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lunedì 16 maggio 2011

L'Istruzione Universae Ecclesiae

Torno a scrivere dopo una settimana un po' turbolenta, per diversi motivi, tra i quali il blocco della piattaforma blogger su cui questo blog si fonda. E non potevo non parlare di uno degli eventi in chiave liturgica più importante degli ultimi 50 anni di storia della Chiesa, ossia l'emanazione da parte della Pontificia Commissione Ecclesia Dei dell'Istruzione del papa Universae Ecclesiae (che significa "della Chiesa Universale") sulle misure di attuazione della precedente lettera motu proprio data Summorum Pontificum, datata 2007. Questa istruzione, dopo un periodo di circa tre anni dal motu proprio, fissa definitivamente le modalità, per i fedeli e soprattutto per i vescovi ed il clero, per la celebrazione della Santa Messa secondo la forma extraordinaria del rito romano. Cliccando su questo link potete leggere la traduzione in lingua italiana, pubblicata venerdì scorso sul bollettino quotidiano della Sala Stampa Vaticana, accompagnata da una nota redazionale.
Alla luce delle suggestive celebrazioni del papa in visita ad Aquileia e Venezia, specialmente noi, popolo del Nordest, abbiamo la possibilità di leggere queste importanti righe da un particolare punto di vista. Una prima affermazione importante, già presente nel motu proprio e ribadita anche all'inizio dell'istruzione, è la seguente:

«I testi del Messale Romano di Papa Paolo VI e di quello risalente all’ultima edizione di Papa Giovanni XXIII, sono due forme della Liturgia Romana, definite rispettivamente ordinaria e extraordinaria: si tratta di due usi dell’unico Rito Romano, che si pongono l’uno accanto all’altro. L’una e l’altra forma sono espressione della stessa lex orandi della Chiesa. Per il suo uso venerabile e antico, la forma extraordinaria deve essere conservata con il debito onore».
(§ 6)

Dunque non due Messe diverse, nemmeno una più valida dell'altra; entrambe le forme, vale a dire quella alla quale assistiamo tutte le domeniche nella maggior parte delle nostre chiese e quella nel rito cosiddetto "tridentino", sono la stessa Messa. Questa affermazione sembrerebbe quantomeno fantasiosa; chiunque abbia assistito ad una Messa tridentina o sappia per lo meno di cosa si sta parlando, e la confrontasse con quella che, nella maggior parte dei casi, frequenta nella propria parrocchia, a tutto potrebbe pensare tranne che si parli della stessa cosa. Forse risulterebbero meno differenti se il modo di celebrare la Messa nella forma ordinaria fosse più rispettoso delle rubriche che fin dal Concilio Vaticano II la Chiesa ha sempre emanato. Ritornano, allora, alla mente tutte le frasi, abbondantemente già citate, delle costituzioni conciliari e, talvolta, anche dall'introduzione al Messale di Paolo VI, dopo la riforma liturgica; e ritorna alla mente anche la Solenne Messa celebrata da papa Benedetto XVI al parco san Giuliano. In effetti la Santa Messa "riformata", come è anche chiamata la forma del rito ordinario, post-conciliare, al giorno d'oggi è fatta teatro dei più fantasiosi esperimenti liturgico-cinematografico-musicali. Non possiamo negare che, con l'alibi di "stare al passo con i tempi", o di attirare i giovani alla Santa Messa, ché altrimenti non ci verrebbero più (come se oggi le nostre chiese traboccassero di giovani, specialmente cresimati), la Messa si è trasformata piuttosto in una commedia teatrale, in un palco da concerti rock o in una sala da film. Il carattere del sacro sembra talvolta essere completamente scomparso dalla Santa Messa e dai luoghi di culto in generale; con la pretesa di interpretare il desiderio di Nostro Signore, che gradirebbe il culto in ogni forma lo si voglia a Lui rivolgere, specialmente se il più difforme possibile dalle rubriche liturgiche, si è finito per ridurre il Supremo Sacrificio del Signore sull'altare ad un banale incontro tra amici che si ritrovano la domenica.
Di fronte ad uno scenario come questo risuonano pesantemente le parole che il nostro Santo Padre ci ha rivolti nella Basilica Cattedrale di san Marco:

«La nostra vita spirituale dipende essenzialmente dall’Eucaristia. Senza di essa la fede e la speranza si spengono, la carità si raffredda. Vi esorto pertanto a curare sempre più la qualità delle celebrazioni eucaristiche, specialmente di quelle domenicali, affinché il Giorno del Signore sia vissuto pienamente e illumini le vicende e le attività di tutti i giorni».

A questo scopo ecco il proponimento del pontefice nell'emanazione del motu proprio prima e di questa Istruzione poi: le due forme del rito romano, quella ordinaria e quella extraordinaria, "possono arricchirsi a vicenda", come diceva nella lettera inviata ai vescovi nel 2007. Il papa non ha pensato di tornare a promuovere la liturgia antica soltanto a vantaggio di coloro che non vogliono celebrare in alcun altro rito che quello antico; egli ha pensato ad un rilancio della celebrazione della Santa Messa nella venerabile forma extraordinaria anche e soprattutto per la totalità dei fedeli, perché frequentando l'una e l'altra forma essi possano recuperare il senso del sacro, la venerazione nei confronti della Santissima Eucarestia, la bellezza della lingua e del canto sacro nella liturgia riformata, il significato dell'espressione "partecipazione alla Santa Messa", che non si riduce ad un semplice ripetere con la propria bocca le parole o i canti. Non solo; ma noi oggi, con l'alfabetizzazione che abbiamo (nemmeno da porre in confronto con quella di 50 anni fa, quando vi era solo il rito tridentino) e grazie anche alla Messa nella forma ordinaria, che ci ha dato modo di familiarizzare nella lingua volgare con le parti dell'ordinario della Messa, abbiamo la possibilità straordinaria di accostarci alla Messa antica in maniera molto più efficace di quanto facevano i nostri antenati. Quindi chi obietta che "la Messa in latino è sbagliata perché non si capisce niente", come si sentiva anche domenica scorsa al parco san Giuliano credo abbia sbagliato in partenza; se è vero che si fa più fatica a capire, forse, quello che dice il prete o canta la schola (ma fare più fatica non vuol dire che non ci si possa riuscire), d'altra parte ciò ci aiuta ad accostarci meglio (anche con la fatica dell'intelletto, che spesso vorremmo fare a meno di usare) a Gesù Cristo, giacché la piena comprensione del mistero della Santa Messa, credo, nessuno abbia la pretesa di raggiungerla, sia in italiano che in latino.
D'altra parte nessuno è autorizzato a considerare questo atto magisteriale del papa e della Chiesa come una vittoria dal semplice gusto politico, quasi ad usare la Santa Messa come arma per la lotta ideologica fra le due fazioni pro e contro la Messa in latino; infatti, leggiamo nella stessa istruzione:

«I fedeli che chiedono la celebrazione della forma extraordinaria non devono in alcun modo sostenere o appartenere a gruppi che si manifestano contrari alla validità o legittimità della Santa Messa o dei Sacramenti celebrati nella forma ordinaria e/o al Romano Pontefice come Pastore Supremo della Chiesa universale».
(§ 19)

Chi ama il latino e la liturgia antica in generale per la Santa Messa non lo fa (e non lo deve fare) per astruse convinzioni personali (che nel caso di alcuni gruppi sfociano in aperte eresie); prima di tutto deve esserci l'amore, nostro nei confronti del Signore, che ha scelto la Santa Messa per tornare da noi col suo Corpo ed il suo Sangue, e Suo nei nostri confronti, poiché ci rende partecipi di questi misteri, così lontani dal nostro mondo e dal nostro modo di pensare. Proprio per questi motivi non dobbiamo cadere nella tentazione di credere che, rendendo la liturgia più vicina a quello che ci fa comodo, come un comizio, una commedia od un concerto rock, essa ci faccia più degnamente accostare al nostro Salvatore, e invece arricchendola col tesoro del canto gregoriano o polifonico e della lingua latina, sia essa, e non noi stessi, ad allontanarci da Lui.
Ringraziamo il Signore ed il nostro Santo Padre, che in nome Suo pasce le pecore del popolo di Dio; preghiamo perché i vescovi e i nostri pastori siano conformi alle sue decisioni, e non vi si oppongano, magari in nome di qualche ideologia che, soltanto per ragioni cronologiche, oggi viene spesso identificata con il fantomatico spirito del concilio.

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