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sabato 26 dicembre 2009

Santo Stefano, il nostro patrono

Il 26 dicembre la Chiesa ricorda il santo diacono Stefano, primo a dare la vita a causa di Cristo, e per questo ricordato col titolo di «Protomartire». La sua festa è posta in vicinanza del Natale per l'antica tradizione, che ha posto vicino alla manifestazione del Signore i Comites Christi, ovvero coloro che furono più vicini a Cristo o hanno pagato la loro vicinanza col martirio; ecco, dunque, che il 28 dicembre abbiamo i Santi Innocenti, il 27 dicembre San Giovanni Evangelista e il 26 dicembre santo Stefano, il protomartire.
Gli Atti degli Apostoli ci tramandano la vita del santo, scelto dagli apostoli tra i sette diaconi. Stefano si distin se tra il popolo per i prodigi che compiva e per la predicazione. La sua opera portò alla Conversione molti, tanto che gli ebrei di Gerusalemme (i «liberti») si videro minacciati, e sobillarono il popolo affinché accusasse Stefano di pronunciare bestemmie e frasi blasfeme nella sua predicazione. La cosa arrivò agli orecchi del Sinedrio, che all'epoca (intorno all'anno 36) colmava il vuoto di potere lasciato da Pilato, e Stefano fu sottoposto a giudizio. In questo gli Atti sembrano ripercorrere le fasi del processo contro Gesù: i falsi testimoni e accuse, la risposta del Santo («Ecco, io contemplo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo, che sta alla destra di Dio»), la condanna a morte per lapidazione, in osservanza della legge di Mosè, e le parole di Stefano prima di morire: «Signore Gesù, accogli il mio spirito» e «Signore non imputare loro questo peccato»; sottolineando, così, maggiormente la vicinanza tra il martirio di Stefano e la morte di Cristo.
Il culto di santo Stefano nel nostro territorio si diffuse almeno dal IV secolo, con l'erezione, come costola del patriarcato di Aquileia, della diocesi di Concordia, la cui cattedrale è dedicata al Protomartire. E' quindi ragionevole pensare che, con le invasioni dei barbari del V-VI secolo che costrinsero i concordiesi a rifugiarsi nell'antico porto di Caprulae, la tradizione del culto del santo fosse instaurata anche nell'erigenda diocesi marittima, fino ai giorni nostri.
Numerosi sono i riferimenti a santo Stefano nel nostro Duomo: a cominciare dall'affresco che ricopre il catino dell'absidicola sinistra, che lo raffigura alla destra della Vergine mentre invoca la sua protezione per il popolo, o in quello del presbiterio, accanto allo stemma del vescovo Giuseppe Piccini; in entrambe è raffigurato nella classica iconografia, rivestito con la dalmatica (paramento sacro di origine romana proprio dei diaconi), con la palma e le pietre, simboli del martirio. Sopra la porta principale è posta la statua di santo Stefano che campeggiava al centro dell'altar maggiore barocco, distrutto negli anni settanta; un bassorilievo a lui dedicato è riportato nel palliotto frontale dell'attuale altar maggiore.
Altre raffigurazioni sono sul retro della croce capitolare esposta in museo (nella foto), contornato dai quattro evangelisti, e, secondo la tradizione, anche la quarta formella della nostra pala d'oro.
Particolare attenzione merita poi il reliquiario contenente il cranio di Santo Stefano, che, secondo le cronache, è parte dei resti di Santi più importanti della cattedrale dal 1658, probabilmente portato a Venezia dai Crociati, e di qui a Caorle; è tradizione che il reliquiario, solitamente conservato nel museo parrocchiale, venga esposto il 26 dicembre alla pubblica venerazione.

giovedì 24 dicembre 2009

Auguri natalizi dei sacerdoti

Abbiamo contemplato la sua gloria

«Il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria» (Gv 1,14).


Così l'evangelista Giovanni annuncia il Natale: egli testimonia, assieme ad altri discepoli, di aver contemplato la gloria divina nell'umanità del Verbo di Dio.
Cari fratelli e sorelle, facciamo nostra la testimonianza del discepolo amato da Gesù e diciamo con fede che il Verbo sta in mezzo a noi: visibile Colui che è invisibile, umano Colui che è divino.
Anche noi possiamo riconoscerlo. Cosa ha mosso il Verbo a farsi uomo e a stare tra gli uomini? L'Amore. Solo l'amore ha condotto il Verbo sulla terra ed è ancora l'amore a trattenerlo in mezzo a noi. Guardiamo a Gesù Bambino: lì è incarnato l'Amore di Dio, che attende di essere riamato. I sacerdoti per primi si uniscono amorevolmente a Gesù Cristo e vi invitano ad accogliere il dono del Natale.
L'umiltà nella quale l'Amore si rivela ci faccia piegare le ginocchia, riconoscendoci un nulla davanti al Tutto, che è Lui: saremo ricolmati di grazie e innalzati a contemplare la gloria del Figlio di Dio.

Tanti cari auguri.

I vostri sacerdoti

In figura: Lorenzo Lotto - Natività

domenica 13 dicembre 2009

La Novena di Natale

Il 16 dicembre comincia la seconda parte del tempo di Avvento, ossia la Novena di Natale. Nella prima parte dell'Avvento si guarda maggiormente alla cosiddetta dimensione escatologica, in altre parole all'Avvento glorioso di Cristo Salvatore nella gloria alla fine dei tempi; questa seconda parte, invece, ci introduce al mistero della prima Venuta del Salvatore nella pienezza dei tempi, ossia il Natale che celebriamo ogni anno.
Durante questi nove giorni che precedono la solennità natalizia, anche la liturgia si arricchisce di segni, che indicano il bimbo Gesù, nato nella stalla di Betlemme, come il Messia atteso e sperato dai profeti. In primo luogo il Canto delle profezie, che nella liturgia è usato quale invitatorio (introduzione) alla celebrazione della Santa Messa. Esso è introdotto da un ritornello che in latino recita: Regem venturum Dominum: venite adoremus ("Venite, adoriamo il Re Signore che sta per venire"), e vi intervalla alcuni passi dei profeti sulla venuta del Messia (Sofonia, Michea, Isaia).
In secondo luogo sono caratteristiche le Antifone maggiori, che precedono il canto del Magnificat nei vespri dei giorni che vanno dal 17 al 23 dicembre, e che la liturgia della Messa riprende nel versetto alleluiatico. Sono anche dette Antifone in "O", poiché tutte cominciano con l'interiezione Oh, e tutte scritte nel secondo modo gregoriano. In queste antifone si invoca il Redentore con titoli propri sia dell'antico che del nuovo Testamento:




































O Sapientia,
quae ex ore Altissimi prodiisti,
attingens a fine usque ad finem,
fortiter suaviterque disponens omnia:
veni ad docendum nos viam prudentiae.
 O Sapienza,
che esci dalla bocca dell'Altissimo,
ed arrivi ai confini della terra,
e tutto disponi con dolcezza:
vieni ad insegnarci la via della prudenza.
O Adonai,
et dux domus Israël,
qui Moyse in igne flammae rubi apparuisti,
et ei in Sina legem dedisti:
veni ad redimendum nos in brachio
extento.
 O Adonai,
e condottiero della casa d'Israele,
che sei apparso a Mosè tra le fiamme,
e sul Sinai gli donasti la legge:
vieni a redimerci col tuo braccio
potente.
O Radix Jesse,
qui stas in signum populorum,
super quem continebunt reges os suum,
quem gentes deprecabuntur:
veni ad liberandum nos,
jam noli tardare.
 O Radice di Jesse,
che sei un segno per i popoli,
innanzi a te i re della terra non parlano,
e le nazioni ti acclamano:
vieni e liberaci,
non tardare.
O Clavis David,
et sceptrum domus Israël,
qui aperis, et nemo claudit,
claudis, et nemo aperuit:
veni, et educ vinctum
de domo carceris,
sedentem in tenebris,
et umbra mortis.
 O Chiave di David,
e scettro della casa di Israele,
che apri e nessuno chiude,
chiudi e nessuno apre:
vieni e libera lo schiavo
dal carcere,
colui che è nelle tenebre,
e nell'ombra di morte.
O Oriens,
splendor lucis aeternae,
et sol justitiae:
veni, et illumina
sedentes in tenebris,
et umbra mortis.
 O Oriente,
splendore di luce eterna,
e sole di giustizia:
vieni ed illimina
chi è nelle tenebre,
e nell'ombra di morte.
O Rex Gentium,
et desideratus earum,
lapisque angularis,
qui facis utraque unum:
veni, et salva hominem,
quem de limo formasti.
 O Re delle Genti,
da loro bramato,
e pietra angolare,
che riunisci tutti in uno:
vieni, e salva l'uomo,
che hai plasmato dal fango.
O Emmanuel,
Rex et legifer noster,
expectatio gentium,
et Salvator earum:
veni ad salvandum nos,
Domine, Deus noster.
 O Emmanuele,
nostro re e legislatore,
speranza delle genti,
e loro Salvatore:
vieni e salvaci,
Signore, nostro Dio.


Sin dall'alto medioevo è stato osservato che, considerando le lettere con cui iniziano i titoli del Redentore (la seconda lettera dopo la "O" in ogni antifona) in ordine inverso si ottiene l'acrostico «ERO CRAS», che dal latino significa "Sarò domani"; come una risposta del Salvatore a coloro che per sette giorni l'hanno così invocato.
L'appuntamento è pertanto a partire dal 16 dicembre, con l'inizio della Novena e il canto del Magnificat durante la Messa feriale delle 18:30.
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