Una settimana fa, il 21 dicembre, la Congregazione per la Dottrina della Fede (il dicastero romano deputato alle questioni sulla dottrina cristiana) ha emanato un comunicato che aveva come titolo «Sulla banalizzazione della sessualità - a proposito di alcune letture di "Luce del mondo"». Per coloro che non lo ricordassero, "Luce del mondo" è il libro-intervista che papa Benedetto XVI ha rilasciato al giornalista Peter Seewald, e che ha fatto molto discutere, tanto da meritare le pagine principali dei media, a proposito di alcune affermazioni del papa; una di queste era inerente alla dottrina della Chiesa sull'uso del preservativo e alla sessualità in genere.
Come era prevedibile, tale risposta dell'ex Sant'Uffizio non ha avuto la stessa eco dai media: evidentemente il popolo deve avere una informazione solo settaria, in modo che, quando tra un paio d'anni, verrà chiesto alla gente che cosa pensa la Chiesa del preservativo essa risponderà che è d'accordo.
In ogni caso la Congregazione ha voluto dare delle precisazioni su «diverse interpretazioni non corrette, che hanno generato confusione sulla posizione della Chiesa cattolica riguardo ad alcune questioni di morale sessuale». Continua il comunicato: «Il pensiero del Papa non di rado è stato strumentalizzato per scopi e interessi estranei al senso delle sue parole, che risulta evidente qualora si leggano interamente i capitoli dove si accenna alla sessualità umana. L’interesse del Santo Padre appare chiaro: ritrovare la grandezza del progetto di Dio sulla sessualità, evitandone la banalizzazione oggi diffusa». Non possiamo non concordare con questa osservazione; ancora oggi, scorrendo i motori di ricerca in internet, alle parole "Luce del mondo, preservativo, papa" si trovano notizie dell'epoca (novembre di quest'anno) che dicono che il papa "apre" al preservativo, che il preservativo è lecito in alcuni casi, che il papa ha applicato la dottrina del "male minore". Troviamo addirittura illustri personaggi che esprimono approvazione, come l'ex sindaco di Venezia e filosofo Massimo Cacciari e, purtroppo, l'ex arcivescovo di Milano, il card. Carlo Maria Martini, che ringraziano il papa per questa "apertura".
Il comunicato smentisce categoricamente, e dice testualmente: «L’idea che dalle parole di Benedetto XVI si possa dedurre che in alcuni casi sia lecito ricorrere all’uso del profilattico per evitare gravidanze indesiderate è del tutto arbitraria e non risponde né alle sue parole né al suo pensiero. A questo riguardo il Papa propone invece vie umanamente e eticamente percorribili, per le quali i pastori sono chiamati a fare "di più e meglio" (Luce del mondo, p. 206), quelle cioè che rispettano integralmente il nesso inscindibile di significato unitivo e procreativo in ogni atto coniugale, mediante l’eventuale ricorso ai metodi di regolazione naturale della fecondità in vista di una procreazione responsabile». Questo per rispondere a chi pensa che l'uso del preservativo possa essere applicato per controllare le nascite in una famiglia, soprattutto se bisognosa; in effetti questo è un problema, cioè se in una famiglia dove i genitori non hanno un gran reddito, ci si ritrova a dover mantenere cinque o sei figli. Appare però del tutto pretestuosa questa obiezione, poiché l'uso che si vuole fare oggi della contraccezione è molto lontano da quello di una coppia sposata per una "procreazione responsabile"; per la quale la Chiesa prevede altri metodi di controllo, più "umani ed eticamente percorribili".
Un altro problema innescato dal libro del papa è stato quello della posizione nei confronti della prostituzione; è confermato quanto affermato in materia dal Concilio, ossia che essa è considerata un atto grave ed immorale, e che «la prostituzione va dunque combattuta e gli enti assistenziali della Chiesa, della società civile e dello Stato devono adoperarsi per liberare le persone coinvolte».
Infine l'altra interpretazione errata, che secondo questo comunicato è stata data delle parole del papa, è quella che riguarda il preservativo come metodo di prevenzione e contrasto alla diffusione dell'Aids; qui viene spiegato il significato autentico di quanto il papa voleva affermare con l'esempio citato alle pagine divenute ormai famose del libro "Luce del mondo". «Chi sa di essere infetto dall’Hiv e quindi di poter trasmettere l’infezione, oltre al peccato grave contro il sesto comandamento ne commette anche uno contro il quinto (Non uccidere), perché consapevolmente mette a serio rischio la vita di un’altra persona, con ripercussioni anche sulla salute pubblica». Così, dice il papa nel suo libro, l'uso del preservativo da parte di una persona infetta lascia, in alcuni casi, intravvedere un certo ravvedimento, poiché non si intende mettere a rischio la vita del prossimo. In questo modo si deve intendere l'affermazione del papa: «in questo senso il Santo Padre rileva che il ricorso al profilattico "nell’intenzione di diminuire il pericolo di contagio, può rappresentare tuttavia un primo passo sulla strada che porta ad una sessualità diversamente vissuta, più umana"», dove con "primo passo" non si intende certamente che l'uso del preservativo è ammesso in certi casi; piuttosto che ci si può augurare che, se il motivo per cui si usa il preservativo è davvero quello di non mettere a rischio la vita del prossimo, tale preoccupazione per il prossimo potrà portare a vivere in maniera più umana la sessualità.
Il comunicato conclude smentendo anche che il Santo Padre abbia voluto usare la dottrina del "male minore", ossia che un'azione in sè sbagliata possa essere lecitamente ammessa di fronte a mali peggiori a cui il non compiere tale azione potrebbe portare. Quanto affermato sopra è di fatto una smentita di tale teoria; l'uso del preservativo non è ammesso, non c'è spazio all'interpretazione; ci si può altresì augurare, per il bene della sua anima, che chi lo utilizza per i motivi di cui si è parlato sopra, vada nella direzione di smettere e il comportamento sessuale disordinato e, di conseguenza, l'utilizzo del preservativo.
Il chiarimento della Congregazione per la Dottrina della Fede viene a smentire quelle interpretazioni errate che, volontariamente o meno, rischiano di portare i fedeli sulla via della perdizione. C'è anche chi pensa che il papa avrebbe potuto aspettarsi che le sue parole sarebbero state strumentalizzate, e quindi avrebbe potuto astenersi dal pronunciarle; io sono dell'idea che il papa abbia voluto semplicemente utilizzare il mezzo dell'intervista per spiegare in termini più semplici possibili alcune tematiche dottrinali, e che egli ritenesse sufficentemente chiaro quanto aveva detto da non aspettarsi una cattiva interpretazione. C'è però anche da dire che nella maggior parte degli articoli di giornale che riportavano queste interpretazioni errate, erano omesse le frasi conclusive, riportando il discorso solo a metà; era cioè scritto che l'uso del preservativo da parte di un prostituto (o prostituta che dir si voglia) malato di Aids può portare ad augurarsi che egli smetta di compiere atti disordinati, ma mancava la frase successiva, che «questo non è il modo vero e proprio per affrontare il male dell’Hiv». E' probabilmente questo modo di fare giornalismo, cioè parlando di mezze verità, che insieme formano una menzogna, che il papa non si aspettava, presupponendo la buonafede dei suoi lettori.
Cliccando qui potrete leggere il testo integrale del messaggio della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Queste precisazioni sono sempre utili, e qualche volta tardive. Molti cattolici vivono in maniera disordinata la propria sessualità. Anche nel clero, cioè tra coloro che, formati da anni di seminario, "dovrebbero aver studiato" ed essersi convinti della necessità di una disciplina interiore ed esteriore. Preghiamo perché anche chi si perde ritrovi la propria strada. Stefano
RispondiEliminaQueste precisazioni sono sempre utili, e qualche volta tardive. Molti cattolici vivono in maniera disordinata la propria sessualità. Anche nel clero, cioè tra coloro che, formati da anni di seminario, "dovrebbero aver studiato" ed essersi convinti della necessità di una disciplina interiore ed esteriore. Preghiamo perché anche chi si perda ritrovi la propria strada. Stefano
RispondiEliminaGrazie del commento.
RispondiEliminaPer quanto riguarda coloro che in seminario "dovrebbero aver studiato" sono d'accordo, ma convinto che sia necessario prima di tutto amare Dio. Come agli sposi con figli si dice sempre che è dall'amore della coppia che scaturisce l'amore per i figli, e che se viene a mancare l'amore tra i genitori anche quello per i figli verrà meno, anche per i preti credo che serva prima di tutto l'amore nei confronti di Dio, e nei confronti dei suoi comandamenti, come dice san Giovanni. Prima ancora degli studi, delle tesi, delle lauree, dei convegni, dei trattati, degli incarichi: quando il prete ama Dio come una sposa ama il suo sposo allora sarà capace di amare i figli che gli sono affidati come una madre fa con i propri.