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giovedì 19 maggio 2011

Il "gay-friendly" che discrimina i gay

Traggo spunto anche oggi dall'editoriale di Riccardo Cascioli, apparso su La Bussola Quotidiana, per parlare di un tema molto delicato e d'attualità; il titolo dell'editoriale di Cascioli è emblematico: «Chi discrimina chi?». Si tratta della questione che viene oggi chiamata omofobia, per indicare il presunto atteggiamento di intolleranza e di discriminazione, se non di vera e propria vessazione, che sarebbe riservato alle persone con tendenze omosessuali da parte della società di oggi; ma in modo abbastanza diretto, tale accusa è rivolta principalmente alla Chiesa cattolica e a coloro che operano nel sociale (politici, psicologi, pensatori) in sintonia con essa. La domanda che oggi dobbiamo porci è se le cose stanno effettivamente come si sente dire in giro; ovvero sia, la Chiesa discrimina veramente gli omosessuali? E' corretto dire che la Chiesa sia omofoba?
Per rispondere a questi interrogativi è necessario, a mio modo di vedere, capire quello che predica la dottrina cattolica sugli omosessuali; andiamo a leggere quello che scrive il Catechismo della Chiesa Cattolica:

2357 [...] Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che « gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati ». Sono contrari alla legge naturale. Precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati.

2358 [...] Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione.

Da queste righe penso sia per tutti sufficientemente chiara la posizione della Chiesa; si condanna l'atto omosessuale, in quanto intrinsecamente disordinato (e se ne spiegano i motivi) , ma nei confronti di chi presenta tendenze omosessuali si dice di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione (la consueta distinzione fra il peccato ed il peccatore). Forse bisognerebbe tacere sul disordine che certi atti comportano? Molto peggio sarebbe, secondo me, se la Chiesa, per un falso ideale di libertà nei confronti dei gay, tacesse su quello che pensa a proposito degli atti omosessuali. Per un falso rispetto della persona (che la società invece sembra approvare) si sarebbe costretti a mentire: credo che nessuno, nemmeno gli omosessuali stessi, voglia vivere in una società basata sulla menzogna reciproca.
Da dove ha origine questo falso rispetto, questo "politically correct" delle parole e del pensiero a cui oggi sembriamo tutti obbligati? A mio modo di vedere, ciò è dovuto al fatto che è diffusa in tutti un'idea di amore adulterata ancora dalla mentalità sessantottina, da un concetto errato e svuotato di libertà: il famoso "vivi e lascia vivere". Per rispettare la libertà di una persona, se la vedi farsi del male (volontariamente o meno) non puoi intervenire e dirglielo. Il solo fatto di esprimere un'opinione, negativa nella fattispecie, sul comportamento di una persona, per il bene di quella persona, viene bollato come intolleranza; e non si sta parlando di obbligare la gente a comportarsi in un certo modo, né tantomeno di odiare una persona perché si comporta in quella maniera: semplicemente della libertà di esprimere un'opinione negativa sull'atto.
Ma il problema di questa ideologia del "politically correct" è anche un altro; alla fine sono proprio coloro che intendono preservare l'uguaglianza a discriminare quelli che vorrebbero proteggere. Un esempio di tale paradosso è spiegato molto bene da Riccardo Cascioli nel suo editoriale di oggi. Egli parla della bocciatura, in Commissione Giustizia della Camera, del progetto di legge Concia sulle "norme per il contrasto dell’omofobia e transfobia", e racconta le reazioni da parte dell'associazionismo omosessuale (precisa che tali reazioni non provengono in primo luogo dagli omosessuali, ma dalle associazioni). Basta, d'altra parte, una piccola ricerca in rete: "Grave e irresponsabile bocciatura", "peggior destra integralista europea", "complici morali di tutti gli atti di violenza" (per limitarsi ad una sola associazione). Ma facciamo bene attenzione a quello che prevedeva questo progetto di legge; scrive Cascioli:

«Esso è composto di soli due articoli, che aggiungono altrettanti commi a due articoli del codice penale: in pratica, la punizione di un’offesa o una violenza è aggravata se la vittima è un omosessuale o transessuale, e le eventuali attenuanti vengono cancellate; inoltre per chi commette reati di questo genere, in caso di sospensione della pena è previsto un lavoro di pubblica utilità presso associazioni di gay In altre parole, chi si è opposto al progetto di legge non ha avallato norme che rendono le persone omosessuali più vulnerabili o meno protette, semplicemente ha valutato che – dal punto di vista di chi è vittima di violenze o offese - le persone omosessuali sono come quelle eterosessuali. Se le parole hanno un senso è chi vuole questa legge che intende introdurre una discriminazione a vantaggio delle persone omosessuali».

Un altro esempio di questa dilagante mentalità falsamente egualitaria, che ha toccato da vicino la comunità caorlotta, lo troviamo in questo articolo, dove si dà particolare enfasi al fatto che alcuni alberghi di Caorle avrebbero aperto al "turismo omosessuale". Ma, pensiamoci bene, perché parlare di "turismo omosessuale"? Perché distinguere il turismo di persone con tendenze omosessuali dal turismo della totalità della gente? Non è questo un modo di discriminare i gay? All'interno dell'articolo si prova a spiegare in cosa consisterebbe tale apertura:

«Abbracciarsi e baciarsi come fanno tutte le altre coppie eterosessuali. Bisogna rendersi conto che, per una coppia gay, anche prendersi per mano può diventare un problema se non ci si trova nel posto giusto. Il gestore del locale potrebbe anche infastidirsi se non è preparato alle nuove tendenze del turismo. Ma questo non accadrà a Caorle nelle strutture che hanno già scelto di seguire il "gay wave"».

In altre parole ama i gay chi consente loro di esibirsi in atteggiamenti poco giustificabili davanti a tutti, ad esempio famiglie con bambini. Ci sentiremmo davvero di bollare un albergatore come intollerante per aver detto a una coppia di tenersi certi atteggiamenti in privato anziché farlo davanti ai bambini? Anche qui non credo faccia differenza che la coppia sia omosessuale o eterosessuale. L'articolo, poi, si conclude così:

«Caorle è invece appare del tutto impreparata, almeno per questa stagione, per la realizzazione di hotel "gay only"».

Ed è qui svelato il paradosso: per far sentire gli omosessuali uguali a tutti gli altri l'auspicio è quello di realizzare strutture adatte ai soli gay (praticamente un ghetto).
In conclusione, credo che la vera discriminazione e la vera violenza sulle persone la facciano in primo luogo coloro che puntano non ad evitare (come è giusto e doveroso) la violenza e l'ingiustizia nei confronti degli omosessuali, ma a far passare il messaggio che in qualche modo "gay è meglio". E, voglio ribadirlo, non credo affatto che gli omosessuali in sè abbiano questo atteggiamento; sono piuttosto le associazioni, i movimenti, le unioni che vogliono creare questo clima di scontro. Come dice Riccardo Cascioli nel suo editoriale, «si assiste a una crescente aggressività dei movimenti gay – non delle persone omosessuali – nei confronti di chi non si adegua a questo pensiero politicamente corretto: è questo che dovrebbe allarmare prima di tutto».

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