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martedì 30 agosto 2011

Le menzogne sulla Chiesa (II parte)

Diffondo il secondo articolo dell'avvocato Marco Ciamei a proposito dell'intensa campagna denigratoria contro la Chiesa apparsa sulla stampa e su internet. Questa puntata è dedicata all'otto per mille, uno degli argomenti che attira più critiche nei confronti dei cattolici. Come già dimostrato in precedenti post, in realtà queste critiche non nascono da ideali di uguaglianza o da legittimi dubbi sulla gestione del denaro pubblico; sono invece soltanto un pretesto per attaccare con inaudita violenza, nelle parole e negli atteggiamenti, il messaggio di Cristo che la Chiesa divulga. E' vero che l'otto per mille dei contribuenti che non firmano viene dato alla Chiesa cattolica in maniera ingiusta e poco chiara? I cittadini sono veramente non informati circa la destinazione del proprio otto per mille? Ci sono accordi nascosti fra lo stato e la Chiesa cattolica per l'attribuzione dell'otto per mille? La Chiesa fa tutto di nascosto con i soldi che le vengono devoluti? Sono solo alcune delle domande retoriche che vengono rivolte a molti cattolici, i quali spesso si trovano nell'imbarazzo di non saper dare una risposta esauriente, e di conseguenza preferiscono tacere, nei casi in cui non finiscono per credere alle menzogne che vengono loro rinfacciate. Senza tenere conto che i primi a stare zitti prima di essersi informati sulla realtà dei fatti dovrebbero essere proprio quelli che, spinti da uno smisurato odio anticlericale, si mettono a sparare accuse e sentenze di condanna senza avere uno straccio di riscontro, scambiando la libertà di pensiero con la calunnia e l'insulto. Tutto questo, in realtà, perché costoro, che si fanno paladini della libertà, vogliono in realtà mettere a tacere, con fare dittatoriale, tutte le voci contrarie alla loro idea di mondo, senza regole e senza moralità. E' dunque molto utile l'attività contro-divulgativa di Marco Ciamei, non tanto per i detrattori (che di certo non si mettono a leggere cose che finirebbero per far crollare i loro castelli di carte, pazientemente costruiti), quanto più per i fedeli, che almeno in questo modo possono farsi un'idea e cercare di controbattere a queste false accuse.

La verità su Chiesa e 8xmille
Di Marco Ciamei

Dopo aver parlato di ICI e Chiesa cattolica, eccoci ad affrontare il tema ancora più delicato di 8xMille e Chiesa cattolica. È il cavallo di battaglia per eccellenza dei nostri amici "anticlericali": potremmo quasi dire che non ci si può definire autentici cattolici se non si è ricevuta almeno una critica su tale argomento...
Il tema è delicato, perché investe nozioni di storia, di diritto, di laicità, di libertà religiosa. Ne vogliamo parlare senza, ovviamente, pretesa di esaustività: ma un punto chiaro della situazione può aiutare a fornire qualche risposta per i nostri interlocutori e, soprattutto, per “riconciliarci” con la nostra Chiesa su un punto che ci ha fatto sempre, diciamo la verità, sentire in difetto.
Non si può del resto comprendere appieno l’8xMille se non si esamina la storia, del tutto peculiare a livello internazionale, dei rapporti tra la Chiesa cattolica e lo Stato italiano.

Le leggi eversive
Come molti sapranno, il secolo XIX si è caratterizzato per la progressiva spaccatura tra Chiesa cattolica e Stati moderni, in particolare in Italia. Al riguardo, basti ricordare le due leggi Siccardi del 1850, la legge Rattazzi del 1855 e le successive leggi postunitarie cosiddette "eversive". Si tratta di leggi che hanno disposto l’abolizione delle antiche prerogative ecclesiastiche e, soprattutto, la soppressione degli ordini religiosi contemplativi e mendicanti, l’incameramento di tutti i beni ecclesiastici di ordini, corporazioni e congregazioni religiose (con salvezza solo delle parrocchie e degli uffici diocesani), compresi tutti i beni dell’ex Stato Pontificio. La ragione di siffatto "furto" la conoscono tutti: la fortissima impostazione anticlericale (e oggi sappiamo anche massonica) dei governi Sabaudi prima e postunitari dopo, insieme alla impellente necessità di soldi per le casse di uno Stato ridotto allo stremo delle forze economiche dopo le dispendiosissime guerre d’indipendenza.

Tali leggi hanno portato ad effetti devastanti per la Chiesa: interi ordini religiosi (agostiniani, carmelitani, certosini, cappuccini, domenicani, ecc.) sono stati chiusi da un giorno all’altro, milioni di ettari di terra della Chiesa sono stati espropriati alla Chiesa, beni di rilevante valore storico, artistico, economico sono stati confiscati una volta per tutte.
Il tutto, peraltro e come sempre in questi casi, a danno della stragrande maggioranza dei cittadini stessi (cattolici) e dei più poveri, verso cui si indirizzavano le attività di sostegno materiale e spirituale degli ordini religiosi contemplativi e mendicanti e verso cui l’incameramento dei beni ecclesiastici non produsse utilità alcuna (i beni incamerati, infatti, erano troppo costosi e la precedenza nell’assegnazione era comunque data ai creditori dello Stato).

L’accaduto dovette suscitare un tale sdegno nella comunità internazionale che lo stesso nuovo Regno italiano si sentì obbligato ad approvare la cosiddetta Legge delle guarentigie, volta a regolare unilateralmente i rapporti tra Regno italiano e Santa Sede e, soprattutto, a risarcire la Chiesa dei soprusi dei precedenti anni. Pensate, l’importo dell’indennità era prevista in circa tre milioni di lire oro: un’autentica enormità per l’epoca, laddove lo Stato italiano aveva un bilancio di poche centinaia di milioni di lire!
Sarà utile ricordare ai nostri cari amici anticlericali che il Papa, in quell’occasione, negò legittimità ad una legge del tutto unilaterale e rifiutò interamente la somma offerta.

I patti lateranensi
I rapporti tra Chiesa cattolica e Stato italiano sono rimasti da "guerra fredda" per tutta la prima parte del secolo scorso. È solo con l’avvento di Benito Mussolini che, nel 1929, si arriva alla risoluzione di tale stato di cose: i Patti lateranensi hanno dettato la nuova normativa relativa ai rapporti tra Stato italiano e Santa Sede in modo consensuale, così come verificatosi per numerosi altri Stati europei proprio in quel periodo.
I Patti, punto di arrivo di una lunga attività di studio e di incontro, erano suddivisi nel Trattato vero e proprio, che fondava lo Stato Città del Vaticano e riconosceva indipendenza alla Santa Sede, e il Concordato, che regolava i rapporti religiosi e civili fra i due soggetti (per esempio prevedendo il cosidetto "matrimoni concordatario" o l’insegnamento della religione cattolica, ecc.). Tra gli allegati merita menzione la Convenzione finanziaria, che risolveva la questione relativa alle spoliazioni subite dalla Chiesa con le leggi eversive e che prevedeva il sistema della Ccongrua", il sostentamento - in realtà del tutto insufficiente - dei sacerdoti anche in vista delle nuove funzioni pubbliche loro riconosciute (matrimonio, stato civile, ecc.).

Piccola postilla: a questo punto molti vi citeranno, in modo ironico, le famose parole di Pio XI relative a Mussolini, che sembrerebbero suonare più o meno così: "uomo della Provvidenza". Al riguardo, basta rispondere innanzitutto riportando la frase in modo fedele («E forse ci voleva un uomo come quello che la Provvidenza ci ha fatto incontrare …»), che suona un tantino diversa; in secondo luogo, ricordando che Pio XI in quella circostanza si riferiva esclusivamente alla questione concordataria, riconoscendo l’apertura di Mussolini (a differenza dei predecessori ideologicamente avversi) nel risolvere finalmente in modo consensuale un problema antico di decenni.

La Costituzione
I Patti lateranensi sono stati espressamente riconosciuti dal testo della Costituzione del 1948, prevedendo, all’art. 7, la loro modificabilità tramite legge ordinaria in presenza di accordo tra le parti, tramite legge costituzionale in mancanza di accordo.

La revisione del 1984
Si arriva, così, alla famosa revisione consensuale durante il governo socialista guidato da Bettino Craxi. La modifica si è resa necessaria alla luce sia di alcuni principi di diritto internazionale nel frattempo elaborati, sia di istanze volte a rendere più effettiva la rispettiva indipendenza e sovranità dei due Stati: dunque, eliminazione della religione cattolica quale "religione di Stato", facoltatività dell’insegnamento della religione cattolica, limitazione al riconoscimento delle pronunce ecclesiastiche di nullità del matrimonio, miglior definizione di alcune questioni di diritto ecclesiastico (cioè della branca giuridica che si occupa dei rapporti tra diritto italiano e diritto della Chiesa), abolizione della "congrua" e previsione di uno strumento di sostentamento della Chiesa cattolica più democratico, ma anche più equo, essendo sino ad allora garantito

L’8xMille
Ed eccoci, finalmente, al fantomatico sistema dell’8xMille. Regolato in Italia con la legge n. 222 del 20 maggio 1985, tale sistema è stato pensato da eminenti giuristi (i cardinali Attilio Nicora e Achille Silvestrini, il prof. Margiotta Broglio) proprio al fine di "democratizzare" il sistema di sostentamento del clero. Vediamo come funziona.

Il meccanismo
Il sistema prevede (art. 47 della legge) che una quota pari all’otto per mille dell’imposta annuale sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), sia destinata, in parte, a «scopi di interesse sociale o di carattere umanitario» a diretta gestione statale e, in parte, a «scopi di carattere religioso» a diretta gestione della Chiesa cattolica. Le destinazioni vengono stabilite sulla base delle scelte espresse dai contribuenti in sede di dichiarazione annuale dei redditi e, in caso di scelte non espresse, la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse.
In altre parole, il meccanismo è il seguente:
- l’intero importo dell’8xmille dell’IRPEF viene distinto in due quote, una quota A pari alla percentuale di coloro che hanno firmato, una quota B pari alla percentuale di coloro che non hanno firmato;
- la quota A, oggetto di preferenze, viene distribuita tra i soggetti destinatari in base alle manifestazioni di volontà manifestate dai contribuenti;
- la quota B, non oggetto di preferenze, viene distribuita a sua volta tra tutti i soggetti destinatari tenendo in considerazione le percentuali di preferenza espresse dai contribuenti che hanno firmato.

Il sistema, inoltre, contempla l’ingresso di tutte le altre fedi religiose che raggiungano una Intesa con lo Stato. Ad oggi hanno raggiunto un’Intesa, e partecipano al meccanismo dell’8xmille, la Tavola Valdese, le Assemblee di Dio In Italia, l’Unione delle Chiese Cristiane Avventiste del Settimo Giorno, l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, l’Unione Cristiana Evangelica Battista d'Italia e la Chiesa Evangelica Luterana in Italia. In corso di approvazione sono altre fedi religiose.
Ogni Intesa con la singola fede religiosa regola le finalità per le quali impiegare i proventi dell’8xMille: nel caso della Chiesa cattolica, «per esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondov (art. 48 legge 222/1985).

Altra piccola postilla: a proposito, sapete chi, tra i tanti, ha chiesto di concorrere al meccanismo dell’8xMille? L’UAAR. Sì, avete sentito bene, proprio quella associazione che si batte per l’abolizione di tale sistema, denunciato come "truffaldino" e contrario alla laicità di uno Stato. Ringraziando il cielo, la risposta dello Stato è stata negativa, anche dopo vari ricorsi al TAR. Certo che c’è da riflettere sull’autorevolezza di certi ridicoli quanto rumorosi anticlericali.

Risposta alle critiche

- "Con l’8xMille non effettui una scelta sul tuo gettito IRPEF, ma sull’intero gettito IRPEF nazionale".
E meno male, aggiungiamo noi. Così come congegnato, infatti, il sistema dell’8xMille permette di equiparare la scelta dell’operaio con quella del ricco imprenditore, della cassiera con quella del finanziere, proprio perché non si destina il “proprio” gettito IRPEF (diverso, evidentemente, da contribuente a contribuente), ma si esprime una preferenza su quello liquidato a livello nazionale.

- "All’8Xmille possono partecipare solo le confessioni religiose che hanno stipulato intese con lo Stato".
Tale critica viene mossa da chi insinua l’intromissione del "Vaticano" (e daglie) nelle scelte dello Stato. Ora, al di là di dietrologismi di sorta e di insinuazioni che lasciamo alla passione giallistica dei nostri amici, è fin troppo ovvio che partecipino alla destinazione di denaro proveniente dalle contribuzioni dei cittadini italiani solo quelle confessioni che diano idonee garanzie sulla destinazione dei fondi e sulla sussistenza dei requisiti di legge (altrimenti l’UAAR ce la ritroveremmo tra le "confessioni religiose" nell’8xMille.).
D’altronde, chi manifesta questo tipo di critica non sa mai indicare quale altro metodo serio possa prevedersi in alternativa.

- "L’8xMille prevede un sistema complesso e ignoto ai più".
Il sistema, al contrario, è semplicissimo: si chiede agli italiani a chi vogliano destinare l’8xMille del gettito IRPEF, avvisandoli espressamente che in caso di mancata firma la quota non oggetto di preferenze viene comunque redistribuita tra i soggetti destinatari. È un po’ come nelle competizioni elettorali: chi va a votare di certo non è sicuro di mandare un eletto in Parlamento, esprime una preferenza che concorre con tutte quelle degli altri; chi non va a votare, però, sa bene di accettare il risultato del voto dato da altri, non essendo pensabile che i voti non espressi producano posti vuoti in parlamento.

- "Con questo sistema il 40% dei contribuenti decide per tutti gli italiani".
Al di là del fatto che ciò accade spesso anche nelle consultazioni elettorali e, lungi dal criticare il sistema elettorale, in quel caso si denuncia giustamente piuttosto l’assenteismo degli elettori, i dati in realtà vanno letti in modo corretto. Va precisato, infatti, che il meccanismo della firma è molto semplice per chi deve presentare la dichiarazione dei redditi (Modello Unico o 730) ed in questi casi, infatti, si arriva al 61% delle scelte. Molto più ostico, invece, è effettuare la scelta per chi deve presentare il CUD - si tratta per lo più di persone anziane e sole - essendo prevista una procedura complessa: infatti, in questo caso le firme ammontano all’1% degli aventi diritto. Per non parlare di tutti quei lavoratori, come i saltuari, che non sono tenuti nemmeno a presentare il CUD.
Le contestazioni, pertanto, dovrebbero essere indirizzate a migliorare il meccanismo di firma e a cercare di far firmare il più possibile, piuttosto che a contestare il sistema di assegnazione delle somme.

- "Perché le somme non oggetto di scelta non vengono assegnate allo Stato?"
Strana domanda, ove solo si consideri che lo Stato è uno dei "concorrenti" nel meccanismo di assegnazione! L’8xMille è stato pensato proprio come uno strumento di scelta per i contribuenti in favore o della Chiesa cattolica, o dello Stato, o delle altre fedi religiose. Tutti in condizione di parità: favorire uno di loro, a discapito di tutti gli altri (non solo della Chiesa, ovviamente), non ha davvero senso. D’altronde, la legge non ammette ignoranza e gli italiani sono ben avvisati: se firmi contribuisci alla scelta in via diretta, se non firmi si decide sulla base di ciò che hanno scelto gli altri!

- "Non vi è trasparenza, non si sa come la Chiesa spende i soldi"
La Chiesa cattolica è tenuta per legge (art. 44 della legge 222/1985) a rendicontare ogni anno allo Stato italiano come spende, centesimo per centesimo, le somme ad essa attribuite dall’8xMille. Tale informativa è pubblicata, inoltre, su vari quotidiani nazionali (Corriere della Sera, la Repubblica, Il Sole24ore, Avvenire, ecc.) e sul sito www.8xmille.com.

- "La maggioranza della quota attribuita alla Chiesa è destinata non alla carità, ma ad esigenze interne".
Intanto la finalità dell’8xMille è quella di sostituire il meccanismo della congrua e le altre normative precedenti di ausilio alla Chiesa. Il principio sotteso a questa normativa è quella di riconoscere alla religione (Cattolica o di altre fedi) un valore in quanto tale: la funzione direttamente caritativa è solo un aspetto del riconoscimento pubblico della fede.
Detto questo, dati alla mano la Chiesa cattolica destina circa il 35% dei fondi al sostentamento del clero, circa il 20% per interventi caritativi in Italia e nel terzo mondo, circa il 15% per le diocesi, circa il 10% per la nuova edilizia di culto, circa il 10% per le attività varie della Chiesa (tribunali ecclesiastici, ecc.) e circa il 10% per i beni culturali ecclesiastici. Al di là del fatto che tante di queste voci ritornano comunque a diretto vantaggio di tutti i cittadini (si pensi agli oratori, o alla tutela dei beni culturali, ecc.), questi ultimi, una volta informati, scelgano loro proprio in base al principio di responsabilità, sul quale questo sistema si fonda, se una tale gestione dell’8xMille sia meritevole di firma o meno.

- "La pubblicità della Chiesa cattolica è ingannatrice, perché punta tutto sulla carità".
Due considerazioni. Intanto, basta andare sul sito www.8xmille.com per verificare da sé i vari tipi di spot pubblicitari, 47 in tutto, che la Chiesa fa trasmettere nelle reti nazionali. Con circa 9 milioni l’anno (meno dell’1% della quota ricevuta), la Chiesa parla di carità in Italia e all’estero in misura non di molto superiore alle esigenze di culto e sostentamento del clero. E a questo punto - e in secondo luogo - dovrebbero spiegare, i nostri amici critici, come si può distinguere in maniera così netta l’attività caritativa dal sostentamento del clero o dall’ausilio alle diocesi, atteso che (e basta frequentare un pochino le parrocchie) ci sono sempre i sacerdoti dietro le iniziative della Caritas, delle mense per i poveri, delle scuole in Africa, ecc. Per non parlare dell’aiuto morale e spirituale che sempre i sacerdoti garantiscono agli anziani e ai sofferenti.

- "Ogni Chiesa si deve mantenere da sé".
Principio più che ovvio, ed infatti proprio a questo è destinato l’8xMille, in un’ottica di laicità non intesa come “distanza/scontro” tra Stato e Chiesa, ma come collaborazione nella distinzione.
Al riguardo, poco si parla di come si comportano gli altri Stati europei.
Stupirà forse sapere che in Europa vi sono ancora Paesi che hanno una religione di Stato (avete sentito bene): Danimarca, Finlandia, Grecia, Inghilterra e Svezia, laddove in tutti i casi - con le dovute differenze impossibili da specificare in questa sede - i ministri di culto sono stipendiati dallo Stato. Tra le altre Nazioni che regolano i loro rapporti con le Chiese mediante intese: lo Stato Belga paga direttamente i ministri di culto; Germania e Austria consentono alle Chiese che hanno firmato determinate intese di riscuotere una imposta ecclesiastica dai cittadini propri membri (anche molto alta, sino all’8-9% del reddito!); Spagna e Portogallo hanno un sistema simile all’8xMille, ma riservato alla sola Chiesa cattolica. Solo Francia e Irlanda escludono ogni “contatto” fiscale tra Stato e Chiese, per ragioni dovute alla storia peculiare di tali Nazioni.

Qualche considerazione finale
La nostra normativa sull’8xMille è all’avanguardia in tema di partecipazione, responsabilità, democraticità, libertà religiosa. Il confronto con gli altri Stati europei (nei cui confronti spesso ci fanno sentire gli ultimi arrivati) ci fa uscire a testa alta. Modifiche si possono pensare e disporre, regola valida per qualsiasi strumento normativo che norma i rapporti sempre delicati tra uno Stato e una confessione religiosa: ma considerare questo sistema come "truffaldino" o di stampo clericale, o peggio ancora come "dittatura del Vaticano", è atteggiamento perlomeno ideologico e non fondato sulla realtà.


Fonte: La Bussola Quotidiana

lunedì 29 agosto 2011

973mo Anniversario della Dedicazione del Duomo

Il 30 agosto ricorre l'anniversario dell'atto di riconsacrazione della Cattedrale di Caorle da parte del vescovo Pietro Martire Rusca (1656-1674); nel 1665, non essendovi alcuna notizia circa la data di consacrazione della cattedrale, compì nuovamente questo rito, apponendo alle pareti del tempio dodici croci in terra cotta, sotto ognuna delle quali viene accesa una candela ad ogni anniversario di questo solenne gesto. Esistono fonti storiche attendibili a testimoniare che la costruzione dell'odierna basilica sia avvenuta nell'anno 1038, sopra i resti di una precedente basilica di epoca paleocristiana, eretta a sua volta quando a Caorle si stabilirono i primi vescovi. Circa l'inizio della cronotassi vescovile, invece, le fonti storiche appaiono un po' lacunose; le prime notizie risalirebbero al tempo del vescovo Giovanni delle Pannonie, il cui nome appare nello scambio epistolare tra l'esarca di Ravenna Mariniano e papa San Gregorio Magno, datato 598. Alcuni storici, tuttavia, non sono certi che si possa riconoscere come Caorle il toponimo Insula Capra che appare in quel carteggio. Ma tale ipotesi, avanzata con una certa autorità dallo storico caorlotto Trino Bottani, potrebbe avere qualche riscontro nella storia: innanzitutto non sembra fantasioso che l'autorità dell'esarca di Ravenna arrivasse fino ai lidi caprulani, giacché la struttura del nostro famoso campanile cilindrico riprende proprio, unico nel triveneto, la forma dei campanili ravennati del X secolo; inoltre è un fatto appurato da un gran numero di fonti storiche che la sede vescovile di Caorle fosse la più prestigiosa delle Venezie, sebbene fosse anche la più povera, proprio in ragione dell'antichità della sua fondazione (vedi ad esempio la "Biografia di fra' Paolo Sarpi" di Aurelio Bianchi Giovini). Un'altra ipotesi sulla fondazione della diocesi risale invece alle invasioni barbariche che coinvolsero il nordest dell'Italia a partire dal III secolo, quando i Concordiesi migrarono nelle paludi del loro porto marittimo, cioè Caorle, per sfuggire alla furia devastatrice dei Longobardi e degli Unni. Una prova di questo si trova nel fatto che la Cattedrale caprulana e quella concordiese sono dedicate entrambe al Protomartire Santo Stefano.
Di conseguenza è plausibile che, prima dell'attuale costruzione sacra, fosse stata edificata un'altra cattedrale, i cui resti sono stati trovati nel corso dei frequenti restauri del secolo scorso; tutt'ora conservati in Duomo, nel giardino della canonica e nel museo parrocchiale, sono stati datati attorno al VI-VII secolo. Molto probabilmente la basilica attuale fu costruita per ampliare l'edificio antico, in un momento, per Caorle, che fu quello del massimo splendore, prima di una progressiva e repentina decadenza, cominciata nel '400 con l'incendio da parte dei genovesi e terminata soltanto negli anni '70 del secolo scorso, con l'incremento massiccio del turismo. Nel XVII secolo, con l'aumentare della devozione dei fedeli, il vescovo Rusca decise quindi di riconsacrare la Cattedrale, al fine di stabilire il giorno in cui celebrare annualmente la sua Dedicazione a Santo Stefano Protomartire. A perpetua memoria, oltre alle dodici croci, è rimasta anche una lapide, ora affissa alla parete sinistra del Duomo.
Anche nei secoli più bui della povertà e della malattia, il Duomo ed il suo campanile cilindrico che domina l'intera città sono sempre stati punti di riferimento per tutti i caorlotti; mai i cittadini, anche nei secoli più difficili, hanno cessato di frequentare la Casa del Signore, che le Confraternite abbellivano con altari, opere d'arte, reliquiari e suppellettili. In questa ricorrenza, che possiamo considerare il compleanno della nostra Chiesa, anche noi, eredi di un così grande tesoro, siamo invitati a partecipare; perciò celebreremo già stasera, al posto del Rosario delle ore 18:00, i Primi Vespri della solennità della Dedicazione del Duomo; domani, sempre alle 18:00, i Secondi Vespri e, alle 18:30, la Santa Messa cantata.
A conclusione di questo articolo propongo l'ascolto del mottetto di Jacobus Gallus (1550-1591) O quam metuendus, ispirato all'antifona al Magnificat dei Secondi Vespri della Dedicazione.

domenica 28 agosto 2011

La democrazia e la tolleranza dei "laici"

Riprendo dal sito UCCR online questa notizia uscita ieri a proposito della protesta cosiddetta "laica" contro i pellegrini che partecipavano alla GMG di Madrid. Si è parlato di protesta civile, legittima, addirittura qualcuno l'ha giustificata tirando in ballo la crisi economica e l'esasperazione dei cittadini spagnoli per la loro condizione. A leggere questo articolo, e a vedere i video filmati da alcuni testimoni non si direbbe affatto: piuttosto risulta un astio ed una rivalità fuori dal normale, e gli insulti diretti all'indirizzo del papa e dei pellegrini mettono in evidenza che le motivazioni della protesta erano tutt'altre rispetto a quelle economiche. Piuttosto si capisce chiaramente come questa manifestazione sia stata organizzata con il chiaro intento di denigrare il cristianesimo ed i cristiani, proprio da parte di coloro che, ad esempio in occasione dei ben più scandalosi gay pride, predicano la democrazia, il rispetto per la libertà e la tolleranza. Talvolta, al giorno d'oggi, si ha quasi paura ed una sorta di ossequioso rispetto verso i cosiddetti "laici" nel pronunciare la parola «persecuzione»: a sentire quanto è accaduto ai nostri giovani pellegrini in Spagna e a guardare certe testimonianze filmate ci si stupisce, invece, che nessuna testata giornalistica italiana abbia parlato della violenza e dell'intolleranza con cui sono stati trattati il papa e tutti i cattolici in Spagna. Forse noi cristiani d'Occidente non eravamo abituati a simili manifestazioni d'odio, pensando che soltanto i cristiani che abitano terre governate da sistemi teocratici fondamentalisti potessero rischiare: non è affatto così. E' giunta l'ora di prendere coscienza che noi cristiani siamo, e saremo sempre, perseguitati in ogni parte del mondo, a causa di Cristo e del Vangelo; a meno che (e purtroppo succede molte volte) anche i cristiani non rinuncino al Vangelo per conformarsi, come dice quest'oggi San Paolo nella lettera ai Romani, alla "mentalità di questo secolo".

GMG 2011: manifestanti atei denunciati per insulti e violenze a pellegrini e disabili
Da uccronline.it

Come riportavamo in Ultimissima 19/8/11, parallelamente alla Giornata Mondiale della Gioventù cattolica, si è svolta di fronte al mondo anche quella della “Gioventù atea”, in cui gruppi di “liberi pensatori” (come si fanno chiamare atei e agnostici militanti) e omosessuali hanno marciato intonando inni contro la Chiesa e il Vaticano, dando del “nazista” e del “pedofilo” al Papa e ai pellegrini (una triste documentazione audiovisiva è possibile visionarla in Ultimissima 26/8/11).

Anche il quotidiano “L’Unità” riconosce l’effetto controproducente delle manifestazioni anticlericali madrilene. Si parla di circa 2000 persone, comprese giornalisti e osservatori. E «le immagini di militanti di mezza età che urlano bestemmie contro il volto spaventato di sedici-diciottenni impauriti ha disgustato il pubblico spagnolo». Mentre la setta dei razionalisti atei italiani si concentra infantilmente sulla spazzatura che i cattolici avrebbero lasciato all’aerodromo di Cuatro Vientos, tentando così di sminuire la portata dell’evento, i quotidiani spagnoli riportano dell’arrivo delle prime denunce.

Il quotidiano “El Mundo” informa che un gruppo di sette pellegrini francesi, tra i quali diversi bambini e un ragazzo disabile in carrozzina, hanno depositato presso la Polizia di Stato una serie di denuncie contro un gruppo di atei partecipanti alla manifestazione anticlericale del 17 agosto 2011 a Madrid. La gioventù atea è accusata di insulto, persecuzione e umiliazione. L’incidente è avvenuto alle 21 circa nei pressi della metropolitana Sol. Proprio in quella zona, tra l’altro, sono stati arrestati diversi giovani anticlericali e molti cattolici sono rimasti feriti. I ragazzi, tra cui Anne-Marie C., di 23 anni della Normandia, hanno riferito di aver incrociato la comitiva “anti-cattolica” mentre erano alla fermata della metropolitana, venendo presto insultati e minacciati di “bruciare i crocifissi e gli zaini” che loro tenevano in mano. Il tutto condito da varie e pesanti ingiurie. Nicola T., 20 anni, ha dichiarato che nella spedizione atea c’era anche una donna vestita in costume da gatto con frustra nera e cinghie, la quale ha cominciato a molestare e umiliare sessualmente uno dei disabili in carrozzina (18 anni), mentre un altro ragazzo anticlericale faceva gesti osceni con le dita. Il gruppo ha impedito ai pellegrini di prendere la metropolitana e uno dei giovani cattolici ha avuto un attacco di panico, perdendo coscienza per un po’.

Da HazteOir.org apprendiamo invece che i pellegrini che sono stati ospitati al Polideportivo de Aluche hanno trovato le porte forzate e una volta rientrati dopo la serata hanno trovato le loro valigie rotte, oggetti di valore rubati e l’abbigliamento dei sacerdoti strappato e gettato a terra. Hanno quindi avverito immediatamente la polizia che ha iniziato immediatamente le ricerche. Le vittime hanno dichiarato che da come si mostrava la situazione non si trattava solo di una rapina ma di una vera e propria vendetta da parte degli anticlericali.

Religion En Libertad informa che gli arrestati sono 8, tutti laici, e 11 feriti (compresi 2 poliziotti). Parla anche di un gruppo di radicali che ha attaccato con pugni e calci venti giovani cattolici che si trovavano nella High Street, prima dell’arrivo della polizia.

Su Madridiario.es compare invece la notizia che il difensore civico per l’infanzia della Comunità di Madrid, Arturo Canalda, ha riferito l’apertura di un’”inchiesta ufficiale” per accertare se vi sia stata “aggressione o minacce” ai pellegrini della GMG da parte di gruppi atei. Si è detto speranzoso di ricevere nei prossimi giorni denunce di famiglie di bambini che sono stati “attaccati o insultati”. Ha dichiarato: «Una cosa è il diritto degli individui di esprimere opinioni un altro è insultare o attaccare le persone. Tutti i bambini godono di una protezione speciale ed è nostro dovere studiare e chiarire i casi segnalati». Il difensore civico per l’infanzia ha descritto come “molto grave” quello che è successo nelle ultime ore del 17 agosto 2011.

Per visionare, invece, i video e le foto delle violenze contro i cristiani durante la GMG in Spagna vi rimando a questo indirizzo, sempre dal sito uccronline.

giovedì 25 agosto 2011

Spritz sull'altare

Su alcuni blog di ispirazione cattolica (nella fattispecie il blog Sacris Solemniis e Muniat intrantes) si sta spargendo la notizia di un matrimonio celebrato al Santuario della Madonna dell'Angelo, durante il quale si sarebbe verificato un episodio a dir poco spiacevole, forse blasfemo. La notizia, corredata da due fotografie abbastanza chiare e da una testimonianza, a quanto sembra diretta, di un invitato, riporta che i due sposi (di cui uno famoso barman del Litorale) hanno inscenato sull'altare la preparazione di una bevanda alcolica (uno spritz); le foto mostrano tutto l'occorrente disposto accanto al calice scoperto e alla pisside con dentro le ostie, per cui sembra plausibile che la deprecabile sceneggiata si sia svolta proprio sopra il corporale. Non ci è dato sapere in quale momento della Santa Messa tutto questo sia stato compiuto, ma certo rimane l'oggettiva ed incredibile gravità del fatto, aumentata, se possibile, dalla presenza del sacerdote, che sembrerebbe non fare nulla per evitare un simile gesto di profanazione dei Sacri Misteri.
La Parrocchia Santo Stefano Protomartire ed il parroco, mons. Giuseppe Manzato, rettore del Santuario, intendono chiarire di essere stati completamente all'oscuro di tale episodio, fino alla pubblicazione dello stesso avvenuta in data odierna. Il Santuario della Madonna dell'Angelo è da sempre meta di numerosi pellegrini e turisti, e fra questi molte coppie di fidanzati chiedono di potersi sposare in questo luogo santo. Non bisogna negare che molto spesso la richiesta viene mossa più per motivi "scenografici" che non devozionali; anche per questo motivo mons. Manzato ha deciso di istituire un cammino di preparazione, per le coppie di non residenti (come documentato in questo articolo e in altri articoli usciti sul settimanale diocesano Gente Veneta), che non va a sostituire, bensì ad affiancare il corso pre-matrimoniale che i nubendi avranno tenuto nella propria parrocchia d'origine, al fine di conoscere meglio la coppia e dare alla scelta del Santuario una motivazione meno profana. E' da aggiungere che molte di queste coppie spesso procurano da sè il sacerdote per il rito, cosa quanto mai gradita alla nostra parrocchia, data l'ingente mole di lavoro che i pochi sacerdoti devono sopportare, specialmente nella stagione estiva. Per questo si confida specialmente nel senso del sacro e nel rispetto delle norme liturgiche da parte di questi sacerdoti, quale aiuto prezioso.
Il verificarsi di un fatto così grave era quindi del tutto inaspettato, ed ha colto di sorpresa il parroco ed anche chi vi scrive; stiamo compiendo alcune verifiche per poterci documentare meglio sull'accaduto, e nel contempo vigileremo in maniera più accurata in futuro, affinché episodi come questo non abbiano a ripetersi. Ringraziamo anche lo staff del blog Sacris Solemniis per la segnalazione.

Le menzogne sulla Chiesa

Negli ultimi giorni la concomitanza tra la GMG di Madrid e la crisi della finanza mondiale ha dato origine ad una nuova ondata di proteste, specialmente da parte del mondo telematico di internet, contro la Chiesa cattolica, indicata in maniera abbastanza grossolana come "il Vaticano". Nulla di nuovo sotto il sole, verrebbe da dire, soprattutto vista l'origine dei messaggi di questo genere, riconducibile per la maggior parte dei casi ad associazioni di fondamentalisti atei e alla sinistra radicale (da sempre anti-cattolica). Quello che più fa male, però, è che a cadere in queste trappole sono gli stessi cattolici, o meglio, coloro che si dicono cattolici, i quali non perdono talvolta occasione per rivendicare con orgoglio questa loro attività di propaganda "No Vat", per dirla alla maniera più accattivante del mondo di oggi. Benché non ve ne sia oggettivamente la necessità, credo sia opportuno precisare alcune questioni su questo genere di messaggi, cosa che, come ho avuto modo di vedere, già altri siti internet di ispirazione cattolica stanno facendo.
Vorrei prevenire le obiezioni faziose di chi pensa che criticare la gestione patrimoniale della Chiesa è un peccato sicuramente meno grave di altri peccati che nella Chiesa stessa sono stati commessi (il riferimento più frequente è allo scandalo della pedofilia). Non volendo affatto giustificare i deprecabili comportamenti venuti alla luce di certi sacerdoti, che certamente gettano discredito sull'intera Chiesa di Cristo, sebbene non siano imputabili all'intera Chiesa, tuttavia mi sento di affermare che non sono gli errori degli altri a giustificare i propri. Se una persona si dice cattolica dovrebbe quantomeno avere una crisi d'identità nel momento in cui, con tanta convinzione, si trova a fare propaganda contro la Chiesa; la cosa è poi ancora più grave se il "cattolico" in questione ricopre ruoli di educatore all'interno della società e talvolta addirittura dentro la Chiesa stessa. Inoltre, per non correre il rischio di calunniare degli innocenti, si suppone che, prima di aderire a tale propaganda, abbia ottenuto i dovuti riscontri che quello che va predicando in giro è verità, e sia in grado di portare la documentazione e le prove delle accuse che lancia. Purtroppo questo, nella nostra società pluralista e democratica, succede sempre meno; specialmente nel mondo dei mass-media, presso i quali il giornalismo d'inchiesta si è trasformato in una sorta di moderna inquisizione, ove c'è spazio solo per l'accusa e non per la difesa, e gli accusatori che sbagliano non pagano mai. Bastano, poi, quattro righe sulla propria pagina facebook, che magari terminino con "Se condividi inoltralo ai tuoi amici", ed una folta schiera di conoscenti che l'abbiano già fatto girare, che non serve più controllare se quanto scritto è vero o falso: se l'hanno scritto loro è certamente vero.
A questo proposito voglio citare anch'io, come già altri blog di area cattolica, questa ricerca dell'avvocato Marco Ciamei, scritta già il 26 novembre dello scorso anno, ma tornata quanto mai d'attualità in questo periodo; in questo scritto l'autore confuta punto per punto le tesi di coloro che predicano che la Chiesa avrebbe una posizione privilegiata che nessun altro può vantare, e allude al fatto che evaderebbe le tasse su presunti alberghi a cinque stelle, per i quali basterebbe fare posto ad una cappellina per rendere l'intero immobile esente dall'ICI. Certamente possono esserci, come dappertutto, casi patologici in cui qualcuno, per così dire, fa il furbetto; ma non si intende difendere costoro, semmai difendere la Chiesa intera che si attiene alle leggi come fanno tutti i cittadini del nostro Paese. Spero che coloro che hanno dei dubbi, ma specialmente coloro che questi dubbi li hanno troppo facilmente accantonati per sparlare di cose che non sanno, abbiano la pazienza di leggere queste righe, e poi, magari, di commentarle. Non sarà corto o accattivante come il trafiletto che avranno trovato sulla propria pagina facebook, ma leggendolo scopriranno che la Chiesa non è l'unica a non pagare l'ICI sui propri edifici di culto, e che degli stessi benefici godono tutte le associazioni cosiddette ONLUS (senza fini di lucro), tra le quali tutte le altre confessioni religiose con i loro luoghi di culto, i partiti politici con le loro sedi, i centri sociali (i cui aderenti non solo sono esenti dall'ICI, ma a quanto pare anche dai biglietti dei treni "okkupati" e dal pagamento dei danni per le loro manifestazioni "pacifiche"), i sindacati con le loro sedi eccetera.

Quello che non vi dicono su Chiesa e denaro
Di Marco Camei

Cari amici cattolici, vi sarà certamente capitato in questi giorni di ricevere critiche dal vostro amico non credente di turno (o credente ma non praticante, o credente praticante ma non osservante...) sul rapporto tra Chiesa e denaro, magari utilizzando i grandi cavalli di battaglia dei cari laicisti: esenzione ICI e 8xmille alla Chiesa cattolica, tra tutti.

Ebbene, se rientrate nella categoria di chi, in tale circostanza, non ha saputo rispondere alcunché (se non, con malcelato imbarazzo, che la Chiesa è fatta di peccatori), provo ad offrirvi alcuni spunti di riflessione. Intendiamoci, che la Chiesa sia fatta di peccatori è una verità e nessuno può metterla in discussione: che questo, però, significhi la irrimediabile verità di ogni critica, beh, forse qualche dubbio può sorgere anche ai non cristiani (detti anche, per un noto pseudo-matematico, non “cretini”).

Visto allora che la figura dei cretini a noi (a differenza di altri) non piace farla, vediamo di approfondire i termini della questione.

Questione ICI
Partiamo con il primo problema, peraltro recentemente tornato a galla dopo la decisione della Commissione europea di riaprire la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia su questo punto.
Una premessa, a scanso di equivoci: la CEI e il Vaticano non sono la stessa cosa (sic!).
Con un po’ della vostra pazienza (vi assicuro che ne vale la pena) proviamo a capire come stanno le cose.

La legge
Nel 1992 lo Stato italiano ha istituito l’ICI, l’imposta comunale sugli immobili. Nello stesso intervento normativo (decreto legislativo n. 504/1992) sono state previste delle esenzioni: “alla Chiesa cattolica”, penserete subito. Sbagliato: l’esenzione ha riguardato tutti gli immobili utilizzati da un “ente non commerciale” e destinati “esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive”.

Dunque, secondo la legge, perché venga applicata l’esenzione è necessario che si realizzino due condizioni:

1. Il proprietario dell’immobile deve essere un “ente non commerciale”, ossia non deve distribuire gli utili e gli avanzi di gestione ed è obbligato, in caso di scioglimento, a devolvere il patrimonio residuo a fini di pubblica utilità. In pratica tutto quello che un ente non commerciale “guadagna” (con attività commerciali, con richieste di rette o importi, con la raccolta di offerte, con l’autofinanziamento dei soci, con i contributi pubblici, ecc.) deve essere utilizzato per le attività che svolge e non può essere intascato da nessuno.

2. L’immobile deve essere destinato “esclusivamente” allo svolgimento di una o più tra le otto attività di rilevante valore sociale individuate dalla legge.

Evidente ed apprezzabile la finalità delle esenzioni: lo Stato ha voluto agevolare tutti quei soggetti che svolgono attività sociale secondo criteri di “no profit”.

La novità della Corte di cassazione
Ora, mentre per più di dieci anni queste norme sono state applicate dai Comuni senza alcun problema, i soliti noti hanno iniziato dei contenziosi e nel 2004 la Corte di Cassazione, pronunciandosi su un immobile di un istituto religioso destinato a casa di cura e pensionato per studentesse, ha fornito una interpretazione non prevista dalla legge (… tutto ciò non vi ricorda qualcosa?): i giudici infatti hanno aggiunto un nuovo requisito per avere diritto all’esenzione sia necessario anche che l’attività “non venga svolta in forma di attività commerciale”.

Quale è la novità? È chiaro che cambia tutto se si sposta l’attenzione dalla natura “commerciale” dell’ente proprietario (come richiesto dalla norma) alla natura della “attività commerciale” effettuata (come innovato dalla Corte). Per capire la singolarità della decisione si devono tenere presenti due aspetti:

1. dal punto di vista tecnico, le attività sono considerate commerciali non quando producono utili, ma quando sono organizzate e rese a fronte di un corrispettivo, cioè con il pagamento di una retta o in regime di convenzione con l’ente pubblico: è evidente che alcune delle attività elencate dalla legge (si pensi a quelle sanitarie o didattiche) di fatto non possono essere che “commerciali” in questo senso;

2. “commerciale” non vuol dire “con fine di lucro”: per la legge, infatti, è “commerciale” anche l’attività nella quale vengono chieste rette tanto contenute da non coprire neanche i costi: in pratica, l’esenzione perde ogni senso se interpretata così.
In parole povere, se chiedi anche un cent sei fuori dall’esenzione! E zac, rimane fuori praticamente tutto il no-profit! Via il bambino con l'acqua sporca (a scanso di equivoci, la Chiesa rientrerebbe ovviamente nella seconda voce).

Prima interpretazione autentica
Davanti agli effetti disastrosi che una tale interpretazione avrebbe creato nel mondo del “no profit”, lo Stato italiano è intervenuto con una interpretazione autentica (art. 7 del decreto legge n. 203/2005, governo Berlusconi), ribadendo la sufficienza dei due requisiti iniziali e stabilendo che, ai fini dell’esenzione dall’ICI, non rilevava l’eventuale commercialità della modalità di svolgimento dell’attività.

Denuncia della Commissione Europea
L’interpretazione autentica non deve essere piaciuta, poiché nello stesso anno questa disposizione è stata impugnata di fronte alla Commissione europea denunciandola come “aiuto di Stato”. In pratica, sul presupposto che gli enti non commerciali che svolgono quelle attività socialmente rilevanti sono comunque da considerare “imprese” a tutti gli effetti, si è sostenuto che l’esenzione costituirebbe una distorsione della concorrenza nei confronti dei soggetti (società e imprenditori) che svolgono le stesse attività con fine di lucro soggettivo.
Come a dire: perché mai deve essere agevolato chi offre servizi assistenziali senza guadagnarci (eh già, perché mai …?!).

Seconda intepretazione autentica e istituzione della Commissione ministeriale
Per escludere ogni dubbio lo Stato è intervenuto con una seconda interpretazione autentica (art. 39 del D.L. n. 223/2006, governo Prodi [sottolineato adeguatamente per i più distratti, ndr]), con la quale è stato precisato che l’esenzione deve intendersi applicabile se l’attività è esercitata in maniera “non esclusivamente commerciale”. Il nuovo intervento appare molto equilibrato, perché precisa il senso dell’esenzione permettendo di evitare abusi.
Peraltro, presso il Ministero dell’economia e delle finanze è stata poi istituita una commissione con il compito di individuare le modalità di esercizio delle attività che, escludendo una loro connotazione commerciale e lucrativa, consenta di identificare gli elementi della “non esclusiva commercialità”.

Chiusura del fascicolo per due volte e recente riapertura
Alla luce della seconda interpretazione autentica e della maggiore definizione dei limiti grazie alla Commissione appositamente istituita, la Commissione europea ha chiuso la procedura di infrazione con esclusione di ogni “aiuto di Stato”. Successivamente ne è stata aperta un’altra, sempre sulla stessa linea, e anche questa è stata chiusa per chiara infondatezza.
Ad ottobre di quest’anno [2010], però, il Commissario europeo per la concorrenza (Joaquín Almunia, spagnolo, predecessore del simpatico Zapatero al partito socialista), nonostante le due archiviazioni ha riaperto una ennesima procedura di infrazione. Staremo a vedere.

Qualche riflessione
Bene. Ora abbiamo gli strumenti per rispondere alle gentili domande del nostro ipotetico (ma neanche tanto) amico.

- “L’esenzione è riservata agli enti della Chiesa cattolica”.
In realtà abbiamo visto che la legge destina l’esenzione a tutti gli enti non commerciali, categoria nella quale rientrano certamente gli enti ecclesiastici, ma che comprende anche: associazioni, fondazioni, comitati, onlus, organizzazioni di volontariato, organizzazioni non governative, associazioni sportive dilettantistiche, circoli culturali, sindacati e partiti politici (che sono associazioni), enti religiosi di tutte le confessioni e, in generale, tutto quello che viene definito come il mondo del “non profit”. Non si dimentichi inoltre che fanno parte degli enti non commerciali anche gli enti pubblici.
- “L’esenzione vale per tutti gli immobili della Chiesa cattolica”.
Come abbiamo evidenziato sopra, l’esenzione richiede la compresenza di due requisiti: quello soggettivo, dove rileva la natura del soggetto (essere “ente non commerciale”) e quello oggettivo, dove rileva la destinazione dell’immobile (utilizzarlo “esclusivamente” per le attività di rilevanza sociale individuate dalla legge ed in modo “non esclusivamente commerciale”). Non è vero, quindi, che tutti gli immobili di proprietà degli enti non commerciali (e, quindi, della Chiesa cattolica) sono esenti: lo sono solo se destinati alle attività sopra elencate. In tutti gli altri casi pagano regolarmente l’imposta: è il caso degli immobili destinati a librerie, ristoranti, hotel, negozi, così come delle case date in affitto.

- “L’esenzione vale per ogni imposta”.
In realtà l’esenzione dall’ICI (che è un’imposta patrimoniale) non ha alcun effetto sul trattamento riguardante le imposte sui redditi e l’IVA, né esonera dagli adempimenti contabili e dichiarativi. Infatti gli enti non commerciali, compresi quelli della Chiesa cattolica (parrocchie, istituti religiosi, seminari, diocesi, ecc.), che svolgono anche attività fiscalmente qualificate come “commerciali” sono tenuti al rispetto dei comuni adempimenti tributari e al versamento delle imposte secondo le previsioni delle diverse disposizioni fiscali.

- “Gli alberghi sono esenti”.
Attenzione, questa è insidiosa. Per dimostrare come l’esenzione prevista dalla norma sia iniqua, danneggi la concorrenza e non risponda all’interesse comune, viene citato il caso dell’albergo che, in quanto gestito da enti religiosi, sarebbe ingiustamente esente, a differenza dell’analogo albergo posseduto e gestito da una società.
Peccato, però, che l’attività alberghiera non rientra tra le otto attività di rilevanza sociale individuate dalla norma di esenzione. Perciò gli alberghi, anche se di enti ecclesiastici, non sono esenti e devono pagare l’imposta. Ad essere esenti sono, piuttosto, gli immobili destinati alle attività “ricettive”, che è ben altra cosa. Si tratta di immobili nei quali si svolgono attività di “ricettività complementare o secondaria”. In pratica, le norme nazionali e regionali distinguono fra ricettività sociale e turistico-sociale:

§ La prima comprende soluzioni abitative che rispondono a bisogni di carattere sociale, come per esempio pensionati per studenti fuori sede oppure luoghi di accoglienza per i parenti di malati ricoverati in strutture sanitarie distanti dalla propria residenza.

§ La seconda risponde a bisogni diversi da quelli a cui sono destinate le strutture alberghiere: si tratta di case per ferie, colonie e strutture simili.

Entrambe sono regolate, a livello di autorizzazioni amministrative, da norme che ne limitano l’accesso a determinate categorie di persone e che, spesso, richiedono la discontinuità nell’apertura. Se si verifica che qualche albergo (non importa se a una o a cinque stelle) si “traveste” da casa per ferie, questo non vuol dire che sia ingiusta l’esenzione, ma che qualcuno ne sta usufruendo senza averne diritto. Per questi casi i comuni dispongono dello strumento dell’accertamento, che consente loro di recuperare l’imposta evasa.

- “Basta una cappellina per ottenere l’esenzione”.
Questa è più simpatica che ridicola. È del tutto falso che una piccola cappella posta all’interno di un hotel di proprietà di religiosi renda l’intero immobile esente dall’ICI, in base al fatto che così si salvaguarderebbe la clausola dell’attività di natura “non esclusivamente commerciale”. È vero esattamente l’opposto: dal momento che la norma subordina l’esenzione alla condizione che l’intero immobile sia destinato a una delle attività elencate e considerato che – come abbiamo visto sopra – l’attività alberghiera non è tra queste, in tal caso l’intero immobile dovrebbe essere assoggettato all’imposta, persino la cappellina che, autonomamente considerata, avrebbe invece diritto all’esenzione.

- “Ma io conosco personalmente casi in cui quello che dici non viene applicato”.
Chi sbaglia, fosse anche membro della Chiesa cattolica, è tenuto a pagare, come qualsiasi altro cittadino che infrange la legge. Ciò non significa, tuttavia, che la legge sia per ciò solo sbagliata, non vi pare?

- "Persino l'Europa ci sta sanzionando".
L'Europa ha aperto due procedure di infrazione e in entrambi i casi ha deciso per l'archiviazione. Una terza procedura è stata aperta ora da un soggetto dichiaratamente ostile alla Chiesa cattolica e la procedura è allo stato iniziale.
Ad ogni modo, l'Europa ha espresso dubbi sempre e solo con riferimento alla presenza o meno di "aiuti di Stato", ossia su presunti meccanismi distorsivi della concorrenza. Questione (peraltro già smentita due volte) che con i rapporti tra Stato e Chiesa nulla c'entra.

Riassumendo: il problema dell’esenzione dell’ICI alla Chiesa cattolica non è altro che un pretesto per attaccare quest’ultima ed è portato avanti con un accecamento pari solo all’odio per chi da due millenni proclama incessantemente Gesù Cristo al mondo intero. Basti pensare che, se venisse davvero meno l’esenzione per questi immobili perché ritenuta “aiuto di Stato”, si aprirebbe la strada all’abolizione di tutte le agevolazioni previste per gli enti non lucrativi, a partire dal trattamento riservato alle Onlus.
Ma questo non ditelo alle Onlus, loro sono meno misericordiose della Chiesa cattolica!

Articolo originale e fonti

domenica 21 agosto 2011

Papa San Pio X

Novantasette anni fa, il 20 agosto 1914, moriva Papa Pio X, subito dopo lo scoppio di quella che ancora oggi viene ricordata come la Grande Guerra. Primo pontefice eletto nel XX secolo, proveniva da una famiglia di origini modeste: il padre, Giovanni Battista, possedeva sue campi e la casa in cui nacque poi il futuro pontefice, il 2 giugno 1835. Giuseppe Sarto era un fanciullo sveglio ed intelligente, tanto da sostituire talvolta il suo maestro durante le lezioni; imparò a leggere e scrivere ed anche a rispondere alla Santa Messa (ovviamente in latino, allo studio del quale fu avviato dal parroco a partire dal 1844). Malgrado una certa opposizione da parte del padre, seguì la propria vocazione sacerdotale; studiò nel seminario di Padova, con l'aiuto del cardinale Jacopo Monico, dedicandosi con particolare fervore allo studio del latino e della musica sacra. Tra il 1855 ed il 1858 fu ammesso agli ordini minori e continuò gli studi nel seminario di Treviso, fino al 18 settembre 1858, quando fu ordinato sacerdote nel duomo di Castelfranco dal vescovo di Treviso Giovanni Antonio Farina.
Fu inviato come cappellano nella parrocchia di Tombolo e successivamente parroco di Salzano; fu quindi nominato canonico della cattedrale di Treviso, ove svolse principalmente le mansioni di cancelliere vescovile. Nel settembre 1884 papa Leone XIII lo elesse vescovo di Mantova, e fu consacrato a Roma il successivo 16 novembre, per le mani del cardinale Lucido Maria Parocchi, vicario del papa per la città di Roma. La diocesi di Mantova versava in condizioni a dir poco precarie, tanto che i due suoi immediati predecessori lasciarono, in circostanze diverse, il governo della diocesi. Egli, al contrario, seppe infondere nuova fiducia ai suoi nuovi figli, ricostruendo il seminario e rilanciando lo studio del Catechismo presso giovani e fanciulli; furono questi gli anni in cui ebbe la prima stesura il "Catechismo" che è oggi conosciuto come Catechismo Maggiore di Papa Pio X.
Sempre come vescovo di Mantova si prodigò molto per la musica sacra, che nelle chiese dell'epoca era ormai conformata alla musica profana di stampo operistico, ed a favore del canto gregoriano, gettando le basi per quello che sarebbe stato il suo primo Motu Proprio, appena insediato pontefice, "Tra le sollecitudini":

«L'argomento da raccomandare è il Canto Gregoriano e specialmente il modo di cantarlo e renderlo popolare. Oh! se si potesse ottenere che tutti i fedeli, come cantano le Litanie Lauretane e il Tantum Ergo, così cantassero le parti fisse della Messa: il Kyrie, il Gloria, il Credo, il Sanctus, l'Agnus Dei. Questa sarebbe per me la più bella delle conquiste della Musica Sacra, perché i fedeli, prendendo parte veramente alla Sacra Liturgia, conserverebbero la pietà e la devozione.»

E ancora, qualche tempo dopo, in una lettera a mons. Callegari, scriveva:

«"Mille voci che cantano in una chiesa di campagna la messa degli angeli [...] e resto rapito, come mi eccitano sempre alla pietà e alla devozione i canti del popolo nel Tantum Ergo, nel Te Deum e nelle Litanie e li preferisco alle musiche polifoniche che non siano ben condotte."»

L'eco delle sue gesta e del suo zelo pastorale per il popolo a lui affidato, che lo spinse persino ad indire un sinodo diocesano a Mantova, arrivarono anche a Roma, dove fu proposto per la porpora cardinalizia; dopo un iniziale rifiuto, segno della sua totale umiltà, spronato dal Segretario di Stato cardinale Rampolla, fu creato cardinale il 12 giugno 1893, 3 giorni prima di essere promosso a patriarca di Venezia. Anch'essa cattedra poco ambita, in quell'epoca, per le tendenze liberal-democratiche dei suoi amministratori, fu affidata, come Mantova nove anni prima, alle sapienti mani del vescovo trevigiano, perché potesse risollevarne le sorti. Ma già dal suo insediamento le cose non andarono certamente per il verso giusto: dopo aver atteso quindici mesi dalla nomina, a causa dell'opposizione di Francesco Crispi alla nomina del patriarcato di Venezia, il 24 novembre 1894 entrò nella città lagunare accolto dalle acclamazioni festose del popolo, ma con l'assenza delle autorità civili che, per l'occasione, tennero chiuse le porte del municipio.
Durante il suo episcopato veneziano continuò le lotte che già aveva intrapreso a Mantova, a favore dell'autentica musica sacra e del canto gregoriano, dell'insegnamento ai fanciulli e ai giovani del Catechismo e prese posizione contro il modernismo. Dieci anni dopo quell'ormai lontano 1893 quando fu nominato cardinale, a Roma si faceva insistentemente il suo nome addirittura come vicario dell'anziano Leone XIII per la città di Roma; ma la Provvidenza aveva disegni più alti per quel prete di campagna e vescovo solerte, per molti versi sconosciuto alle cronache del tempo. Il 20 luglio 1903 muore il pontefice, e si apre il conclave: alla partenza dalla stazione ferroviaria di Venezia il patriarca aveva rassicurato la piccola folla accorsa a salutarlo in vista della sua partenza per Roma: "O vivo o morto tornerò!"; l'unica promessa, probabilmente, che non poté mantenere nei confronti dei suoi amati figlioli.
Malgrado i pronostici della vigilia non lo nominassero nemmeno tra i papabili, preferendo i cardinali Gotti e Rampolla, il 4 agosto 1903 il camino della Sistina prese ad emettere fumo bianco per salutare la sua elezione al soglio petrino: scelse il nome Pio, come coloro che "nel secolo passato hanno coraggiosamente lottato contro le sette e gli errori". Spiegò eminentemente i progetti del suo pontificato nella sua prima enciclica, E supremi apostolatus cathedra, del 4 ottobre 1903, cui seguì poco più di un mese dopo (il 22 novembre) il motu proprio Tra le sollecitudini sulla musica sacra (a sottolineare quanto il papa trevigiano fosse preoccupato per la musica sacra nella Chiesa). Da ricordare sono inoltre la lettera enciclica Ad diem illum, pubblicata il 2 febbraio 1904 per commemorare il cinquantesimo anniversario della proclamazione del dogma dell'Immacolata Concezione, l'enciclica Jucunda sane, del 12 marzo 1904, per il XIII anniversario della morte di San Gregorio Magno ed il motu proprio Arduum sane munus con cui apriva la strada alla grande opera di ricompilazione del Codice di Diritto Canonico. L'anno successivo, il 1905, vide la pubblicazione dell'enciclica Acerbo nimis, del 15 aprile, sull'importanza dell'insegnamento del Catechismo, e del decreto Sacra Tridentina Synodus, del 20 dicembre, sulla necessità di una Comunione frequente e buona. Si scagliò in maniera decisa contro le dottrine pseudo-cattoliche dei modernisti dapprima col decreto Lamentabili sane exitum del 3 luglio 1907, e poi con la ben nota enciclica Pascendi Dominici Gregis, dell'8 settembre 1907.
Morì nella notte tra il 19 e 20 agosto 1914, dopo un lento deperimento delle sue condizioni di salute e la crescente preoccupazione per le sorti dell'Europa, con la guerra mondiale che si palesava in tutta la sua crudeltà. L'epitaffio riportato sulla sua tomba recita:

PIUS P.P. X
DIVES ET PAUPER
MITIS ET HUMILIS CORDE
REIQUE CATHOLICAE VINDEX FORTIS
INSTAURARE OMNIA IN CHRISTO
SATAGENS
PIE OBIIT DIE XX AUG. A. D. MCMXIV

Fu beatificato il 3 giugno 1951 e canonizzato il 29 maggio 1954 da papa Pio XII; a tutt'oggi resta l'ultimo papa santo proclamato dalla Chiesa. La nostra comunità di Caorle è molto devota del papa che si mostrò molto vicino al popolo, già come patriarca di Venezia e poi come pontefice. Molte sono le testimonianze di tale devozione, a cominciare dall'altare a lui dedicato nel Santuario, rinnovato nel 1944, ove è posta una tela della religiosa M. Bressanin e raffigurante il Papa sulla spiaggia di Caorle (riportata nella figura all'inizio). In un palliotto molto prezioso, che viene esposto sull'altare maggiore del Duomo durante le maggiori Solennità, è riportato il suo stemma, insieme a quello del beato Giovanni XXIII; le figure dei due papi già patriarchi di Venezia ed entrambi saliti agli onori degli altari sono scolpite ai lati dell'odierno altare maggiore, realizzato nel 1975 per volere dell'allora parroco arciprete mons. Felice Marchesan. Ricca è anche la collezione di preziosi paramenti conservati gelosamente nella sacrestia del Duomo; vi sono infatti una stola e diverse pianete, tra le quali quella regalata al papa dalla gendarmeria vaticana il 18 settembre 1908, in occasione del cinquantesimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale (foto in basso), e successivamente donata alla nostra parrocchia dalla famiglia di Giampaolo Gusso, già cameriere di papa Giovanni XXIII.
In questo giorno della ricorrenza di San Pio X rivolgiamoci alla sua intercessione perché il Signore risollevi sempre la Chiesa dalle umane imperfezioni, con la stessa forza che donò al suo servo Pio X alla guida del suo gregge.


Fronte

Retro


Stemma papale

Targa

Fonti: museosanpiox.it

sabato 20 agosto 2011

Visite guidate al Campanile di Caorle

Dopo diversi anni di progettazione e di messa in opera, quest'anno sono state portate a termine le nuove scale interne del campanile, rendendo così visitabile il Campanile cilindrico simbolo di Caorle ed esaudendo le richieste di molti tra turisti e cittadini. Il caratteristico campanile di Caorle, secondo le fonti storiche realizzato intorno all'anno 1038 così come la Cattedrale, costituisce un esempio unico nell'area veneta; fonde infatti lo stile romanico che caratterizza la costruzione degli edifici sacri delle Chiese figlie di Aquileia allo stile bizantino-ravennate, ben riconoscibile nella forma cilindrica, che lo fa assomigliare ai famosi campanili rotondi di Ravenna e di Lugo, risalenti anch'essi al X-XI secolo. Da questi ultimi, tuttavia, si differenzia per l'elemento della cuspide, conica, a terminare elegantemente la struttura cilindrica, cosa che lo rende unico in tutto il territorio italiano e, per l'epoca di costruzione, addirittura nel mondo.
Fino a quest'anno le scale interne del campanile erano assai pericolanti e assolutamente inadatte ad una visita del pubblico; ora, invece, sono state rinnovate quasi tutte le rampe, realizzate a chiocciola per facilitare l'accesso in sicurezza del pubblico, ad accezione dell'ultima rampa, quella che porta alla cella campanaria, costituita ancora da una vecchia scala a pioli in legno e quindi inaccessibile per i turisti. Pur tuttavia il panorama che è possibile godere della città di Caorle anche dal penultimo piano del nostro Campanile è del tutto inimitabile: si può dominare tutto il centro storico, la spiaggia di levante e quella di ponente, arrivando con lo sguardo fino al grattacielo di Jesolo; nelle giornate più limpide, inoltre, si possono scorgere il campanile de La Salute di Livenza a nord e le coste dell'Istria a est.
Alcuni incaricati accolgono i visitatori direttamente all'ingresso del campanile, durante gli orari previsti, offrendo anche alcune informazioni di carattere storico-artistico: gli orari e le modalità della visita si possono trovare nei cartelli affissi sulla porta e nei pressi del campanile.

giovedì 18 agosto 2011

Intervista a mons. Miserachs sulla musica sacra

Riporto un'interessantissima intervista comparsa ieri su La Bussola Quotidiana a mons. Valentin Miserachs Grau, preside del Pontificio Istituto di Musica Sacra, di Antonio Giuliano. Mons. Miserachs affronta i problemi principali della musica che oggi viene eseguita per la maggiore nelle chiese (soprattutto italiane); cita i documenti della Chiesa e indica quella che secondo lui dovrebbe essere la strada da seguire per un recupero della vera missione della musica nella liturgia. Mons. Valentin Miserachs Grau, nato in Spagna nel 1943, è inoltre compositore e Maestro di Cappella presso la patriarcale arcibasilica liberiana a Roma, chiesa di cui è anche canonico. Ha ricevuto il nastro decorativo dell'Ordre des Arts et des Letters della Repubblica Francese, l'Encomienda de Alfonso X el Sabio dallo stato spagnolo la Creu de Sant Jordi della Generalitat della Catalogna. E' infine membro onorario dell'Accademia dei Virtuosi al Pantheon.

La tua messa è come un rock
Di Antonio Giuliano

Che in alcune messe da tempo il canto più gettonato sia quello di Claudio Baglioni, colonna sonora di “Fratello Sole Sorella Luna” di Zeffirelli, o che in alcune parrocchie cattoliche la liturgia sia scandita dagli assoli di chitarra elettrica e in taluni casi dai rullanti della batteria, ormai non è una novità.
Fa riflettere però che in questi anni non siano stati fatti passi concreti per arginare la trascuratezza dei canti delle celebrazioni e gli abusi liturgici. Soprattutto se l’allarme viene rilanciato da monsignor Valentino Miserachs Grau, 68 anni, che dal lontano 1995 è preside del Pontificio istituto di musica sacra, la scuola di specializzazione del Vaticano.
Musicista e compositore, da anni monsignor Miserachs denuncia la sciatteria in voga nelle liturgie che penalizza in modo particolare l’antica e nobile tradizione del canto gregoriano, «ormai ignorato».

Eppure sembra che ci sia una sensibilità maggiore sul tema. Di recente è uscito anche un bel libro La musica nella liturgia di Marco Ronchi (Lindau, pp. 154, euro 15) che offre una serie di indicazioni pratiche per invertire la rotta…
Ma purtroppo la situazione non cambia. È significativo che anche i giornali laici ormai facciano una diagnosi reale del problema: in troppe chiese si ascoltano canti non adatti alla liturgia, per il testo e per la musica. Predominano strimpellamenti di chitarre e ritmi frenetici. L’ho ripetuto migliaia di volte… La verità è che da anni nei seminari non si parla di musica sacra e direi nemmeno di musica. La formazione musicale è considerata un optional. E questo spiega la scarsa sollecitudine dei sacerdoti.

Ma la Chiesa ha sempre avuto questa preoccupazione: i documenti non mancano.
Certo, già il motu proprio di san Pio X, Tra le sollecitudini, nel 1903 intendeva replicare agli stessi abusi di oggi: allora ad entrare nelle chiese era la musica operistica a cui si appiccicava poi un testo sacro. Oggi invece è la musica pop… Poi abbiamo avuto l’enciclica di papa Pio XII Musica sacrae disciplina e il Concilio Vaticano II con la normativa sulla musica sacra che in realtà riaffermava la Tradizione e ammetteva una certa creatività, ma nella pratica ha finito per essere interpretata male. In occasione del centenario del motu proprio di san Pio X anche Giovanni Paolo II nel chirografo Mosso dal vivo desiderio ha ribadito le norme in materia. Peccato però che son rimaste tutte pie esortazioni, nonostante la sensibilità di Benedetto XVI.

Che cosa si dovrebbe fare allora in pratica?
Ci vuole un organismo di vigilanza. Molti si rivolgono a noi per segnalarci abusi. Ma il Pontificio istituto di musica sacra è deputato alla formazione, siamo una scuola di specializzazione del Vaticano. Noi possiamo solo predicare con l’esempio. Compito nostro è quello di formare musicisti: 140 alunni provenienti da ogni parte del mondo, il 60 per cento sono laici. Manca invece un organismo che faccia applicare le norme. La Congregazione del Culto dovrebbe intervenire.

Quali sono i canti poco raccomandabili in chiesa?
Bisogna innanzitutto distinguere la musica da ciò che non lo è. Poi occorre sempre ricordare che non tutta la musica sacra va bene per la liturgia: come ad esempio il Requiem di Brahms, o le Cantate di Bach nate per il culto protestante. Ma anche l’Ave Maria di Schubert è una canzone di ispirazione religiosa, ma non liturgica. Il guaio però è che negli ultimi decenni si sono affermati canti i cui testi spesso non sono sacri ed esprimono una vaga religiosità. E nei ritmi scimmiottano la musica leggera…

C’è anche un abuso di strumenti nella liturgia?
Ma in realtà già la Musicae sacrae disciplina suggeriva altri strumenti non “rumorosi”, come il violino o quelli ad arco, che possono accompagnare le celebrazioni insieme con l’organo. Anche un quintetto di ottoni sarebbe magnifico purché siano complementari e non sostitutivi dell’organo che rimane lo strumento principe nel sostenere e integrare la voce. Non si tratta di un pregiudizio verso altri strumenti: ma l’organo con il suo suono continuativo si adatta meglio. Non è così per il pianoforte e la chitarra che hanno bisogno di un ritmo percussivo… Figurarsi poi la batteria. Per carità, anche la chitarra suonata bene è uno strumento stupendo, ma poco adatto alla liturgia. Poi è vero che ci sono delle liturgie orientali o africane che si avvalgono delle percussioni, ma rientrano nella loro cultura.

Il suo cruccio più grande è da sempre il canto gregoriano. È sempre così pessimista sul suo recupero?
Sì. Non vedo la volontà di riportarlo in auge come suggeriscono tutti i documenti della Chiesa. Il gregoriano ha caratteristiche imbattibili: il rispetto assoluto del testo per cui la melodia nasce unicamente per sostenerlo. Infatti il gregoriano ha una libertà ritmica che segue la dinamica della parola. Dal X secolo ad oggi sono migliaia i pezzi disponibili.
Ma vedo che ormai si fa di tutto per far dimenticare anche la celebre “Messa degli angeli”… Si adducono scuse risibili come il latino, quando esistono le traduzioni in italiano, e comunque sarebbe un’opportunità rispolverarlo o impararlo. E il gregoriano non è affatto difficile da apprendere: i miei allievi nigeriani l’hanno esportato in Africa e mi dicono che nelle celebrazioni si commuovono…

Ma la musica “moderna” non può essere uno strumento di evangelizzazione?
Mi fanno tenerezza tanti giovani che suonano in chiesa, perché sono animati da buona volontà. Purtroppo nessuno ha mai insegnato loro la grande polifonia sacra o il canto gregoriano. Esiste anche un volume “Celebriamo cantando”, che offre un repertorio dignitoso di canti in italiano. Canti in cui l’assemblea non deve per forza cantare tutto. Deve anche saper ascoltare la corale. Il problema è che non esistono persone qualificate per trasmettere il nostro patrimonio. Per questo ho da tanti anni auspicato la creazione di un organismo pontificio, ma senza risultati pratici. Anni e anni di conferenze in giro per il mondo, ma nessun riscontro. Eppure son convinto che se creo un coro di giovani e faccio conoscer loro il gregoriano, si gaserebbero subito. Perché i giovani ti seguono quando sono coinvolti in progetti di qualità. La bontà oggettiva del gregoriano si impone da sé e non è vittima delle mode musicali del momento.

martedì 16 agosto 2011

San Rocco di Montpellier, compatrono di Caorle

Ricorre oggi la festa di San Rocco, confessore, compatrono della città di Caorle. Nato nel XIII secolo a Montpellier, in Francia, in realtà le notizie certe sulla sua vita non sono molte, e comunque ricche di elementi leggendari. Dopo aver perso i genitori quand'era ancora in tenera età, donò tutti i suoi averi ai poveri e partì in pellegrinaggio verso Roma per visitare le tombe degli apostoli. Arrivato nei pressi di Acquapendente si trovò immerso nella cruda realtà della peste; ma invece di girarne al largo per evitare la morte, come tutti avrebbero fatto, Rocco, che tendeva alla santità della vita, vi si tuffò a piene mani, trasportando gli appestati nei lazzareti e soccorrendoli con ogni cura. Si prodigò per gli ammalati fino a raggiungere Piacenza, e con la grazia del Signore compiva prodigiose guarigioni tra la popolazione, compresa quella di un cardinale a Roma, in seguito alla quale fu presentato a papa Urbano V. Ma fu egli stesso raggiunto dal contagio, e quasi per non gravare sulle spalle degli ammalati che aveva sempre desiderato aiutare, si ritirò in solitudine, poichè un grosso bubbone sulla gamba gli impediva persino di camminare. Si nutriva di quello che un cane randagio gli portava e beveva l'acqua delle pozzanghere. Inaspettatamente, però, guarì, e riprese il suo cammino per aiutare i più poveri. Nei pressi del Lago Maggiore, scambiato per una spia, fu incarcerato e morì nell'anonimato; solo dopo la morte fu riconosciuto per il santo dei miracoli al tempo della peste, e, benché non esistano documenti certi sulla sua effettiva canonizzazione, si sa che, in seguito ad una pestilenza, i padri del Concilio di Costanza invocarono la sua protezione e portarono in processione la sua immagine già nel 1414.
Il suo culto si sparse in gran parte d'Italia, specialmente in Veneto, Emilia Romagna, Lombardia e Lazio. Nel nostro Duomo vi sono testimonianze del fiorire della devozione a san Rocco già dal '400, a cominciare dai resti dell'affresco della parete sinistra, che raffigurano un trittico di santi, datato intorno al '400 dal restauratore che si è occupato dei lavori. Il cartone che deve essere servito all'artista per realizzare l'intera opera mostra, in corrispondenza alla terza figura da sinistra (di per sè irriconoscibile) una mano che si scosta le vesti all'altezza delle gambe: il segno iconografico distintivo di san Rocco, che ostenta la piaga del bubbone a prova della sua guarigione dalla peste. Ma altre testimonianze derivano dalle fonti storiche; si ha notizia, infatti, che il 25 marzo 1513 fu eretta a Caorle la Confraternita di San Rocco, che aveva sede nell'omonimo oratorio, costruito in fianco al palazzo vescovile. All'interno della chiesetta era posta, sopra un altare ligneo e dorato, la statua del santo insieme a quelle di san Giacomo e di san Cristoforo. Nella chiesa erano inoltre custodite una tavola molto antica che raffigurava san Sebastiano ed una tela con la rappresentazione della Vergine Annunziata. Sulla parete di sinistra alcuni affreschi con didascalie raccontavano i miracoli di guarigione di san Rocco; i resti di tali affreschi si trovano ancora sul muro perimetrale del giardino della canonica, nel lato che dà sul chiostro realizzato nel 2000. Le fonti storiche ci raccontano, inoltre, che il 16 agosto, giorno della festa di san Rocco, i confratelli portavano in processione la statua del santo per le vie della città, per collocarla poi in cattedrale, dove il pomeriggio veniva cantata la Messa e celebrati i Vespri. Quindi il simulacro veniva riportato nel suo oratorio con un solenne corteo processionale a cui partecipava anche il vescovo.
La devozione verso san Rocco divenne più forte quando, nel 1729, la Scuola di Caorle ottenne una reliquia del Santo dalla Scuola Grande di Venezia; la reliquia era posta davanti al trono della statua del santo durante la processione. Malgrado l'oratorio fosse stato rilevato dalle autorità civili dopo la soppressione della diocesi, nel 1818, e demolito pochi anni dopo, la pietà dei caorlotti nei confronti del suo santo protettore rimase viva fino agli anni '70 del secolo scorso, quando il 16 agosto si celebravano Messe solenni e la statua di san Rocco, proveniente dall'antico oratorio, veniva portata in processione per le vie del centro. Poco importava che tale festa avesse luogo il giorno sucessivo a quello dell'Assunzione; mai il popolo di Caorle avrebbe lasciato solo il santo che gli garantiva la forza nelle difficoltà quotidiane. Purtroppo, proprio quando le malattie più gravi cominciarono ad essere debellate e la povertà lasciò il posto a stili di vita più agiati, i caorlotti si dimenticarono del loro patrono; e pur rimanendo chiusi gli uffici pubblici sono ben pochi i cittadini che si recano in chiesa a salutare il santo, neppure i bambini e i ragazzi che, pur rimanendo dell'alveo della parrocchia, partecipano alle attività estive.
Come verso la fine della sua vita, san Rocco è dimenticato, quasi nessuno lo riconosce come il potente guaritore amico di Dio e dei suoi poveri; non ci resta che pregare e sperare che, come dopo la sua morte, il popolo torni a riconoscerlo come un grande santo della carità.

domenica 14 agosto 2011

Assumpta est Maria in coelum

«Assumpta est Maria in coelum:
gaudent angeli,
laudantes benedicunt Dominum.
»

Queste le parole che ritornano più volte nella liturgia della solennità che proprio da questa sera la Chiesa celebra con grande gioia, l'Assunzione della Beata Vergine Maria al cielo: gli angeli accolgono la Madre di Dio, immacolata, nella sua anima e nel suo corpo. L'episodio dell'Assunzione non è narrato nella sacra scrittura; l'ultima pagina in cui compare la Vergine Maria nella Bibbia si trova negli Atti degli apostoli, mentre si trova nel cenacolo insieme agli Undici il giorno di Pentecoste, e riceve insieme con loro lo Spirito Santo. Tuttavia la tradizione e gli scritti apocrifi sono ricchi di citazioni di questo episodio: il più famoso è certamente il cosiddetto Transito della Beata Maria Vergine attribuito a Giuseppe di Arimatea. Ma anche in epoca recente si hanno notizie sull'Assunzione della Vergine, provenienti dalle comunicazioni della Beata Anna Caterina Emmerick (1774 - 1824). Il 14 agosto 1821 la beata racconta di aver avuto la visione della morte della Beata Vergine: gli Apostoli e le ancelle che la assistevano erano riuniti al suo capezzale, mentre Ella li benediceva e si congedava da loro, dettando le sue ultime volontà. Quindi Pietro, dopo aver celebrato la Santa Messa si accostò alla Madonna per farla comunicare al Corpo e Sangue del Signore Gesù Cristo, e per ungerla con gli oli dell'Estrema Unzione. Quindi la Beata scrive di aver visto «un bagliore di luce celeste invadere Maria, avvolgerla tutta ed entrare nel suo corpo», mentre la sua anima se ne distaccava; ed in un'altra visione, vide venire incontro alla Santa Vergine le anime dei patriarchi, dei suoi santi genitori Gioacchino ed Anna, del suo sposo San Giuseppe, dei Santi Zaccaria ed Elisabetta, di San Giovanni Battista e numerosi angeli. Quindi vide anche il Signore Gesù Cristo, che le porse uno scettro e le mostrò la terra, «quasi per conferirle un potere speciale». Trasportate le venerate spoglie della Madonna al luogo della sepoltura, la Beata Anna Caterina racconta l'apparizione dell'Assunzione del corpo della Vergine al cielo:

«Vidi ad un tratto una gloria formata da tre Cori d'Angeli e di anime buone che circondavano un'apparizione: Gesù Cristo, con le sue Piaghe risplendenti di luce intensa era vicino all'Anima di Maria Santissima. I Cori angelici erano formati da fanciulli, tutto era indistinto poiché appariva solo in una grande forma di luce. Vidi però l'Anima della Santa Vergine seguire l'Immagine di Gesù, scendere con il Figlio per la rupe del Sepolcro, e subito dopo uscirne con il proprio Corpo risplendente fra torrenti di viva luce, quindi La vidi risalire col Signore e con tutta la gloria angelica verso la Gerusalemme celeste. Dopo di che disparve ogni splendore ed il Cielo silenzioso e stellato tornò a chiudersi sopra la terra. Vidi che le pie donne e gli Apostoli si gettarono col volto a terra, poi guardarono in alto, con stupore e profonda venerazione

L'insieme di queste testimonianze, che di certo da sole non vincolano i fedeli cristiani, mostrano comunque una pressante domanda da parte dei fedeli di tutte le epoche storiche circa l'Assunzione della Vergine al Cielo. Al termine dell'anno santo 1950, il venerabile sommo pontefice Pio XII lo scrive chiaramente nella Costituzione Apostolica Munificentissimus Deus:

«Quando fu solennemente definito che la vergine Madre di Dio Maria fu immune della macchia ereditaria fin dalla sua concezione, i fedeli furono pervasi da una più viva speranza che quanto prima sarebbe stato definito dal supremo magistero della chiesa anche il dogma della corporea assunzione al cielo di Maria vergine. Infatti si videro non solo singoli fedeli, ma anche rappresentanti di nazioni o di province ecclesiastiche e anzi non pochi padri del concilio Vaticano chiedere con vive istanze all'apostolica sede questa definizione.»

La devozione alla Madonna Assunta è ben visibile in tutte le chiese antiche, specialmente nel nostro Duomo, ove dal '400 aveva preso vita la Confraternita dell'Assunta, e nei libri liturgici, ove ricorre la festa il 15 agosto già dai tempi di papa Leone IV con vigilia ed ottava. Per questo con quella stessa Costituzione Apostolica papa Pacelli ha proclamato l'Assunzione della Vergine come dogma, a cui tutti i fedeli cattolici devono credere come verità contenuta nel depositum fidei della Chiesa; e lo ha fatto usando le stesse parole di san Giovanni Damasceno: «Era necessario che colei, che nel parto aveva conservato illesa la sua verginità, conservasse anche senza alcuna corruzione il suo corpo dopo la morte». Questa la solenne definizione di quello che tutt'ora rimane l'ultimo dogma proclamato dalla Santa Romana Chiesa cattolica:

«Pertanto, dopo avere innalzato ancora a Dio supplici istanze, e avere invocato la luce dello Spirito di Verità, a gloria di Dio onnipotente, che ha riversato in Maria vergine la sua speciale benevolenza a onore del suo Figlio, Re immortale dei secoli e vincitore del peccato e della morte, a maggior gloria della sua augusta Madre e a gioia ed esultanza di tutta la chiesa, per l'autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei santi apostoli Pietro e Paolo e Nostra, pronunziamo, dichiariamo e definiamo essere dogma da Dio rivelato che: l'immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo.
Perciò, se alcuno, che Dio non voglia, osasse negare o porre in dubbio volontariamente ciò che da Noi è stato definito, sappia che è venuto meno alla fede divina e cattolica.
»

Conformiamoci dunque all'insegnamento della nostra Madre Chiesa, che su modello della Gran Madre di Dio, la Vergine Maria, obbedisce docilmente al volere del Signore nel nome di Gesù Cristo, Re e Salvatore nostro. Viviamo questo giorno di ferragosto non solo come giorno di divertimento e di riposo dalle attività che ognuno di noi compie durante il resto dell'anno; approfittiamone per contemplare il mistero che Dio ha voluto attuare nella Madonna Santissima, prima preservandola da ogni macchia di peccato per i meriti della Redenzione del Suo Figlio Gesù Cristo e poi elevandola al Cielo, a Lui, nella sua anima e nel suo corpo. Invochiamo Lei, nostra amorevole avvocata al cospetto di Dio, per ogni nostra tribolazione e necessità; la preghiera di Colei che, Immacolata, intercede per noi presso il Padre renderà anche le nostre preghiere degne di giungere al trono celeste.

Concludiamo con l'ascolto di alcuni brani di musica sacra: l'introito della solennità dell'Assunta, "Gaudeamus", in canto gregoriano, ed il Kyrie ad opera del maestro della polifonia sacra, Giovanni Pierluigi da Palestrina, tratti dalla sua Messa "Assumpta est Maria". Di seguito i collegamenti alle rivelazioni private della Beata Anna Caterina Emmerick sull'Assunzione della Beata Vergine Maria in cielo e la Costituzione Apostolica "Munificentissimus Deus" del venerabile papa Pio XII.



Gaudeamus omnes in Domino
diem festum celebrantes
sub honore Mariae Virginis
de cuius Assumptione
gaudent angeli
et collaudant Filium Dei.

Ps. Eructavit cor meum
verbum bonum
dico ego opera mea regi
Gioiamo tutti nel Signore
nel giorno in cui celebriamo festa
in onore della Vergine Maria
dell'Assunzione della quale
gioiscono gli angeli
ed lodano il Figlio di Dio.

Ps. Effonde il mio cuore
liete parole
io canto al re il mio poema.

sabato 13 agosto 2011

Tesori d'arte sacra: la statua dell'Assunta

Per la rubrica mensile sui tesori d'arte sacra conservati nel nostro Duomo, nel Santuario e nel Museo liturgico parrocchiale, cogliamo l'occasione dell'imminente solennità dell'Assunzione della Beata Vergine Maria per parlare della statua dell'Assunta, conservata nel nostro Duomo, e dell'omonima Confraternita che a Caorle ha arricchito i luoghi di culto ed i riti religiosi negli anni lontani. La statua che, come possiamo ammirare nella fotografia, esposta alla venerazione dei fedeli in occasione del 15 agosto, risale infatti al XVIII secolo, in legno dorato, e raffigura la Vergine Assunta tra le nubi, mentre gli angeli la accolgono in Cielo festanti. E' interessante notare l'uso del colore dorato secondo la tradizione dell'iconografia antica, ossia fino a Giotto, in cui gran parte dei soggetti sacri, specialmente nella pittura, erano collocati su sfondi oro per sottolineare l'appartenenza dei personaggi raffigurati ad una dimensione diversa da quella terrena. Così la Beata Vergine Maria non è stata semplicemente trasportata nel nostro cielo, ma è stata elevata da terra fino al cospetto di Dio, nel Cielo divino che definiamo anche Paradiso. L'oro, nell'arte sacra, non è mai ostentazione di ricchezza, alla quale, semmai, sono avvezzi gli uomini; sta invece a segnare il distacco tra la dimensione divina in cui sono celebrati i Sacri Misteri e quella umana, e le chiese addobbate in questo modo sono lo specchio di quello scopo, che si prefigge la liturgia, di far pregustare agli uomini già qui sulla terra la vita eterna che Dio ha promesso.
Per questo motivo in molte occasioni, soprattutto nel passato, sia gli uomini ricchi che quelli più poveri decidevano di rinunciare a parte dei loro proventi per commissionare opere d'arte destinate alla loro chiesa, arricchendola di arredi sacri, altari e quant'altro. Molto spesso questi gruppi di fedeli si riunivano in Confraternite, ossia asssociazioni permanenti di fedeli che si occupavano di raccogliere le offerte per le opere di carità e per le Messe in suffragio dei defunti, per contribuire al sostentamento dei sacerdoti e della chiesa e per finanziare le opere d'arte che abbellivano il tempio. A Caorle una delle più importanti confraternite era proprio quella dell'Assunta, istituita il 15 agosto 1425, e costituita soltanto da confratelli. Era anche detta Confraternita dei Battuti, poiché, come rinvenuto nelle fonti storiche, i suoi membri erano chiamati a radunarsi ogni seconda domenica del mese per «battersi». Tale Scuola aveva il proprio altare inizialmente nell'oratorio dell'Assunta, che sorgeva davanti all'oratorio di San Rocco, del quale oggi rimangano alcuni resti di affreschi sotto il porticato attiguo al muro perimetrale dei giardini della canonica. Dalle notizie che ci sono pervenute, sopra l'altare era posta una tela con l'emblema della Confraternita, ovvero la Santa Vergine nell'atto di coprire con il suo manto due confratelli. Tale emblema è riportato nel paliotto frontale dell'altare di Sant'Andrea, custodito nella cappella laterale destra del Duomo, a testimonianza del fatto che, probabilmente, tale altare fu finanziato proprio dai confratelli dell'Assunta. Nel 1589 il guastaldo della Confraternita chiese al vescovo Girolamo Righettino di poter celebrare stabilmente le Messe della Scuola nella cattedrale, poiché il piccolo oratorio era ormai cadente. Nel catino dell'abside sinistra del Duomo, dove si trovava l'altare dell'Assunta, è infatti affrescata la Vergine in trono col Bambino, tra i santi Lorenzo e Stefano, con ai piedi la Confraternita stessa in atteggiamento supplice (affresco risalente al secolo XIV).
L'oratorio fu ristrutturato completamente l'8 dicembre 1749, quando si ha notizia della richiesta dei confratelli al vescovo Francesco Trevisan Suarez di tornare a celebrare la Messa nell'oratorio nelle solennità della Vergine Maria e nelle seconde domeniche del mese. I confratelli si impegnavano a sostenere la Messa in suffragio ogni sabato, e a provvedere per i riti funebri e la sepoltura di tutti i propri confratelli deceduti nel territorio dalla Livenza al Tagliamento, che era compreso nella diocesi di Caorle.
Nella festa dell'Assunzione, il 15 agosto, il vescovo, o in sua assenza il decano del Capitolo, celebrava Santa Messa ed i Vespri nella cattedrale, alla presenza di tutta la Confraternita, i cui membri erano vestiti di cappa. Con i proventi della questua effettuata presso le case della città e in chiesa, ogni seconda domenica del mese, la Scuola versava un piccolo salario al cappellano dell'oratorio e ad ogni sacerdote che interveniva alle solennità, nonché al parroco della cattedrale, il quale si impegnava, però, a fornire ai membri i ceri da utilizzarsi nelle processioni funebri dei confratelli defunti.
La Confraternita dell'Assunta si estinse, come la maggior parte di tutte le altre presenti nel territorio, tra la fine del '700 e l'inizio dell'800, quando cadde la Repubblica Serenissima e subentrò l'occupazione napoleonica, e successivamente alla soppressione della diocesi nel 1818.
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