Buon per te, ma non farlo vedere in giro: non solo rischi di offendere gli atei (verrebbe da chiedersi in che modo) ma fai vedere al mondo che il tuo cristianesimo è debole, perché hai bisogno di farlo vedere all'esterno. La cattolicità diventa l'unica cosa che bisogna vergognarsi di manifestare in pubblico: si possono (anzi, si devono) manifestare in pubblico effusioni amorose di vario genere, appartenenze politiche, idee sulla moda, ma non il fatto che sei Cristiano. E' come costringere una persona, legata ad un'altra da una profonda amicizia, a negare di essersi mai conosciuti.
Da quello che mi viene raccontato, però, oggi la situazione è ben più grave di quella che vivevo io; oggi i ragazzi sono derisi pubblicamente da compagni di classe ed insegnanti insieme, sbattuti su una gogna pubblica e segnati dal marchio indelebile di non si sa bene quale vergogna. Sento di insegnanti che insegnano agli alunni che la Chiesa è negazionista nei confronti dell'Olocausto degli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale. Un giudizio che manca di rispetto a migliaia di sacerdoti e di religiosi morti anch'essi nei campi di concentramento per difendere gli ebrei (si pensi a san Massimiliano Maria Kolbe, santa Teresa Benedetta della Croce); e ad altrettanti che si sono prodigati dall'esterno per la loro salvezza, alcuni dei quali annoverati tra i "Giusti nel mondo" nello Yad Vashem (pensiamo ad esempio allo stesso beato Giovanni XXIII), per non parlare dell'azione di Pio XII, riconosciuta dagli stessi ebrei di Roma al tempo della guerra ma infangata dalle più scurrili nefandezze dalla propaganda politica degli anni 60 fino ad oggi. Come si può dire che la Chiesa neghi l'esistenza dei campi di concentramento tedeschi quando in essi furono martirizzati i suoi stessi figli? Io dico che dovrebbe studiarsi la storia, quell'insegnante, prima di parlare dalla cattedra: e dovrebbe rendersi conto che incolpare ingiustamente qualcuno (l'intera Chiesa in questo caso) di un delitto così esecrabile quale l'Olocausto degli ebrei è una colpa paragonabile a negare quella stessa strage.
Ma non è finita qui: l'inculturazione di oggi fa in modo che i nostri ragazzi delle superiori dicano con fierezza che Gesù Cristo non è mai esistito: d'altra parte, infatti, sui libri di storia non c'è, a partire dalle elementari. Non siamo più al punto di negare la divinità di Nostro Signore, ma addirittura la sua esistenza storica (il che significa negare che la storia degli ultimi 2011 anni si sia svolta come ce l'hanno insegnata, che sia esistito Carlo Magno, Enrico VIII, i papi, Napoleone...). E, quando invece si ammette l'esistenza storica, si mette in discussione la divinità: "Gesù è più uomo che Dio", detto da chi si professa cattolico, ignaro forse che tale eresia (negata già nei primi Concili della storia della Chiesa) esclude di fatto che la sua fede possa dirsi quella cattolica.
Ed infine come tacere su quei professori di religione (avete letto bene) che deridono uno studente solo perché manifesta un modo di pensare e di parlare troppo conservatore? Ancora da parte di coloro che, per dirla come il papa, asseriscono che occorrerebbe seguire non i testi del Concilio, ma il suo (fantomatico, a questo punto) spirito; per cui chi si mette di traverso a certe idee palesemente moderniste (nell'accezione che diede san Pio X a questo termine) è un pericoloso criminale da contrastare con tutte le forze e deridere in pubblico. O che, e torniamo sempre allo stesso punto della religione come fatto esclusivamente privato, insegnano, in barba a san Giacomo (leggi Gc 2, 14-18), che le opere non sono necessarie per professare la fede?
A mio modo di vedere i cattolici devono prendere coscienza di questi attacchi continui, che io non esito ad indicare come vere e proprie persecuzioni. E quando si dice che la scuola indottrina i nostri studenti di idee anti-cattoliche, da qualsiasi bocca escano queste parole, prima di fare qualsiasi ragionamento o battaglia politica, sarebbe secondo me opportuno, dopo un discernimento obiettivo della realtà, dare atto della veridicità di tale analisi, e semmai rimboccarsi le maniche (a livello sociale ed anche politico) perché questa persecuzione finisca.
CREDO FERMAMENTE NEL SIGNORE, E CHE E' IL CREATORE DELL'UNIVERSO! TUTTO CIO' CHE STA ACCADENDO TESTIMONIA CHE L'ANTICRISTO VUOLE CORROMPERE E INDURRE I PICCOLI E GIOVANI, AD INVERTIRE LA LORO MARCIA E CORRERE VERSO DI LUI.....NON SA CHE LA MENTE GIOVANE E' PIU' VICINA A DIO, E QUINDI PIU' PROTETTA E ILLUMINATA, PERCHE' PURA E SEMPLICE....INFATTI GIA' IN GIOVANE ETA' SI VERIFICANO CASI DI GENITORI ATEI, CHE SONO COSTRETTI DAI FIGLI, A PORTARLI AL CATECHISMO, PERCHE' LORO DECIDONO DI VOLERE I SACRAMENTI DEL SIGNORE...QUESTE SONO VERE TESTIMONIANZE DI CONVERSIONE ALL'INTERNO DELLA SCUOLA DI CAORLE.....E COME MAMMA ESULTO DI GIOIA PER IL MIO SIGNORE GESU', CHE SA DOVE E COME FARE I MIRACOLI....
RispondiEliminaGrazie per la bella testimonianza. Tante volte si sente di genitori che, atei, pensano di fare un favore ai figli non facendoli battezzare, non iscrivendoli ai corsi di dottrina cristiana nelle parrocchie e non incentivando la loro frequentazione della chiesa. Questa testimonianza è il segno che Nostro Signore vede e provvede. Preghiamo affinché si moltiplichino casi come questi, e perché la fede dei figli converta i genitori.
RispondiElimina