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giovedì 1 dicembre 2011

Rorate coeli - Canto per l'avvento

Uno dei canti che più rappresentano il tempo di Avvento nel quale ci troviamo è Rorate coeli desuper. Sin dal VII secolo, al tempo di papa San Gregorio Magno, si canta questa antifona d'ingresso, il cui testo è tratto dal libro del Profeta Isaia (Is 45, 8):

Stillate, cieli, dall'alto
e le nubi facciano piovere il giusto
.

Nel XVIII secolo l'abate di Solesmes, Dom Prosper Guéranger, mutò l'introito in un'antifona da cantare come ritornello tra alcune strofe che esprimono supplica (Ne irascaris Domine), penitenza (Peccavimus), attesa (Vide Domine) ed infine conforto (Consolamini popule meus). La forma musicale in cui sono scritte le strofe è quella che viene detta di "accentus", uno stile di canto monodico senza un ritmo codificato, in cui il testo è il metro principale ed ha una nota per sillaba (per questo è anche detto "canto sillabico"). Questo stile di canto si contrappone al "concentus", ricco di melismi, utilizzato soprattutto per infondere una certa solennità al canto. Quindi è evidente che, sebbene sia stato scritto relativamente di recente, questo genere di canto esprima non solo con il testo, ma anche con la musica stessa, tutto il carattere proprio dell'Avvento, cioè l'attesa temperante che non vuole anticipare la solennità del Natale; ed è da questi elementi che si comprende perché il canto gregoriano è additato dalla Chiesa come il modello dal quale trarre ogni altro genere di canto liturgico.
Qui di seguito il testo originale ed una traduzione, tratta dal nostro libretto dei canti parrocchiale:

Rorate coeli desuper
et nubes pluant iustum.

Ne irascaris, Domine,
ne ultra memineris iniquitatis:
ecce civitas Sancti
facta est deserta,
Sion deserta facta est,
Jerusalem desolata est;
domus sanctificationis tuae
et gloriae tuae,
ubi laudaverunt Te
patres nostri.

Rorate...

Peccavimus, et facti sumus
tamquam immundus nos,
et cecidimus
quasi folium universi:
et iniquitates nostrae
quasi ventus abstulerunt nos:
abscondisti
faciem tuam a nobis,
et allisisti nos
in manu iniquitatis nostrae.

Rorate...

Vide, Domine,
afflictionem populi tui,
et mitte quem
missurus es;
emitte Agnum dominatorem terrae,
de petra deserti
ad montem filiae Sion,
ut auferat ipse
iugum captivitatis nostrae.

Rorate...

Consolamini, consolamini,
popule meus:
cito veniet salus tua;
quare moerore consumeris,
quia innovanit te dolor?
Salvabo te, noli timere,
ego enim sum
Dominus Deus tuus,
Sanctus Israel,
Redemptor tuus.

Rorate...
Stillate o cieli dall'alto
e le nubi piovano il giusto.

Non adirarti, Signore,
non ricordare più l'iniquità:
ecco la città del santuario
è deserta,
Sion è divenuta deserta,
Gerusalemme è desolata;
la dimora della tua santità
e della tua gloria,
dove ti lodarono
i padri nostri.

Stillate...

Abbiamo peccato e siamo divenuti
come immondi,
siamo caduti
tutti come foglie
e le nostre iniquità
ci hanno dispersi come il vento:
hai nascosto
a noi il tuo volto
e ci hai abbandonato
in mano alle nostre iniquità.

Stillate...

Guarda, Signore,
l'afflizione del tuo popolo
e manda Colui che
stai per mandare;
manda l'Agnello dominatore della terra,
dalla pietra del deserto
al monte della figlia di Sion,
perché tolga il giogo
della nostra schiavitù.

Stillate...

Consòlati, consòlati
popolo mio:
presto verrà la tua salvezza;
perché ti consumi nella tristezza,
mentre il dolore ti riassale?
Ti salverò, non temere,
perché io sono
il Signore tuo Dio,
il Santo d'Israele,
il tuo Redentore.

Stillate...

Di seguito due versioni: quella gregoriana ed una versione polifonica per sole voci maschili scritta da mons. Valentin Miserachs Grau, presidente del Pontificio Istituto di Musica Sacra e direttore della cappella della Basilica Papale di Santa Maria Maggiore.

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