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martedì 26 luglio 2011

Comincia ad affiorare la verità su Pio XII

Dopo anni di calunnie ed infamie sulla vita e sul pontificato di papa Pio XII, dall'archivio segreto vaticano stanno riaffiorando i documenti superstiti dell'epoca, e gli studi su di essi compiuti da numerosi storici delle più diverse nazionalità, fanno luce su quella che è stata la vera vicenda del Pastor angelicus. Lo rende noto la «Pave the Way Foundation», associazione fondata dall'ebreo statunitense Gary Krupp, attraverso la testata telematica Zenit.org. Nell'articolo pubblicato ieri, dal titolo "Documenti rivelano che Pio XII salvò 11.000 ebrei romani", si legge infatti:

«Molti hanno criticato Pio XII per essere rimasto in silenzio durante gli arresti e quando i treni lasciarono Roma con 1.007 ebrei che vennero mandati al campo di concentramento di Auschwitz. [...] I critici non riconoscono neanche l'intervento diretto di Pio XII per porre fine agli arresti del 16 ottobre 1943. [...] Nuove scoperte provano che Pio XII agì direttamente dietro le quinte per far terminare gli arresti alle 14.00 dello stesso giorno in cui erano iniziati, ma che non riuscì a fermare il treno dal destino tanto crudele. [...] L'azione diretta di Papa Pio XII salvò la vita di più di 11.400 ebrei.»

L'articolo prosegue spiegando anche l'azione di papa Pacelli per fare in modo che gli istituti religiosi di Roma e di numerose altre città italiane fossero esentati dalle ispezioni degli agenti delle SS; in questo modo, in maniera silenziosa ma efficace, Pio XII riuscì a salvare moltissimi ebrei ed oppositori politici del nazi-fascismo, rifugiati presso conventi di frati e suore o nelle sacrestie delle basiliche romane; alcuni (e questo è già universalmente appurato) furono addirittura arruolati nella guardia palatina, che nei mesi dell'occupazione tedesca di Roma passò da 400 a 4000 unità.
Ma da dove è nata la visione di papa Pio XII come di un papa collaborazionista, addirittura filo-nazista? Di certo non nell'immediato dopoguerra: lo storico della Chiesa e gesuita Peter Gumpel, relatore per la causa di beatificazione di Pio XII, ha ampiamente dimostrato come, negli anni del regime nazista, furono gli stessi ebrei a giudicare più conveniente un atteggiamento di silenzio nelle parole, ma di collaborazione fattiva, proprio quella che attuò papa Pacelli, come riaffiora dagli archivi vaticani. D'altra parte abbiamo la testimonianza diretta di suor Paschalina Lehnert, nel suo libro "Pio XII, il privilegio di servirlo", che racconta dello sconcerto del papa nel venire a conoscenza degli ebrei e cristiani olandesi deportati nei campi di sterminio in seguito al pronunciamento pubblico della comunità cristiana contro il regime nazista. Si legge nel libro della suora tedesca:

«I giornali del mattino vennero recapitati nello studio del Santo Padre, mentre egli era sul punto di recarsi all'udienza. Lesse solo i titoli e divenne pallido come un morto. Tornato dall'udienza, prima ancora di andare nella sala da pranzo, venne in cucina con due grandi fogli scritti molto fitti e disse: "Voglio bruciare questi fogli. È la mia protesta contro la spaventosa persecuzione antiebraica. Stasera sarebbe dovuta comparire sul L'Osservatore Romano. Ma se la lettera dei Vescovi olandesi è costata l'uccisione di quarantamila vite umane, la mia protesta ne costerebbe forse duecentomila. Perciò è meglio non parlare in forma ufficiale e fare in silenzio, come ho fatto finora, tutto ciò che è umanamente possibile per questa gente".»

Quando allora è iniziata questa macchina calunniosa ai danni di Pio XII e di tutta la Chiesa? Un forte impulso è stato dato, nel 1963, dall'opera teatrale scritta da Rolf Hochhuth, dal titolo "Der Stellvertreter", il Vicario. Si tratta di una dura requisitoria ai danni della Chiesa dell'epoca e del papa che la reggeva, accusato di essere filo-nazista e di aver taciuto per complicità lo scandalo dell'olocausto. Ma si tratta di deprecabili calunnie: definire papa Pacelli filo-nazista è antistorico, giacché ancor prima di diventare papa, quale segretario di stato di Pio XI, si era distinto in Europa per le sue pubbliche denunce contro la dottrina dell'idolatria della stirpe. Alla sua elezione sul soglio di Pietro, che avvenne senza che la delegazione del Reich portasse le consuete congratulazioni scritte, il governo tedesco aveva dichiarato di poter riporre ben poche speranze nel nuovo pontefice, il quale fu il maggior contributore dell'enciclica anti-nazista di Pio XI Mit Brennender Sorge. Inoltre, alla richiesta di Benito Mussolini che il Vaticano riconoscesse la repubblica di Salò, fu lo stesso pontefice a volere una risposta di diniego, essendo i patti lateranensi stati sottoscritti con lo stato italiano e non con il duce. Ed aggiungiamo che, dopo l'uscita dell'opera di Hochhuth del '63, lo storico Emilio Pinchas Lapide, autore del saggio Roma e gli ebrei, non proprio accomodante con la Chiesa dell'epoca, riconobbe come dovere di coscienza contraddire le falsità riportate dallo scrittore tedesco.
Tuttavia le tesi a sostegno dell'opera di Pio XII trovarono ben poco spazio in una società fortemente anticlericale come era quella che veniva formandosi in Europa in quegli anni, e che avrebbe raggiunto il culmine di lì a qualche lustro. A pesare su Eugenio Pacelli fu soprattutto, e lo è tutt'oggi, la sua palese e ripetuta avversione nei confronti del comunismo; viene infatti ancor oggi ricordato come "il papa che lanciò la scomunica contro i comunisti". Semplicemente, però, egli aveva vissuto il comunismo in prima persona, quando, da nunzio in Baviera, si trovò a dover fronteggiare a viso aperto i bolscevichi della rivoluzione tedesca; ed aveva assimilato l'insegnamento di quasi mezzo secolo di storia della Chiesa, che indicava come dannose ed anti-cristiane le dottrine marxiste. E' dunque comprensibile come, nel dopoguerra, egli fosse stato etichettato come filo-nazista proprio da quegli intellettuali e politici che, ancora oggi, vanno divulgando che la Resistenza italiana ha avuto un solo colore, il rosso, e che chi non era con i rossi doveva stare necessariamente, secondo loro, dalla parte dei neri.
L'apertura degli archivi vaticani in questi ultimi anni sta invece dando un grande impulso alle ricerche degli storici per ridare dignità alla figura di un così grande pontefice, ingiustamente calunniato. E malgrado l'opera di papa Pacelli sia sempre più indiscutibilmente comprovata dai documenti, ancora oggi molti intellettuali, e purtroppo anche alcuni rappresentanti della comunità ebraica italiana, non accettano la verità, criticandola senza portare prove, mettendola a tacere nei mezzi di stampa o addirittura diffondendo vere e proprie falsità. La speranza è che gli studi dei numerosi storici possa dipanare definitivamente ogni ombra di ingiusta calunnia, per fare in modo che la Chiesa possa procedere senza alcuna remora alla beatificazione, ormai già avviata, di papa Pio XII.

Alcuni approfondimenti:

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