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domenica 26 dicembre 2010

Santo Stefano Protomartire

La ricorrenza di Santo Stefano assume per noi il grado di solennità, in quanto patrono principale della nostra parrocchia; pertanto, pur essendo la domenica della Santa Famiglia, celebreremo il primo martire cristiano, che, secondo il racconto degli Atti degli Apostoli, subì la lapidazione pochi giorni dopo l'Ascensione di Gesù al cielo. La data del 26 dicembre, vicina al Natale, fu scelta per unire idealmente la nascita di Cristo alla nascita al cielo di colui che per primo diede la vita per Lui. Parimenti, vicino al Natale troviamo le ricorrenze di san Giovanni evangelista, dei santi Innocenti ed anticamente persino i santi Pietro e Paolo erano ricordati in questi giorni natalizi.
Quest'anno vorrei concentrarmi su alcuni aspetti storici e tradizionali che riguardano il culto del protomartire. La tradizione che lega Caorle a Santo Stefano affonda le sue radici molto lontano nei secoli; il vescovo Pietro Martire Rusca (1656 - 1674), in una missiva inviata a Roma il 16 agosto 1664, scriveva che alcune reliquie esistevano nel Duomo da oltre mille anni, portate a Caorle dal vescovo Giovanni di Concordia, anche se non ne esistono notizie sicure. Quel che è certo è che reliquie del Protomartire cristiano devono essere state custodite nella cattedrale fin dall'erezione della diocesi caprulana che, come sappiamo, fu fondata dagli esuli concordiesi, la cui cattedrale è a loro volta dedicata a santo Stefano. Al tempo del vescovo Giorgio Darmini (1648 - 1655) fu presentato il progetto di un reliquiario marmoreo che contenesse, tra le altre reliquie, il "cranio di santo Stefano"; reliquiario che fu completato nel 1658 dal vescovo Rusca, quando con grande solennità e concorso di popolo fu compiuta la traslazione dei resti santi.
Ma la storia delle reliquie di santo Stefano è tutt'altro che chiara; dopo la morte per lapidazione il corpo, che era stato abbandonato alle bestie senza che, miracolosamente, alcuna di esse lo toccasse, fu sepolto poco lontano da Gerusalemme, in un luogo chiamato Caphargamala. Per quattrocento anni fu quindi dimenticato, a causa delle persecuzioni ai cristiani, della distruzione di Gerusalemme nell'anno 135 e per il fatto che il culto dei martiri non ebbe inizio prima del II secolo. Solo nel IV secolo, dopo la concessione della libertà di culto, un prete di nome Luciano ebbe la visione in sogno di un vecchio con barba bianca ed abiti liturgici, che si rivelò essere il dotto Gamaliele (che istruì san Paolo e che seppellì santo Stefano), il quale gli chiese di dare una degna sepoltura al corpo del suo amico e di altri santi, indicandogli il luogo esatto dove l'avrebbe trovato. Il ritrovamento dei corpi nel giardino di Caphargamala destò grande stupore nel mondo cristiano appena agli albori, e così si diffuse il culto di santo Stefano; il corpo fu seppellito nella chiesa di Sion a Gerusalemme, mentre alcune reliquie furono lasciate a Luciano.
Successivamente le reliquie furono traslate a Costantinopoli per poi approdare a Roma e in Italia, alla fine del VI secolo. Qui il corpo fu sepolto all'interno della tomba di san Lorenzo; il culto dei due diaconi martiri fu così legato in maniera stretta, e ne abbiamo una testimonianza anche nel nostro Duomo, nell'affresco dell'absidicola sinistra risalente al XIV secolo, ove i due santi sono raffigurati ai lati della Vergine col Bambino. Da Roma le reliquie del protomartire cristiano si diffusero in tutta Italia, approdando anche a Venezia nel XVIII secolo; era questo un periodo di grande fervore nella fede e bisogna dire che proliferarono molti falsi tanto che a Roma erano venerati addirittura tre reliquiari contenenti braccia di santo Stefano.
Le reliquie rimaste oggi sono quelle del corpo, conservato presso la chiesa di santo Stefano a Venezia, ed il cranio, conservato nel nostro Duomo, già cattedrale; alcuni frammenti ossei del cranio sono conservati a Putignano, in Puglia, ed altre reliquie del santo sono sparse ancora oggi per il mondo.
Veneriamo dunque santo Stefano, primo martire della Chiesa; da lui prendiamo l'esempio di come professare la fede in Gesù Cristo anche a costo della propria stessa vita. Affidiamo a lui, nostro patrono, le anime e le vite di molti nostri fratelli cristiani che in diverse parti della terra continuano a dare la vita per Gesù Cristo (è di ieri la notizia di 40 morti in Nigeria per le violenze di estremisti contro una chiesa durante la celebrazione della Messa di Natale). Chiediamogli la sua intercessione perché la nostra fede si rafforzi e nella nostra comoda vita di ogni giorno non rinneghiamo il nostro Salvatore per paura di essere esclusi dalla società; ricordiamoci come i pastori del presepe furono i primi a vedere Gesù proprio perché esclusi dalla società. Soffermiamoci oggi, prima o dopo la santa Messa, in preghiera davanti all'altare, ove sarà esposta la reliquia del cranio, e meditiamo silenziosamente la vita e la morte del nostro santo patrono, concludendo con le parole dell'orazione colletta:

«Donaci, Signore, di esprimere nella vita il mistero che celebriamo nel giorno natalizio di santo Stefano primo martire e insegnaci ad amare anche i nostri nemici sull'esempio di lui che morendo pregò per i suoi persecutori. Per il nostro Signore Gesù Cristo tuo Figlio che è Dio, e vive e regna con Te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.»

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