Alla luce delle suggestive celebrazioni del papa in visita ad Aquileia e Venezia, specialmente noi, popolo del Nordest, abbiamo la possibilità di leggere queste importanti righe da un particolare punto di vista. Una prima affermazione importante, già presente nel motu proprio e ribadita anche all'inizio dell'istruzione, è la seguente:
«I testi del Messale Romano di Papa Paolo VI e di quello risalente all’ultima edizione di Papa Giovanni XXIII, sono due forme della Liturgia Romana, definite rispettivamente ordinaria e extraordinaria: si tratta di due usi dell’unico Rito Romano, che si pongono l’uno accanto all’altro. L’una e l’altra forma sono espressione della stessa lex orandi della Chiesa. Per il suo uso venerabile e antico, la forma extraordinaria deve essere conservata con il debito onore».
(§ 6)
Di fronte ad uno scenario come questo risuonano pesantemente le parole che il nostro Santo Padre ci ha rivolti nella Basilica Cattedrale di san Marco:
«La nostra vita spirituale dipende essenzialmente dall’Eucaristia. Senza di essa la fede e la speranza si spengono, la carità si raffredda. Vi esorto pertanto a curare sempre più la qualità delle celebrazioni eucaristiche, specialmente di quelle domenicali, affinché il Giorno del Signore sia vissuto pienamente e illumini le vicende e le attività di tutti i giorni».
A questo scopo ecco il proponimento del pontefice nell'emanazione del motu proprio prima e di questa Istruzione poi: le due forme del rito romano, quella ordinaria e quella extraordinaria, "possono arricchirsi a vicenda", come diceva nella lettera inviata ai vescovi nel 2007. Il papa non ha pensato di tornare a promuovere la liturgia antica soltanto a vantaggio di coloro che non vogliono celebrare in alcun altro rito che quello antico; egli ha pensato ad un rilancio della celebrazione della Santa Messa nella venerabile forma extraordinaria anche e soprattutto per la totalità dei fedeli, perché frequentando l'una e l'altra forma essi possano recuperare il senso del sacro, la venerazione nei confronti della Santissima Eucarestia, la bellezza della lingua e del canto sacro nella liturgia riformata, il significato dell'espressione "partecipazione alla Santa Messa", che non si riduce ad un semplice ripetere con la propria bocca le parole o i canti. Non solo; ma noi oggi, con l'alfabetizzazione che abbiamo (nemmeno da porre in confronto con quella di 50 anni fa, quando vi era solo il rito tridentino) e grazie anche alla Messa nella forma ordinaria, che ci ha dato modo di familiarizzare nella lingua volgare con le parti dell'ordinario della Messa, abbiamo la possibilità straordinaria di accostarci alla Messa antica in maniera molto più efficace di quanto facevano i nostri antenati. Quindi chi obietta che "la Messa in latino è sbagliata perché non si capisce niente", come si sentiva anche domenica scorsa al parco san Giuliano credo abbia sbagliato in partenza; se è vero che si fa più fatica a capire, forse, quello che dice il prete o canta la schola (ma fare più fatica non vuol dire che non ci si possa riuscire), d'altra parte ciò ci aiuta ad accostarci meglio (anche con la fatica dell'intelletto, che spesso vorremmo fare a meno di usare) a Gesù Cristo, giacché la piena comprensione del mistero della Santa Messa, credo, nessuno abbia la pretesa di raggiungerla, sia in italiano che in latino.D'altra parte nessuno è autorizzato a considerare questo atto magisteriale del papa e della Chiesa come una vittoria dal semplice gusto politico, quasi ad usare la Santa Messa come arma per la lotta ideologica fra le due fazioni pro e contro la Messa in latino; infatti, leggiamo nella stessa istruzione:
«I fedeli che chiedono la celebrazione della forma extraordinaria non devono in alcun modo sostenere o appartenere a gruppi che si manifestano contrari alla validità o legittimità della Santa Messa o dei Sacramenti celebrati nella forma ordinaria e/o al Romano Pontefice come Pastore Supremo della Chiesa universale».
(§ 19)
Ringraziamo il Signore ed il nostro Santo Padre, che in nome Suo pasce le pecore del popolo di Dio; preghiamo perché i vescovi e i nostri pastori siano conformi alle sue decisioni, e non vi si oppongano, magari in nome di qualche ideologia che, soltanto per ragioni cronologiche, oggi viene spesso identificata con il fantomatico spirito del concilio.
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