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domenica 17 aprile 2011

Vexilla Regis prodeunt

Con la Domenica delle Palme, che celebriamo oggi, iniziano per noi il tempo di Passione e la Settimana Santa. I segni che la liturgia propone agli occhi e allo spirito sono molteplici: innanzitutto i rami d'ulivo, che sostituiscono per lo più i rami di palma con cui, i Vangeli ci raccontano, fu accolto Gesù Cristo nel suo ingresso a Gerusalemme. L'ulivo richiama infatti la Passione di Nostro Signore, che proprio nell'orto del Getsèmani si recò in preghiera dopo l'Ultima Cena. Poi il colore delle vesti e dei paramenti liturgici, che a differenza del resto del Tempo di Quaresima, è il rosso, colore del Sangue effuso dal Redentore sulla Croce, e al quale si associa anche il Sangue di tutti i martiri che per il Signore hanno donato e donano tutt'oggi la loro vita. Ma, come di consueto, anche la musica liturgica si addobba in maniera tipica della Settimana Santa. Uno dei segni più importanti è l'inno, che sarà cantato durante i Vespri di tutti i giorni da oggi fino al Sabato Santo, il Vexilla Regis.
L'autore dei versi di quest'inno è Venanzio Fortunato, nato a Duplavilis, l'odierna Valdobbiadene, nel 530 e vissuto, nella prima parte della sua vita, tra Aquileia e Ravenna, ed autore tra l'altro di un inno Pange lingua per il Venerdì Santo, da non confondere con quello eucaristico che si canta il Giovedì Santo. L'originale di quest'inno contava otto strofe, ma fu rimaneggiato al tempo di papa Urbano VIII (a cavallo tra il XVI ed il XVII secolo), entrando a far parte del Liber Usualis fino alla riforma liturgica degli anni settanta, quando, nel Liber Hymnarius, ha parzialmente riacquisito il testo antico. In letteratura, poi, quest'inno è citato in diverse epoche ed opere, a cominciare dalla Commedia dantesca, dove appare "al negativo" all'inizio dell'ultimo canto dell'inferno, ma anche in "A Portrait of the artist as a young man" dell'autore irlandese James Joyce.
L'incipit dell'inno propone subito all'attenzione quello che per l'uomo rimane un paradosso: parla infatti di "Vexilla Regis", cioè dei vessilli del re, che avanzano, ma vi accosta, immediatamente dopo, "fulget Crucis mysterium", ossia rifulge il mistero della Croce. Nella mente dei fedeli appaiono quindi le immagini delle processioni devozionali del Venerdì Santo, o le Vie Crucis, o ancora qualsiasi altra processione religiosa, aperta dal Crocifisso; la Croce, segno d'infamia per l'uomo, è divenuta l'insegna della gloria di un re, il vero re, che è Cristo Signore. Come ricordava papa Benedetto XVI, in una delle meditazioni per la via crucis del Venerdì Santo del 2005, Gesù Cristo era fuggito dalla folla che voleva prenderlo per farlo re, quando ancora non era il momento; ma durante la sua agonia sulla Croce il suo titolo regale può rimanere esposto all'attenzione di tutti, nell'iscrizione composta da Pilato: "Gesù il Nazareno, Re dei Giudei": è questa la vera regalità, come dice lo stesso inno poco più in alto, "Regnavit a ligno Deus" (Dio ha regnato dal legno).
Prosegue, il testo, indicando il Crocifisso da cui pende il prezzo per riscattare il mondo dalla sua schiavitù (pretium pependit saeculi); come nella cultura romana lo schiavo diventava libero, una volta riscattato il suo prezzo al suo padrone, così il Redentore diventa il prezzo che deve essere versato per liberarci dalla schiavitù del male e del peccato. E nella stessa strofa il Crocifisso diventa la bilancia, strumento da sempre associato alla giustizia: "statera facta corporis" che, liberando l'uomo, lo sottrae all'Inferno, dove il diavolo vuole attirarlo. Fino a giungere al culmine di tutto il componimento, poco prima della conclusione, dove la croce viene salutata come unica speranza (O Crux, ave, spes unica), come a dire che la sofferenza di Cristo è l'unica via da percorrere per la salvezza.
Come di consueto ecco il testo dell'inno, che canteremo durante i vespri di questa sera e al Venerdì Santo, da poter seguire, insieme alla traduzione, mentre ascoltiamo questa proposta musicale, con una strofa in gregoriano ed una in un interessante falso bordone polifonico.

Vexilla Regis prodeunt:
fulget Crucis mysterium,
qua vita morte pertulit,
et morte vitam protulit.

Quae vulnerata lanceae
mucrone diro, criminum
ut nos lavaret sordibus,
manavit unda et sanguine.

Impleta sunt quae concinit
David fideli carmine,
dicendo nationibus:
Regnavit a ligno Deus.

Arbor decora et fulgida,
ornata Regis purpura,
electa digno stipite,
tam sanctam membra tangere.

Beata, cuius brachiis
praetium pependit saeculi:
statera facta corporis,
tulitque praedam tartari.

O CRUX, AVE, SPES UNICA,
hoc Passionis tempore
piis adauge gratiam,
reisque dele crimina.

Te, fons salutis Trinitas,
collaudet omnis spiritus:
quibus Crucis victoriam,
largiris, adde praemium. Amen.
Avanzano i vessilli del Re,
rifulge il mistero della Croce,
che dalla vita condusse alla morte
e dalla morte ha manifestato la vita.

Quando fu colpita dalla punta
della crudele lancia, per
lavarci dai nostri sordidi crimini
versò un'onda di sangue.

Sono compiute le parole che Davide
cantò coi suoi versi fedeli,
dicendo alle genti:
Dio ha regnato dal legno.

O Albero splendido e fulgido,
ornato della porpora regale,
dal tronco eletto al punto
di toccare le sante membra.

O beata, dalle cui braccia
pendette il prezzo del mondo:
e fatta del corpo una bilancia,
ha tolto la preda all'inferno.

O CROCE, AVE, UNICA SPERANZA,
in questo tempo di Passione
accresci ai pii la grazia,
cancella ai rei i crimini.

Te, Trinità fonte di salvezza,
lodi ogni spirito:
dalla vittoria della Croce
elargisci, aggiungi il premio. Amen.


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