Ancora una volta vorrei dedicare un approfondimento al tema della musica sacra nella liturgia della Chiesa. Questa volta vorrei porre l'attenzione su un documento della Chiesa molto importante per tutti i musicisti "di chiesa", poiché detta in qualche modo le regole di come deve essere la musica sacra nell'Ufficio divino. Si tratta dell'Istruzione Musicam Sacram, elaborata nel 1967 (quindi nel pieno dell'elaborazione della riforma liturgica post-conciliare) dal Consilium, l'organismo della Sacra Congregazione dei Riti deputato proprio alla stesura della "nuova" liturgia. Come sempre accade quando si vanno a leggere i documenti ufficiali della Chiesa in materia di liturgia, si constata una grandissima differenza fra quello che quei documenti prescrivevano ed auspicavano e quello che oggi avviene nelle nostre chiese. Qualcuno potrebbe obiettare che non bisogna scadere nel rubricismo, e porsi con un atteggiamento "da giuristi" nei confronti di tali scritti. Ma rivolgersi ai documenti della Chiesa, soprattutto per coloro che nella comunità sono deputati alla preparazione del rito e di tutto quello che esso richiede (compresa la musica) non è affatto rubricismo; al contrario, è doveroso: manifesta umiltà e sottomissione a quello che la Chiesa dice, nel riconoscimento che i suoi dettami non provengono dagli uomini, ma da Dio. E, se si vuole, con una metafora molto semplice, nessuno andrebbe a comprare un marchingegno nuovo da montare con la pretesa di sapere da solo dove andranno posti i singoli pezzi, e rifiutando di leggere il libretto di istruzioni: il risultato sarebbe sicuramente un assemblaggio maldestro, che di sicuro risulterà inutile, inservibile, talvolta anche grottesco. Così, a mio modo di vedere, finiscono per ridurre la liturgia (anche se la metafora, lo ribadisco, è molto semplice) coloro che credono di sapere da se stessi come essa funzioni, rifiutandosi di andare a leggere le "istruzioni".Molti di coloro che si occupano della musica liturgica nelle chiese sono convinti che il Concilio (intesi anche i documenti prodotti in seguito alla sua chiusura) non abbia dato indicazioni chiare su come deve essere la musica sacra nella liturgia, ed è per questo che oggi, nelle nostre chiese, si hanno le situazioni più disparate, molto eterogenee, spesso lasciate in balia di esperimenti selvaggi. Ma l'istruzione Musicam Sacram questa definizione l'ha data, e chiaramente:
4. a) Musica sacra è quella che, composta per la celebrazione del culto divino, è dotata di santità e bontà di forme[2].
b) Sotto la denominazione di Musica sacra si comprende, in questo documento: il canto gregoriano, la polifonia sacra antica e moderna nei suoi diversi generi, la musica sacra per organo e altri strumenti legittimamente ammessi nella Liturgia, e il canto popolare sacro, cioè liturgico e religioso[3].
[2] Cfr. S. Pio X, «Motu proprio» Tra le sollecitudini, 22 nov. 1903, n. 2 (ASS 36 [1903-l904] 332).
[3] Cfr. S. Congr. dei Riti, Istr. sulla musica sacra e la sacra Liturgia, 3 set. 1958, n. 4 (AAS 50 [1958] 633).
Scorrendo un po' l'istruzione si trova qualcosa anche in merito alla partecipazione dei fedeli nel canto, e si pone l'accento in particolare sulla funzione che ha la musica sacra nell'esprimere esteriormente l'appartenenza dei fedeli e del clero alla Chiesa. Tutti partecipano del Corpo mistico di Cristo, ma ognuno con i suoi compiti e ministeri: il sacerdote celebra la Santa Messa, in persona Christi, i fedeli laici assistono e partecipano del Sacrificio che il Signore Gesù Cristo compie sull'altare. Così leggiamo:
6. L’ordinamento autentico della celebrazione liturgica presuppone anzitutto la debita divisione ed esecuzione degli uffici, per cui «ciascuno, ministro o semplice fedele, svolgendo il proprio ufficio, si limiti a compiere tutto e soltanto ciò che, secondo la natura del rito e le norme liturgiche, è di sua competenza» richiede inoltre che si rispetti il senso e la natura propria di ciascuna parte e di ciascun canto. Per questo è necessario in particolare che le parti, che di per sé richiedono il canto, siano di fatto cantate, usando tuttavia il genere e la forma richiesti dalla loro natura.
Dunque ha senso che l'assemblea non canti tutto di quello che, nel rito, è accompagnato dalla musica; sarebbe, infatti, un appiattimento della dimensione simbolica del canto sacro, che è quello di manifestare che tutti sono membra della Chiesa di Cristo, ognuno però con il suo compito. Oggi succede molto spesso, invece, di trovare chi pensa che l'autentica e completa partecipazione dell'assemblea si realizzi se e soltanto se essa canta tutto. Non esistono più differenze di compiti e ministeri tra sacerdote, schola e fedeli, tutti sono ugualmente laici e ugualmente sacerdoti, ugualmente maestri e ugualmente allievi (mentre sappiamo che non è così). Ci insegna ancora l'istruzione Musicam sacram sulla partecipazione dei fedeli:15. Questa partecipazione:
a) deve essere prima di tutto interna: e per essa i fedeli conformano la loro mente alle parole che pronunziano o ascoltano, e cooperano con la grazia divina[14];
b) deve però essere anche esterna: e con questa manifestano la partecipazione interna attraverso i gesti e l’atteggiamento del corpo, le acclamazioni, le risposte e il canto[15];
Si educhino inoltre i fedeli a saper innalzare la loro mente a Dio attraverso la partecipazione interiore, mentre ascoltano ciò che i ministri o la «schola» cantano.
32. L’uso legittimamente vigente in alcuni luoghi, qua e là confermato con indulto, di sostituire con altri testi i canti d’ingresso, d’offertorio e di comunione che si trovano nel Graduale, può essere conservato, a giudizio della competente autorità territoriale, purché tali canti convengano con il particolare momento della Messa, con la festa e il tempo liturgico. La stessa autorità territoriale deve approvare il testo di questi canti.
Inutile far notare come questo, oggi, sia pressoché totalmente disatteso, dal momento che in molte chiese e parrocchie i canti vengono spesso inventati e proposti nella Santa Messa come ad un concerto rock; e come le competenti autorità territoriali non si occupino quasi mai di porre un freno a questi esperimenti.Al termine di questo articolo vi è il collegamento all'istruzione conciliare; spero possa essere un occasione affinché chi lo desidera, specialmente responsabili del canto in una parrocchia, possa trarne giovamento ed insegnamento.
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