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venerdì 24 giugno 2011

Ut queant laxis - Inno a San Giovanni

Il 24 giugno, sei mesi prima del Natale, ricorre per la Chiesa la natività di San Giovanni Battista, il precursore di Cristo. Il giorno dell'Annunciazione dell'Angelo a Maria Santissima, infatti, egli dice alla Madonna che la sua parente, Elisabetta, era al sesto mese di gravidanza; e con un semplice calcolo, si può presupporre che la nascita di Giovanni sia avvenuta circa sei mesi prima di quella di Cristo. Non solo, ma alcuni recenti studi sull'esattezza della datazione del Natale del Signore nei mesi invernali si basa proprio sul racconto di san Luca, quando nel suo Vangelo racconta l'annuncio dell'Angelo a Zaccaria, nel tempio.
Di Giovanni Battista troviamo scritta nel Vangelo la natura della sua missione; nel cantico di Zaccaria, suo padre, è additato «Profeta dell'Altissimo», chiamato a dare al popolo di Dio «la conoscenza della Salvezza nella remissione dei suoi peccati» (Lc 1, 76-77). E, sempre nel Vangelo, troviamo lo stesso Signore nostro Gesù Cristo che lo indica come suo precursore: «Più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via. In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista» (Mt 11, 9-11). A lui la Chiesa dedica due ricorrenze nel corso dell'anno liturgico: oltre alla natività si ricorda anche il suo martirio, il 29 agosto.
Una particolarità legata alla solennità della natività del Battista riguarda la musica liturgica. L'inno vespertino di questa solennità è l'Ut queant laxis, al quale, possiamo dire, tutta la musica del passato ed anche quella odierna deve parte della sua esistenza. Sulla base di quest'inno, scritto da Paolo Diacono, Guido d'Arezzo ricavò il nome delle note che ancora oggi utilizziamo; poiché, infatti, ogni verso comincia con una nota di un grado più alto rispetto alla precedente, partendo dalla più bassa ed arrivando alla più alta, egli trasse il nome di ciascuna nota dalla sillaba corrispondente alla prima nota di ciascun verso della prima strofa:

Ut queant laxis
Resonare fibris
Mira gestorum
Famuli tuorum,
Solve polluti
Labii reatum,
Sancte Ioannes.

Inizialmente furono ricavati i nomi delle prime sei note, che costituivano l'esacordo utilizzato per i canti gregoriani dell'epoca, giacché non era utilizzata anche la settima nota di quella che oggi chiamiamo scala musicale; con l'evolversi della scrittura musicale, alla settima nota fu dato come nome "Si", ovvero le iniziali di Sancte Ioannes. Dunque i nomi delle sette note erano Ut - Re - Mi - Fa - Sol - La - Si; solo successivamente, nel XVII secolo, il nome della prima nota fu cambiato da Ut a Do, in onore del musicologo fiorentino Giovan Battista Doni, prendendone la prima sillaba del cognome. Tra l'altro è curioso notare come il suo nome fosse proprio Giovanni Battista.
Per questo motivo non è sbagliato dire che tutta la musica deve la propria esistenza alla musica religiosa, ed in particolare al canto gregoriano ed ai suoi cultori dei secoli addietro. L'origine del nome delle note musicali è una forte testimonianza di come in passato la musica profana (cioè quella non adatta al tempio) nascesse e prendesse esempio da quella sacra. Un po' il contrario (constatiamo con dolore) di quello che succede oggi nella maggior parte delle nostre chiese, dove si vuole che la musica sacra segua le orme di quella profana; ma chi ha studiato un minimo di estetica e storia della musica capisce bene che questa pretesa è un fallimento in partenza, sarebbe come se il padre volesse imparare dal figlio come vivere nel mondo.
Non ci resta che invocare l'intercessione di san Giovanni Battista, il primo tra i nati di donna, affinché il canto sacro torni ad essere davvero sacro, e sia anch'esso il primo tra le musiche create dall'uomo, come si addice alla musica composta per il Signore.
Di seguito, come di consueto, alcune proposte musicali: la prima in canto gregoriano, la seconda musicata da Giovanni Battista Gieri, maestro di cappella della cattedrale di Pisa nel XVII secolo.





Ut queant laxis
resonare fibris
mira gestorum
famuli tuorum,
solve polluti
labii reatum
Sancte Ioannes.

Nuntius caelo
veniens supremo,
te patri magnum
fore nasciturum,
nomen et vitae
seriem gerendae
ordine promit.

Ille promissi
dubius superni
perdidit promptae
modulos loquelae;
sed reformasti
genitus peremptae
organa vocis.

Ventris obstruso
positus cubili
senseras regem
thalamo manentem;
hinc parens nati
meritis uterque
abdita pandit.

Laudibus cives
celebrant superni
te, Deus simplex
pariterque Trine;
supplices ac nos
veniam precamur:
parce redemptis. Amen.
Affinché possano su grandi
corde far risuonare
i miracoli delle gesta
tue i servi,
sciogli dell'impuro
labbro il peccato,
o San Giovanni.

Un Nunzio dal cielo
supremo veniente,
al padre la tua grande
nascita,
il nome e della vita
lo svolgimento
rivelò con ordine.

Egli alla promessa
celeste dubbioso
perdette della pronta
loquela i moduli;
ma guaristi,
nato, dell'impedita
voce i registri.

Rinchiuso del ventre
nel giaciglio posto
avvertisti il re
che prendeva dimora;
così le madri, per i dei figli
meriti, entrambe
svelarono gli arcani misteri.

Con lodi i cittadini
celesti celebrano
te, o Dio semplice
e parimenti Trino;
supplici anche noi
imploriamo la grazia:
perdona ai redenti. Amen.

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