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domenica 24 luglio 2011

Quando la libertà diventa schiavitù

Una delle obiezioni più banali, ma anche tra le più frequenti, che vengono mosse ai cattolici è quella sulla libertà; l'uomo di oggi fa fatica a concepire il cristiano praticante come un uomo libero, vedendo più che altro la religione cristiana cattolica come un ostacolo alla libertà dell'uomo, fatta di regole rigide, di comandamenti, con una predisposizione speciale a dire di no. Spesso questa concezione della religione cristiana, ovvero della "religione del no", è propria anche di coloro che si professano cristiani; e si sentono così le correnti di pensiero (come se la dottrina fosse questione di opinione) che all'interno della Chiesa stessa auspicano un progresso, il quale, in realtà, dovrebbe stravolgere la dottrina della Chiesa fino a farla diventare il contrario di quella che è. Per contro, allora, ci aspetteremmo che coloro che fieramente dichiarano di non aver nulla a che fare con il cristianesimo, religione della "schiavitù" secondo loro, siano liberi; ma ci si rende presto conto che non è affatto così. E' sufficiente guardarsi intorno per capire che l'uomo che pensa di costruire la propria libertà da solo è ridotto in schiavitù, ad esempio, dal denaro: chi possiede molti soldi è spesso portato a volerne ancora di più, anche tramite il gioco d'azzardo. Oppure dall'alcool e dalle sostanze stupefacenti: quanti sono i giovani che, pur soffrendo nel corpo dopo un'ubriacatura che in certi casi sfiora il coma etilico, sono pronti a ripetersi, quasi ad obbedire ad un invisibile padrone al quale non possono sottrarsi. E per finire la più subdola, se vogliamo, delle schiavitù di oggi, che è quella del sesso, vissuto in maniera disordinata eppure fatta passare per normale, come modo per soddisfare se stessi, e non quale strumento per manifestare ad un'altra persona il proprio amore totale ed incondizionato.
Proprio a questo proposito, sul quotidiano cattolico telematico La Bussola Quotidiana è apparso un interessante articolo di Marco Respinti, dal titolo "Sesso facile e aborto: i giovani secondo l'ONU", nel quale vengono descritte le iniziative che l'ONU ha organizzato a favore (dicono loro) dei giovani. Diffondendo dei saggi di dubbia moralità, alcuni psicologi e sociologi di ancor più dubbia preparazione spronano i giovani, sotto l'egida delle Nazioni Unite, a "ribellarsi" e a prendere coscienza del proprio "diritto al piacere sessuale"; e poiché, nell'esercizio di questo "diritto", possono non di rado incappare in qualche incidente di percorso, li informa sulla "loro libertà" di abortire (delle libertà dei nascituri non si parla), ed eliminare così ogni ostacolo alla propria libertà. Con la descrizione dettagliata (in qualche caso integrate da adeguata illustrazione) delle pratiche sessuali più trasgressive, il giovane dovrebbe essere portato alla vera libertà: sapendo tutto quello che può fare col suo corpo, sarà libero di decidere se farlo oppure no. In realtà di libertà di decidere ce n'è ben poca: più che di "informazione", se vogliamo essere corretti, quella dell'ONU dovremmo chiamarla tentazione, seduzione, induzione all'azione, inganno. E' chiaro che il giovane, bombardato di messaggi così spinti e pressanti, per di più provenienti da sedicenti "dottori" (il titolo di studio, in questi casi, conta più di ogni altra cosa), non potrà che cedere e mettere in pratica quello che ha letto in questi saggi, usando male il suo corpo e la sessualità, e non ci si potrebbe aspettare altro: sarebbe come se ad una persona affamata, ma attenta alla dieta, si apparecchiasse sotto il naso un tavolo con le più succulente leccornie, con tanto di commensali intenti a gustarle, e la si invitasse poi a scegliere se mangiare o stare senza (mi sovviene alla mente una celebre scena di un film di Fantozzi). Quella che si dà è l'illusione di libertà: in verità si è coercitati a comportarsi in una determinata maniera. Tant'è che, se il giovane decidesse di mantenersi casto, possiamo ben immaginarci come questi psicologi e sociologi, e la società intera, lo giudicherebbero: represso, castigato, complessato, ingenuo, immaturo.
Se tale situazione si limitasse ai messaggi veicolati dall'ONU, pur nello sconcerto e nello sdegno che essi provocano, non ci sarebbe poi tanto da preoccuparsi. Il vero problema è che ormai tutto l'ambiente in cui viviamo e siamo immersi ogni giorno è intriso di questi messaggi, che spronano ad un uso disordinato del proprio corpo giustificandolo come normale e proponendolo come allettante e alla portata di tutti. E non parlo solamente dei programmi alla televisione e dei siti internet che questi contenuti li divulgano esplicitamente; il vero pericolo deriva dai programmi che nascono innocenti, ma che in realtà contengono, più o meno pilotati dagli autori, questi messaggi sbagliati. Pensiamo per un attimo ai cosiddetti telefilm per ragazzi o per tutta la famiglia, trasmessi da ogni emittente televisiva (sia pubblica che privata) in fascia protettissima; e questo per non parlare dei telefilm spesso trasmessi in prima serata, e che si mettono a posto la coscienza esibendo solamente un bollino giallo o rosso per evitarne la visione da parte dei bambini.
Dietro la maschera di innocenti telefilm, vediamo invece giovani adolescenti, poco più che bambini, invischiati in complicatissime vicende amorose, le quali non vengono mai chiamate "fidanzamenti", e ancor meno si sente parlare di matrimonio. Oppure, mentre la famiglia è riunita a tavola per la cena, assiste, durante il suo programma preferito, al bacio saffico di due delle protagoniste, come se fosse la cosa più normale del mondo. Il modello di ragazzi che ne risulta è fortemente stereotipato: ragazzine con scollature degne di donne di strada e pantaloncini così corti da sembrare mutande mal riuscite, ragazzini con abbigliamenti molto eccentrici, e comunque rispondenti a canoni di bellezza ben precisi, perfettissimi. E non è raro sorprendere i giovani protagonisti in atteggiamenti affettuosi espliciti, in ogni caso assolutamente inadatti alla loro giovane età. I genitori, che sotto la dicitura "per ragazzi" si fidano di lasciare i loro figli davanti a programmi di questo genere, non si rendono conto che, anche se non si vedono scene scabrose, il pensiero di bambini e ragazzi viene pilotato verso relazioni amorose insane, facendo leva, tramite l'avvenenza e la seduzione dei protagonisti, sugli istinti più animaleschi; e questo solo per fare in modo di non perdere spettatori o di vendere i gadget del programma.
Anche di fronte alla visione di questi programmi ci si interroga sulla libertà; basta girare le affollate calli e piazze del nostro centro storico in questi mesi estivi, e sembra che la vita di tutti i giorni si sia trasformata in una scena di quegli stessi telefilm. Ragazzini e ragazzine giovanissimi, provenienti da varie parti d'Italia e d'Europa, tutti vestiti e pettinati alla stessa maniera, in atteggiamenti intimi espliciti e volgari, proprio come i loro idoli della televisione. Perché tali programmi attirano così tanti ragazzi? Si potrà controbattere: non c'è nulla di male se una persona nell'abbigliamento e nell'aspetto fisico vuole assomigliare ai divi della televisione, è sempre stato così; ma non si tratta solo di una pettinatura o di un vestito. Questi programmi si insinuano nel modo di pensare e di comportarsi dei loro telespettatori, obbligandoli a corrispondere in tutto e per tutto ad un determinato modello di persona; e la popolarità di questi modelli (soprattutto tra i giovani) obbliga anche i ragazzi che non guardano quei programmi tv a comportarsi alla stessa maniera. Una sottile schiavitù, quindi, che si basa sul desiderio, sulla passione, sulla seduzione: non sull'amore, che è quello che rende genuini e autentici anche gli atteggiamenti intimi (e che tali dovrebbero rimanere); e le prove sono davanti ai nostri occhi.
Forse, allora, la vera libertà che promette Nostro Signore Gesù Cristo è più comprensibile dopo aver osservato le diverse schiavitù che patiscono coloro che rifiutano la libertà cristiana. Egli ci ha dato un unico comandamento, che è l'Amore, ossia Egli stesso; amare Dio sopra ogni cosa, e da questo amore scaturisce anche l'amore per il prossimo. Quando si ama, pur nella necessità di sacrificare parte della propria vita per amore della persona amata, si accetta il sacrificio di buon grado; l'Amore che Dio ci chiede e ci offre è tale che, sacrificando parte del nostro tempo, della nostra vita e del nostro essere per Lui, facciamo del bene a noi stessi. Chi ama i comandamenti di Dio, e per questo rinuncia alle ricchezze fini a se stesse, ad una sessualità volta al solo raggiungimento del piacere personale, al poter fare sempre e comunque ciò che si vuole senza pensare al proprio prossimo, non si sente schiavo, ma libero: libero dalle schiavitù e dalle dipendenze che invece patiscono quelli che pensano di essere liberi, e che sono loro imposte dal maligno.

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