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martedì 21 dicembre 2010

21 dicembre - O Oriens

«O Oriens,
splendor lucis aeternae,
et sol justitiae:
veni, et illumina
sedentes in tenebris,
et umbra mortis.
»


«O Oriente,
splendore della luce eterna,
sole di giustizia:
vieni, illumina
chi giace nelle tenebre
e nell’ombra di morte.
»



La Novena di Natale sta volgendo al termine, ed oggi il titolo dell'odierna antifona in O è Oriens; letteralmente significa Oriente, ma in questo caso è più corretto interpretarlo come sole che sorge, aurora, poiché l'oriente è il punto cardinale dal quale ogni giorno sorge il sole. E' infatti in questo modo che Zaccaria, padre di Giovanni il Battista, ci presenta il Signore nel cantico che si trova nel Vangelo di Luca:

«Per cui verrà a visitarci dall'alto un sole che sorge
per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre
e nell'ombra della morte
e dirigere i nostri passi sulla via della pace
»
(Lc 1, 78b-79)

Non è dunque un caso che la liturgia ci proponga l'ascolto di questa antifona proprio oggi, 21 dicembre, solstizio d'inverno, giorno per noi dalla durata più breve e notte più lunga. Simbolicamente la notte è il peccato e la morte; Cristo è la luce del sole che sorgendo "dall'alto", cioè da Dio, spazzerà via per sempre le tenebre del peccato e libererà il suo popolo dalla schiavitù. Questo trova diversi riscontri nella liturgia e nell'arte sacra, almeno fino agli anni settanta del secolo scorso. Chi di noi ha assistito all'Adorazione eucaristica avrà certamente notato l'arredo sacro che accoglie l'Ostia Santa, l'ostensorio, che con i raggi che si dipanano dalla teca assume proprio la forma di un sole rutilante. Ma un motivo ancora più forte si ha nella costruzione stessa degli edifici sacri: pensiamo alle chiese della nostra città, il Duomo, il Santuario e la chiesetta della Madonna di Pompei; esse sono costruite in modo tale che l'ingresso sia volto ad ovest e l'altare con il Crocifisso ad est. L'ovest è il punto cardinale del tramonto del sole, dell'oscurità, diremo: del peccato. Entrando però in chiesa e assistendo al Divin Sacrificio si è rivolti alla Croce e alle Sacre Specie che ad essa vengono sollevate nel solenne momento della Consacrazione; guardando ad oriente siamo illuminati dalle nostre tenebre, e liberati dai nostri peccati. A conferma di ciò, proprio sopra il portone centrale del nostro Duomo, si legge: "Se vuoi purgarti dai vizi e ornare la mente di virtù frequenta assiduamente, o peccatore, questo luogo santo".
Almeno fino alla riforma liturgica post-conciliare, anche il sacerdote era rivolto nella medesima direzione; durante la liturgia eucaristica guardava e si rivolgeva alla Croce e ad oriente. Molti, pensando a questo modo di celebrare la Messa da parte del prete, pensano che egli "volti le spalle al popolo"; al contrario, egli, come tutto il popolo di Dio, guarda a Cristo per supplicarlo, adorarlo, ricevere da Lui ogni dono di grazia. E giacché la Santa Messa è il memoriale del sacrificio di Nostro Signore sul Calvario, tutti sono portati a guardare con pietà il patibolo dal quale il Figlio di Dio ha dato la vita per salvare il suo popolo. Se ci pensiamo attentamente le preghiere che il Messale propone durante la liturgia eucaristica sono tutte rivolte a Gesù Salvatore, a cominciare dalla Consacrazione; appare quindi molto più ragionevole e sensato che il sacerdote le pronunci rivolto alla Croce e ad Oriente, che non rivolto al popolo, come se stesse dialogando con l'assemblea. E' per questo motivo che papa Benedetto XVI, in collaborazione con il suo Ufficio delle celebrazioni liturgiche, ha riportato la Croce al centro dell'altare, rivolta al sacerdote che in persona Christi celebra i Santi Misteri. Sebbene il Concilio Vaticano II in sè non abbia affatto previsto di rimuovere gli altari rivolti ad oriente dalle chiese, c'è da dire che nel post-concilio questo è avvenuto talvolta con modalità disgraziatamente distruttive del lato simbolico e di quello artistico della costruzione (è il caso anche del nostro Duomo); riportando la Croce al centro non si vuole né restaurare antiche superstizioni né tantomeno creare un "disturbo", cosicché la gente non riesce più a vedere comodamente quello che fa il sacerdote sull'altare. Questo semplice ma profondo gesto vuole riportare al centro delle nostre liturgie il nostro Salvatore, l'Oriente; e malgrado il sacerdote non guardi più fisicamente a oriente (e nemmeno le assemblee, dato che le nuove costruzioni sacre ignorano sistematicamente questa antica tradizione di costruire le chiese rivolte ad est) guardando tutti, sacerdote e fedeli, la Croce torniamo a rivolgerci a Cristo vero Oriente della nostra vita.
Ascoltiamo dunque l'antifona; che il canto gregoriano, obbediente alla parola delle Sacre Scritture, elevi i nostri spiriti e ci lasci illuminare dal Salvatore.



Acrostico: O  C R A S

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