Vi racconto il Giovanni Paolo II che ho conosciuto
A cura di Federico Ferraù
La prima volta che salii sull’altare con lui, nel 1979, rimasi colpito dal suo modo di celebrare. Giovanni Paolo II era un papa “mistico”, che viveva un rapporto di straordinaria immediatezza con Dio. Non c’è da sorprendersi che la gente ne abbia invocato fin dal giorno della sua morte la santità. Bastava vederlo pregare. Quando si andava a pranzo da lui, si passava per la cappella a dire l’Angelus. Tutti noi pensavamo che fosse una questione di 30 secondi. A volte, invece, durava così a lungo che non si riusciva più a stare in ginocchio sul pavimento. Il papa si immergeva davvero nella preghiera, per lui non c’erano più né tempo né spazio. Lo si vedeva anche dal movimento delle labbra. Nella sua preghiera io ho percepito - o meglio, ho visto - un dialogo con Dio profondo, ininterrotto. Come un respiro, il Santo Padre emetteva dei suoni come il gorgogliare di un torrente che non si ferma mai. Una cosa impressionante.
Giovanni Paolo II è stato un grande devoto di Maria. Che cosa insegna questa devozione alla Chiesa del nostro tempo?
È fonte di benefica umiltà per ogni cristiano. Maria infatti è l’espressione più potente della Chiesa Immacolata e insegna a tutti i fedeli, uomini e donne, che Cristo Sposo è l’ineffabile dono per la Chiesa Sposa. Di fronte a Lui tutti siamo per così dire anzitutto “passivi”, cioè nella posizione di chi innanzitutto riceve.
Inoltre Maria, paradigma di ogni maternità, è colei che in qualunque circostanza, anche la più sfavorevole, ci accompagna a Gesù. È vergine e madre. Per questo amo definire Maria come “la donna”.
L’ultima parte del pontificato di Giovanni Paolo II è stata segnata da un rapporto con la verità (e con la guida della Chiesa) sofferto, interiormente combattuto, soprattutto a causa della malattia. Il gigante che ha segnato così profondamente la storia mondiale non ha avuto paura di mostrarsi in tutti i suoi limiti. Che cosa insegna da questo punto di vista il beato Wojtyla, come uomo e come successore di Pietro?
Nella fase finale della sua vita Giovanni Paolo II ha incarnato la grande affermazione paolina: “Quando sono debole, è allora che sono forte”. “Basta la tua grazia”: così si esprime Paolo nella Seconda Lettera ai Corinti. Il modo con cui Giovanni Paolo II ha portato la sua sofferenza, ha esaltato il ministero petrino perché ha mostrato che il potere di governo nella Chiesa – ma non solo nella Chiesa – non è mai alla mercè di chi lo possiede. Viene sempre e solo da Dio.
Bisogna pregare ogni giorno perché chiunque ha responsabilità di governo nella Chiesa, possa viverla in questo modo.
In che cosa Giovanni Paolo II è un santo contemporaneo? A quale profonda domanda dell’uomo di oggi risponde la sua santità di vita?
La sua santità traspare secondo me in maniera luminosa dal suo appassionato impegno per la libertà. Per me Wojtyla è stato il papa della libertà ed è il santo della libertà. Una libertà però che ha continuamente bisogno di essere liberata. Come dice il Vangelo di Giovanni, chi segue Gesù “sarà libero davvero”.L'intervista completa è consultabile ai seguenti indirizzi:
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