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martedì 31 maggio 2011

La partecipazione alla Santa Messa

Vorrei parlare oggi di un aspetto liturgico molto importante, che talvolta rischia di essere male interpretato, il più delle volte in buona fede, in virtù di un insegnamento errato, poiché filtrato dalle mentalità rivoltose degli anni addietro: si tratta della partecipazione dei fedeli alla Santa Messa. E' innegabile che durante e dopo il Concilio Vaticano II la Chiesa abbia voluto dare una grande importanza alla promozione della cosiddetta actuosa participatio; leggiamo infatti nella Costituzione conciliare dedicata alla Sacra Liturgia, la Sacrosanctum Concilium:

14. È ardente desiderio della madre Chiesa che tutti i fedeli vengano formati a quella piena, consapevole e attiva partecipazione alle celebrazioni liturgiche, che è richiesta dalla natura stessa della liturgia e alla quale il popolo cristiano, [...] ha diritto e dovere in forza del battesimo. A tale piena e attiva partecipazione di tutto il popolo va dedicata una specialissima cura nel quadro della riforma e della promozione della liturgia.

L'espressone "partecipazione attiva" ha dato adito, nel periodo post-conciliare, alle interpretazioni più disparate, che nella maggior parte dei casi poco avevano che fare con il suo reale significato. Ed è forse questa divergenza tra quello che intende la Chiesa e quello che si vuole che la Chiesa intenda l'esempio più lampante del relativismo in campo religioso, della contrapposizione fra ermeneutiche del concilio (rottura e riforma nella continuità) che tante volte il Papa ci ricorda nei suoi discorsi.
La tendenza, oggi, è quella di considerare la partecipazione attiva dei fedeli come una conquista del Concilio Vaticano II e della riforma liturgica ad esso seguita, merito esclusivo di un certo modo di intendere la Santa Messa in netta contrapposizione con quanto accadeva prima del concilio. Inevitabilmente, per promuovere questa idea (sbagliata, come avremo modo di vedere), si finisce per contrappore la Messa cosiddetta "tridentina", dove (si insinua) i fedeli erano costretti a stare zitti e fermi, come degli spettatori ad uno spettacolo non gradito, alla Messa "moderna", dove cade ogni barriera e freno e si può finalmente cantare, parlare, a volte ballare, dando all'assemblea la libertà di fare un po' ciò che vuole. A poco servono le indicazioni dei Papi, specialmente il beato Giovanni Paolo II e il pontefice regnante, Benedetto XVI, a cercare quasi di raddrizzare certe situazioni ormai fuori controllo e a far capire che queste interpretazioni sono del tutto errate e dannose.
Tuttavia le cose non stanno esattamente come oggi la maggior parte di noi considera; sembrerà paradossale, ma il tema della partecipazione dei fedeli era vivo e attuale da molto prima del Concilio Vaticano II, in un periodo in cui quella "tridentina" era l'unica Messa per tutto il mondo. Per fare alcune citazioni, nel motu proprio "Tra le sollecitudini" di san Pio X, del 1903, troviamo:

In particolare si procuri di restituire il canto gregoriano nell’uso del popolo, affinché i fedeli prendano di nuovo parte più attiva all’officiatura ecclesiastica, come anticamente solevasi.

O ancora, in maniera più esauriente, troviamo spiegato nella "Instructio de Musica Sacra et Sacra Liturgia" del Missale Romanum, datata 3 settembre 1958:

22. La Messa richiede, per sua natura, che tutti i presenti vi partecipino nel modo proprio a ciascuno.

a) Questa partecipazione deve essere in primo luogo interna, attuata cioè con devota attenzione della mente e con affetti del cuore, attraverso la quale i fedeli «strettissimamente si uniscano al Sommo Sacerdote... e con Lui e per Lui offrano [il Sacrificio] e con Lui si donino».

b) La partecipazione però dei presenti diventa più piena se all’attenzione interna si aggiunge una partecipazione esterna, manifestata cioè con atti esterni, come sono la posizione del corpo (genuflettendo, stando in piedi, sedendo), i gesti rituali, soprattutto però le risposte, le preghiere e il canto.
[...]

25. Nella Messa solenne dunque, l’attiva partecipazione dei fedeli può essere di tre gradi:

a) Il primo grado si ha, quando tutti i fedeli danno cantando le risposte liturgiche: Amen; Et cum spiritu tuo; Gloria tibi, Domine; Habemus ad Dominum; Dignum et iustum est; Sed libera nos a malo; Deo gratias. Si deve cercare con ogni cura che tutti i fedeli, di ogni parte del mondo, possano dare cantando queste risposte liturgiche.

b) Il secondo grado si ha quando tutti i fedeli cantano anche le parti dell’Ordinario della Messa: Kyrie, eleison; Gloria in excelsis Deo; Credo; Sanctus-Benedictus; Agnus Dei. Si deve poi cercare di far sì che i fedeli imparino a cantare queste stesse parti dell’Ordinario della Messa, soprattutto con le melodie gregoriane più semplici. Se d’altra parte non sapessero cantare tutte le singole parti, nulla vieta che i fedeli ne cantino alcune delle più facili, come il Kyrie, eleison; Sanctus-Benedictus; Agnus Dei, riservando il Gloria e il Credo alla «schola cantorum».
Si deve cercare inoltre di far sì che in tutte le parti del mondo i fedeli imparino queste più facili melodie gregoriane: Kyrie, eleison; Sanctus-Benedictus, e Agnus Dei secondo il numero XVI del Graduale Romano; il Gloria in excelsis Deo con Ite, Missa est-Deo gratias, secondo il numero XV; il Credo poi secondo il num. I o III. In questo modo si potrà ottenere quel risultato tanto desiderabile, che i fedeli in tutto il mondo possano manifestare, nell’attiva partecipazione al sacrosanto Sacrificio della Messa, la loro fede comune anche con uno stesso festoso concento.

c) Il terzo grado finalmente si ha quando tutti i presenti siano talmente preparati nel canto gregoriano da poter cantare anche le parti del Proprio della Messa. Questa piena partecipazione alla Messa in canto si deve sollecitare soprattutto nelle comunità religiose e nei seminari.

In quest'ultima istruzione si trova, in particolare, la definizione di "partecipazione attiva", dei gesti che essa richiede (non battere le mani, balletti sul posto o simili, ma da seduti alzarsi in piedi, o inginocchiarsi) e di cosa significa partecipare col canto: non che l'assemblea debba cantare tutto ciò che la schola o il celebrante osano intonare, ma che esistono parti proprie (le risposte) per loro natura fatte apposta per i fedeli, altre fatte per la sola schola, altre per il solo celebrante. Se, in particolare, ci concentriamo sull'ultima parte della citazione, scopriamo che nella Messa cantata della nostra parrocchia viene messa in pratica quasi alla lettera, merito dei parroci che negli anni si sono succeduti ed hanno avuto cura di pascere il loro gregge in comunione con il Papa e tutta la Chiesa.
La "scoperta" che di partecipazione attiva si parlava anche e soprattutto per la Messa nel rito antico porge immediatamente una serie di considerazioni: innanzitutto che la partecipazione attiva di cui si parla nel Concilio Vaticano II non è una scoperta degli anni 70 e della riforma post-conciliare, ma un aspetto di cui la Chiesa si è sempre occupata (possiamo dire che "si partecipava" anche nella Messa antica); poi, non avendo il Concilio Vaticano II inventato nulla di nuovo, che la partecipazione attiva che esso raccomanda è la stessa raccomandata anche prima dal Magistero della Chiesa; infine, che aggiungere significati rivoluzionari alla partecipazione attiva, e bocciare per questo la Messa nel rito antico, è non solo privo di fondamento, ma contrario al Concilio Vaticano II e al Magistero immutabile della Chiesa. Non dimentichiamoci, infatti, che i padri conciliari non scrivevano di liturgia sulla base della Messa nel rito post-conciliare (oggi detto forma ordinaria), ma avevano sempre visto e celebrato nel rito pre-conciliare (oggi detto forma extraordinaria).
Leggendo, dunque, il concilio in continuità con il Magistero precedente, viene naturale spiegarsi perché esso non abolisca, ma raccomandi che i fedeli imparino a cantare ed ascoltare il canto gregoriano, definito "il canto proprio della liturgia romana", e perché l'organo a canne è raccomandato come lo strumento per eccellenza nell'accompagnamento del canto o anche da solo. Viene naturale leggere il motu proprio Summorum Pontificum e la recente istruzione Universae Ecclesiae come la maniera con cui il Santo Padre cerca di correggere per tutta la Chiesa le visioni errate, in materia liturgica, sulle diverse forme del rito della Santa Messa, e non come il contentino dato a quattro nostalgici di pizzi e merletti. Risultano altresì inspiegabili le ragioni di chi, in nome di chissà quale concilio (a questo punto), predica che la lingua latina, il canto gregoriano, il contegno proprio della devozione dei fedeli, la bellezza dell'arte a servizio di Dio, siano aspetti retrogradi, superati, da sostituire con urgenza e da rigettare con odio.
Concludo ricordando una delle finalità con cui il papa ha "liberalizzato" la Messa nella forma extraordinaria del rito romano; egli vuole che ovunque, nella Chiesa, il rito antico aiuti i fedeli a vivere il nuovo con la devozione, l'amore e il rispetto che si deve a Gesù Cristo nelle sacre specie consacrate (cose che, a ben guardare, oggi viviamo piuttosto con monotonia o meccanicità distaccata, anche a causa del modo improprio di intendere la partecipazione attiva di cui sopra). D'altra parte, grazie al nuovo rito, i fedeli possono introdursi e capire quello antico in maniera più profonda, rispetto a quanto facevano i nostri padri o nonni fino a cinquant'anni fa, affinché esso non sia solamente una sorta di rievocazione storica, ma un'autentica espressione di fede e devozione.

I documenti di questo articolo:

8 commenti:

  1. io ho iniziato ad andare alla S. Messa prima del Concilio Vaticano II e mi ricordo un libretto di preghiere, varie, che mi è stato regalato alla mia 1° Comunione da leggere durante la Messa. Intorno a me le persone leggevano i loro libricini di preghiere varie, recitavano il rosario oppure la maggiorparte si confessava. L'unico momento importante era la Comunione e la benedizione finale. La regola era che per prendere Messa era sufficiente arrivare per la predica... non sarà stato giusto ma così era e non credo di esagerare.

    L' Eucaristia come l'ho scoperta dopo il Concilio è stato una meraviglia. Le letture, il salmo responsoriale, le esortazioni: "in alto i cuori", tutto ha d'improvviso preso significato.

    Quando poi ho iniziato il cammino di riscoperta del mio battesimo (cammino neocatecumenale) all'interno della Chiesa Madre e Maestra, ho scoperto e sperimentato una S. Messa di Comunione con Dio Padre, il Figlio e lo Spirito Santo con l'assemblea che rappresenta la Chiesa universale. Con dei canti che sono Parola di Dio, che tutti possono cantare per aumentare la comuniore dell'assemblea. Io non capisco perche Lei disprezzi i frutti del Concilio, non capisco dove sia il problema, ha nostalgia del gregoriano? credo sia una visione riduttiva rispetto al problema attuale che vive la Chiesa. Le S. Messe lasciate deserte oppure frequentate solo da persone anziane. Quando al mio paese, diocesi di Venezia, ci sono liturgie dove l'età delle persone presenti è dai 50 anni in su, pochi 40enni, sotto i 40 sono rari.

    Non credo che il canto gregoriano o il latino cambino la situazione presente. Sicuramente in un'assemblea di iniziati il canto gregoriano ed il latino possono aumentare il raccoglimento ed il piacere della liturgia, ma solo a una piccola parte di eletti, e i lontani?? possono restare esclusi??

    Come vede sono una fedele lettrice del vostro blog, saluti

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  2. Innanzitutto grazie del commento e della fedeltà. In secondo luogo, non ho mai detto o scritto che disprezzo i frutti del Concilio (si tratta, però, di capire che cosa si intende per "frutti del Concilio"). Anzi: ho detto, citando il papa nel suo motu proprio, che la Messa nel nuovo rito ci aiuta a capire la Messa nell'antico rito, come, d'altra parte, traspare nella prima parte del suo intervento, quando dice: "tutto ha d'improvviso preso significato".

    Tuttavia, come il nuovo ci aiuta a capire l'antico, certamente l'antico ci aiuta a recuperare il nuovo. Il senso di profondo rispetto e adorazione, sottomissione e affidamento a Nostro Signore sono cose che nelle Messe di oggi non si trovano più, non per colpa della forma, bensì del modo con cui noi le viviamo. Il doveroso silenzio, come segno della nostra disposizione d'animo, da tenere prima, durante e dopo la Santa Messa in chiesa è molto spesso soltanto un lontano ricordo; è innegabile che l'intervallo tra una Messa e l'altra, nelle nostre chiese, assomiglia più ad un mercato o una festa mondana che ad una chiesa. Il modo stesso di accostarci alla Santa Comunione rischia di diventare vittima della monotonia e della meccanicità che caratterizza la normale routine quotidiana. Sono cose superate, dannose, da non recuperare più? Assolutamente no; Gesù Cristo era Nostro Signore ieri, lo è oggi e lo sarà domani; a Lui, come diciamo durante la Messa, si deve onore e gloria; che possiamo renderGli, dunque, se Gli voltiamo le spalle per parlare (o urlare) col nostro amico, dopo la Messa?

    Nella seconda parte del suo commento mi pare di intuire quello che anche nell'articolo ho scritto, cioè una sorta di demonizzazione del gregoriano e del latino, quali elementi ormai superati, desueti, incompatibili con la società odierna; tant'è che mi chiede "ha nostalgia del gregoriano"? Intanto non si tratta di nostalgia; la "nostalgia" è il malinconico desiderio di rivivere cose cadute in disuso o comunque appartenenti al passato. Il gregoriano ed il latino, al contrario, sono vivi e vegeti; lo dice proprio il Concilio (veda citazione nell'articolo). Quindi, se intendiamo come frutti del Concilio il "superamento" di latino e gregoriano, non ci siamo proprio. In questo caso io non solo non disprezzo, ma amo e venero i frutti del Concilio.

    Continua...

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  3. Poi lei parla del latino/gregoriano come elementi per iniziati: possono servire, per qualcuno, ma non bisogna preferirlo agli altri canti. Non c'è cosa più lontana di questa dalla liturgia post-conciliare; addirittura nel Messale Romano di Paolo VI, che come saprà viene dopo il Concilio, negli anni '70, troviamo scritto che al gregoriano "si riservi il posto principale". Lo stesso Paolo VI curò la riedizione dei libri di canto gregoriano per fare in modo che fosse più semplice per il popolo impararlo. Ma oggi, bisogna che gliene dia atto, il popolo non lo sa; questo significa che dobbiamo abbandonarlo? Per esempio, se un domani (e la tendenza sembra essere proprio questa) i nostri ragazzi non sapranno più la matematica, dovremmo smettere di insegnarla? Ovviamente no; hanno sbagliato e continuano a sbagliare, disprezzando evidentemente i frutti del Concilio, coloro che ritengono di non dover insegnare il gregoriano ed il latino ai fedeli, di anteporre ai canti gregoriani altri canti perché più "al passo coi tempi".
    Cantare il gregoriano nella Messa, poi, significa escludere qualcuno? Anche questo è presto smentito; proprio oggi la sala stampa vaticana ha pubblicato il messaggio del Papa in occasione del centenario del Pontificio Istituto di Musica Sacra (voluto da san Pio X). Penso che domani gli dedicherò un articolo a sè, ma intanto le anticipo questa frase:
    "A volte, infatti, tali elementi, che si ritrovano nella Sacrosanctum Concilium, quali, appunto, il valore del grande patrimonio ecclesiale della musica sacra o l’universalità che è caratteristica del canto gregoriano, sono stati ritenuti espressione di una concezione rispondente ad un passato da superare e da trascurare, perché limitativo della libertà e della creatività del singolo e delle comunità. Ma dobbiamo sempre chiederci nuovamente: chi è l’autentico soggetto della Liturgia? La risposta è semplice: la Chiesa. Non è il singolo o il gruppo che celebra la Liturgia, ma essa è primariamente azione di Dio attraverso la Chiesa, che ha la sua storia, la sua ricca tradizione e la sua creatività".
    Qui le viene anche un'altra risposta importantissima: quando partecipiamo e assistiamo alla Santa Messa, partecipiamo e assistiamo principalmente insieme a tutta la Chiesa, non con il singolo gruppo. E' dunque importante, come dice il papa, il carattere di universalità che ha il canto gregoriano (e solo lui); esso appiana le divisioni e le divergenze, a differenza di molti altri canti che invece le differenze le sottolineano. Infatti da alcuni canti si riconosce il gruppo, lei che è neocatecumenale lo saprà meglio di me; cosa dice il papa oggi? Che nell'offerta della Santa Messa non deve trasparire l'azione di quel gruppo, ma della Chiesa intera; creare differenze non va bene.

    Infine; mi sembra di leggere questo, tra le righe che ha scritto: cioè che, in fin dei conti, quello della musica sacra sarà, sì, un problema, ma comunque un problema minore. Non è così; la musica sacra, come la definisce anche il papa nel messaggio al PIMS, è "parte integrante della liturgia"; e la liturgia, come la definisce il Concilio, è "Culmine e fonte" della vita cristiana. D'altra parte il Papa lo ha ribadito anche a Venezia, lo scorso 8 maggio; "La nostra vita spirituale dipende essenzialmente dall’Eucaristia. Senza di essa la fede e la speranza si spengono, la carità si raffredda. Vi esorto pertanto a curare sempre più la qualità delle celebrazioni eucaristiche, specialmente di quelle domenicali, affinché il Giorno del Signore sia vissuto pienamente e illumini le vicende e le attività di tutti i giorni".

    Con questo concludo (mi sa che sono stato un po' lunghino); la ringrazio ancora e la invito a continuare a leggere il blog e ad intervenire, eventualmente. Il costruttivo scambio di opinioni ci aiuta sempre.

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  4. certo io non posso fare nessuna dotta citazione, posso solo dire la mia esperienza. E la mia esperienza è questa il Concilio ha avvicinato la Santa Chiesa a me e a tante altre persone. Mi ha fatto fare esperienza di una Chiesa viva, dove la Parola di Dio parla e trasforma la mia vita di Eucaristia in Eucaristia. Io sono convinta di non far parte di un "gruppo" ma della Chiesa Cattolica. Mi appassiona il discorso del canto gregoriano perchè mio zio ha cantato per tutta la sua vita nel coro parrocchiale e a casa canticchiava questi canti. Il ricordo poi che ho io è questo: Avevo 10 anni al funerale di mio nonno e mi ricordo in cimitero quale meraviglia quando all'improvviso il coro ha intonato il "Dies irae" (non sono sicura si scriva così perdoni il mio eventuale errore)sono rimasta affascinata... ma è passato molto tempo e penso alle nuove generazioni che hanno perso il gusto di venire in chiesa e credo (?)che un approccio più immediato possa toccare il loro cuore...ma anche questo è nelle mani di Dio, vero?
    Buona serata

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  5. Vorrei che fosse chiara una cosa: non ho nulla contro il Concilio, né ho mai detto che il Concilio abbia tolto qualcosa alla Chiesa. Il Concilio ha avvicinato la Santa Chiesa a tante persone, è quello che si prefiggeva di fare ed è quello che, tutti speriamo, continui a fare da qui in futuro. Spero dunque che dalle mie risposte non si legga un denigramento del Concilio, né della Messa nella forma ordinaria, perché non è nelle mie intenzioni.

    Quello che volevo dire è che non tutto ciò che si attribuisce al Concilio è opera del Concilio. Quello che si tende a fare oggi, in alcuni casi, è giustificare ogni esperimento liturgico, ogni esercizio di creatività nella Santa Messa, dicendo che questo è stato permesso e/o voluto dal Concilio. Invece non è così: lo dice anche il cardinale Burke (scusi le citazioni, ma le uso per parlare con le parole di chi ne sa certamente più di me): "Dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II, ma NON PER RAGIONE DEL CONCILIO, il modo della riforma del rito della Messa ha abbastanza oscurato l'azione divina nella Santa Messa unendo cielo e terra e ha indotto alcuni nell'errore che la Santa Liturgia è una nostra attività, che, in qualche senso, noi abbiamo inventato e con la quale, allora, noi possiamo sperimentare. La verità della sacra liturgia è ben diversa".
    Cioè è talvolta invalsa l'idea che, nella Santa Messa, noi, donne e uomini, dobbiamo fare, inventarci qualcosa per attirare i disaffezionati. Con ciò, però, si corre il rischio di adulterare l'essenza della Santa Messa a cui vorremmo avvicinare tali persone. Per essere concreto: non è con la batteria e i bonghi in chiesa che attirerò i giovani alla Santa Messa; li attirerò forse a un concerto rock o a una scampagnata, anche se fatta all'interno delle mura di una chiesa. Essi si avvicineranno ai bonghi e al concerto rock, ma quando questi non ci saranno più, o quando si accorgeranno che si suonano in maniera molto più disinvolta e libertina da altre parti, questi in chiesa non ci verranno più. In poche parole pensavo di attirarli alla Santa Messa, ma ho messo la Messa stessa in secondo piano.

    Continua...

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  6. I canti nelle lingue nazionali non sono affatto da evitare, non ho mai detto questo; anzi, ne esistono anche di molto belli e suggestivi. Sono, invece, da evitare assolutamente canti, o meglio canzoni, che poco o nulla hanno a che fare con la chiesa e con la funzione liturgica; e la dignità o meno di un canto non la si vede solo dal testo, altrimenti parleremmo di preghiera o poesia, non di "canto". Il canto comprende, intimamente legati tra loro, testo e musica: l'uno e l'altro devono essere contemporaneamente adatti alla chiesa e alla liturgia.
    Per esempio: se prendessi il brano evangelico delle Beatitudini e le canzonassi sopra il motivo di "Vita spericolata", il fatto che il testo sia biblico non rende il canto, nel suo complesso, degno del luogo e della funzione sacri. In questo caso, paradossale ma nemmeno tanto, è chiaro che la musica finisce per danneggiare e addirittura offendere il testo biblico, cosicché l'insieme di musica e testo non sono affatto conformi a far parte della liturgia. Purtroppo, potrà darmi ragione su questo, molti canti che si cantano oggi nelle nostre chiese (soprattutto in Italia) finiscono per essere come questo esempio. E la stessa cosa vale per gli strumenti musicali.

    Qui entra in gioco il canto gregoriano. Come si fa a capire quando la musica di un canto è adatta? Abbiamo dei criteri oggettivi, che ci dovrebbero far capire quando un componimento è vera arte oppure no; poiché, però, oggi ci troviamo in una società fortemente relativista, e non esiste più un criterio oggettivo di bellezza (così finisce che ciò che è bello per me può non esserlo per lei e viceversa, oppure che è tutto bello alla stessa maniera), ci aiuta ancora una volta il Magistero della Chiesa. Un criterio semplice ed efficace ci è dato da due papi, uno santo, Pio X, e l'altro beato, Giovanni Paolo II, che dicono all'unisono: "Tanto una composizione per chiesa è più sacra e liturgica, quanto più nell'andamento, nella ispirazione e nel sapore si accosta alla melodia gregoriana, e tanto meno è degna del tempio, quanto più da quel supremo modello si riconosce difforme".

    Quindi è giusto lavorare con ogni sensibilità per avvicinare ai Sacri Misteri (e non avvicinare "i" Sacri Misteri) coloro che non li conoscono; questo, però non significa sminuirli per renderli più appetibili al pubblico (come in una sorta di ragionamento consumistico: "faccio quello che mi chiede il cliente"), ma educare i fedeli a riconoscere la vera bellezza e la vera arte a servizio della liturgia. In questo il canto gregoriano è il faro da seguire: esso è povero, casto e obbediente al testo biblico. Ad esso devono ispirarsi gli altri generi musicali sacri, a partire dalla polifonia per finire con quelli popolari e in lingua vernacolare, secondo la gerarchia data loro dal Concilio stesso (SC 116).

    Una buona serata anche a lei, e grazie ancora per l'opportunità di questo confronto costruttivo.

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  7. Salve signora Aliza volevo spezzare una lancia a favore del redattore di questo blog.
    Io sono un ragazzo di 15 anni, capo chierichetti e presente, se possibile, alla SS. messa domenicale, io non sono daccordo su quello che ha scritto lei:"...ma è passato molto tempo e penso alle nuove generazioni che hanno perso il gusto di venire in chiesa..." a mio modesto parere questa affermazione sembra un pò campata per aria, nella mia parrochhia"S.Stefano di Caorle" ce molta gente, anche dai 40anni in giù che partecipa vivamente e con partecipazione attiva alla messa delle 10:45(questa è la messa dove alcuni canti sono ancora in gregoriano e in latino). Penso, al contrario, che questi canti riescono a rendere la solennità della messa, e riescono allo stesso tempo a far immergere completamente una persona nel pensiero che quello a cui stanno assistendo è proprio il fatto che quel pezzo di pane e quel calice di vino, nel momento della comunione diventano realmente Corpo e Sangue di Gesù Cristo nostro Signore, come me, tanti della mia età, chierichetti anche loro, la pensano allo stesso modo, a mio parere la persona che ha pubblicato l'articolo no penso avesse intenzione di disprezzare i frutti del Concilio!!! Questo lo posso dire perchè lo conosco e so di che persona stiamo parlando.
    Comunque volevo aggiungere un'ultima cosa: penso che se i giovani di oggi non vengono più a messa è solamente colpa vostra(non intendo ovviamente incolparla), penso che gli adulti, ovvero mass media giornali, e tante altre persone infangano e continuano ad infangare il nome della chiesa, facendo di tutta l'erba un fascio, cosa assai sbagliata....questo ,nella mente di un adolescente che come sappiamo passa la maggior parte del suo tempo davanti alla televisione,provoca un disprezzo che si può definire naturale di fronte alla chiesa.
    se si cominciasse a regolare le notizie che fuoriescono da quella scatola forse i giovani tornerebbero a messa!!!
    Le auguro una buona serata.

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  8. Grazie anche a Matteo per il commento.
    Volevo solo aggiungere, in riferimento alla seconda parte: non credo che la colpa sia della televisione, internet o dei media in se stessi; in fin dei conti io credo che ci debba essere libertà di pensiero. Il vero problema che riguarda i mass media è che oggi si confonde la libertà di pensiero col diritto (inesistente) di dire ciò che si vuole, anche la menzogna, pur di sostenere la propria tesi. Quello che deve essere vietato è dire menzogne in tv o su internet; ma quando si chiede di vietare la menzogna alcuni rispondono dicendo che si vuole limitare la libertà di pensiero o espressione. L'esempio emblematico di questo comportamento, per rimanere nell'ambito della Chiesa, è la foto del giovane don Joseph Ratzinger, col braccio teso, mentre faceva il saluto nazista. Oggi sappiamo che, da quella foto, era stato tagliato il braccio sinistro, anche quello teso, e la visione d'insieme non era un saluto nazista, ma un prete nell'atto di benedire con l'imposizione delle mani. Cosa ha spinto l'autore di questo falso a divulgarlo? A quale scopo? La menzogna è diventata verità "a furor di popolo"; ma la smentita non ha avuto l'eco della "notizia" originale. Non faceva notizia dire che quello non era un saluto nazista. Questo è il problema dei mass media; l'altro grosso sono gli stessi giovani, ma anche adulti, che spesso credono di giudicare con la propria testa, e invece si bevono quello che dice la testata giornalistica reputata "veritiera" senza andare a fare ulteriori verifiche (e la verifica, in certi casi, sarebbe molto semplice, basterebbe chiedere al parroco o leggere il Catechismo).

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