Sono scritti entrambi nell'ottavo degli otto toni gregoriani; la scelta non è casuale, se pensiamo che molti autori del passato sono concordi nell'attribuire a questo modo un'aura di perfezione e di allegrezza. L'VIII, insieme al VII, è il modo gregoriano maggiormente scelto nei componimenti che cantano la Risurrezione del Signore; nei Vespri di Pasqua del rito pre-conciliare ben tre delle cinque antifone della salmodia (antifone che, nella nostra parrocchia, cantiamo anche oggi nei vespri dell'Ottava di Pasqua) sono scritte nel tono ottavo; e ricordano l'antifona In Paradisum, che viene cantata dopo il commiato nel rito delle esequie. La ricchezza del canto gregoriano è anche questa: lontano da componimenti estemporanei che spesso banalizzano le liturgie nelle nostre chiese, esso collega, in questa semplice e nobile maniera, la morte dei fedeli alla Pasqua di Cristo, per sottolineare, nella mente di chi assiste a queste liturgie e ascolta il canto, che la Fede nel Signore Gesù Cristo ci consente, per suo volere, di risorgere insieme a Lui. Per questo motivo è importante che nelle nostre parrocchie si torni a cantare il gregoriano; è infatti l'esempio di come testo e musica liturgici, intimamente uniti e inseparabili, siano parte integrante della liturgia e non un semplice orpello. Il canto gregoriano non nasce per piacere agli uomini, come invece succede per la stragrande maggioranza dei canti che si cantano oggi nelle parrocchie; nasce prima di tutto per trascinare gli animi lontano dal mondo, verso Dio. Se l'uomo vi si approccia con pietà ed umiltà lo apprezzera come il più bello e irraggiungibile dei canti liturgici che si possano eseguire in chiesa.
Di seguito il testo e la traduzione dell'inno: quindi una versione cantata dell'inno Ad coenam Agni providi ed un'improvvisazione organistica sul tema dell'inno Ad regias Agni dapes.
Ad regias Agni dapes, Stolis amicti candidis, Post transitum maris Rubri, Christo canamus Principi. Divina cuius caritas Sacrum propinat sanguinem, Almique membra corporis Amor sacerdos immolat. Sparsum cruorem postibus Vastator horret Angelus: Fugitque divisum mare, Merguntur hostes fluctibus. Iam Pascha nostrum Christus est, Paschalis idem victima: Et pura puris mentibus Sinceritatis azyma. O vera caeli victima, Subiecta cui sunt tartara, Soluta mortis vincula, Recepta vitæ praemia. Victor subactis inferis, Trophaea Christus explicat, Caeloque aperto, subditum Regem tenebrarum trahit. Ut sis perenne mentibus Paschale Iesu gaudium, A morte dira criminum Vitæ renatos libera. Deo Patri sit gloria, Et Filio, qui a mortuis Surrexit, ac Paraclito, In sempiterna saecula. Amen. | Al regale banchetto dell'Agnello, rivestiti di candide stole, dopo il passaggio del mar Rosso, intoniamo un cantico a Cristo Re. La Sua divina carità porge a bere il sacro Sangue; le membra del santo Corpo l’Amore Sacerdote immola. Il sangue sparso sulle porte fugge l'angelo devastatore; si ritira il mare diviso, i nemici sono sommersi dalle onde. Il nostro Agnello Pasquale è Cristo: insieme è Vittima pasquale e puro e sincero pane azzimo per le anime pure. O vera celeste vittima, per cui l'inferno è stato sottomesso, sciolti i lacci della morte, riconquistato il premio della vita. Vincitore, sottomesso l'inferno, i trofei Cristo dispiega; e, aperto il cielo, trascina il re delle tenebre. Perché Tu sia, alle anime, perenne - o Gesù - pasquale gaudio, dalla orrenda morte del peccato libera i rinati alla vita. Sia gloria a Dio Padre, e al Figlio, che dai morti risuscitò e al Paraclito per i secoli eterni. Amen |
Traduzione in italiano tratta dal sito messainlatino.it
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