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martedì 10 maggio 2011

La Messa a San Giuliano - Alcune considerazioni

Riprendo un articolo apparso ieri dal blog Cantuale antonianum, che esprime alcune considerazioni (che condivido in pieno) sull'allestimento e lo svolgimento della Santa Messa celebrata da papa Benedetto XVI al parco san Giuliano di Mestre domenica scorsa. Potete raggiungerlo cliccando sul titolo di seguito: Una basilica a cielo aperto: la messa del Papa a Mestre, un esempio per le future maxicelebrazioni papali.
Voglio solo citare alcuni passaggi importanti:

Il cosiddetto "palco papale" era un vero e proprio abside basilicale, con la riproduzione in gigantografia su tela di mosaici in stile bizantino veneziano. L'altare coperto dal ciborio, pilastri che inframezzavano l'enorme presbiterio e lo splendido e semplicissimo ambone che richiamava visivamente quello di San Marco. [...]
Niente biancume iconoclasta o peggio ancora palchi da concerto rock o manifestazione politica: i cerimonieri organizzatori veneti ci hanno finalmente una cattedrale virtuale, degna di una Messa papale, in puro stile Benedetto XVI.
Ma non c'è da lodare solo la scenografia: tutto è stato veramente lodevole. La posizione di vescovi e presbiteri attorno al Papa celebrante, il canto dei ministri (il diacono ha cantillato il vangelo in maniera splendida e significativa), il canto gregoriano, a cui si è voluto dare - ed è ben giusto - il posto d'onore, senza dimenticare il canto assembleare (senza stravaganti novità, ma puntando sui canti più conosciuti). Ottimi e solenni i seminaristi ministranti, guidati - per quanto potevo vedere e sapere - dai precisi (ma discreti) cerimonieri di Padova, i proff. di liturgia Don Gianandrea Di Donna e padre Andrea Massarin, francescano, che ci hanno mostrato di saper unire le competenze teoriche (leggi qui) ad una sana pratica. Non è certo facile organizzare e gestire una celebrazione del genere, neanche sotto la supervisione esperta ed attenta del Maestro delle Celebrazioni pontificie Guido Marini.

Di seguito metto anche le foto, prese in prestito dal blog Sacrissolemniis. Vorrei aggiungere un mio commento. Direi che noi, fedeli del patriarcato di Venezia, nonché tutti i fedeli delle diocesi del Triveneto, dobbiamo essere orgogliosi di aver dato un tale splendore alla celebrazione della Santa Messa con il papa; in questo modo abbiamo tutti (o quasi tutti) avuto l'impressione, come ha detto lo stesso pontefice durante la sua omelia, di non assistere ad un evento mondano, ma alla visita di Nostro Signore nel Supremo Sacrificio dell'Eucaristia: «È significativo che il luogo prescelto per questa Liturgia sia il Parco di San Giuliano: uno spazio dove abitualmente non si celebrano riti religiosi, ma manifestazioni culturali e musicali. Oggi, questo spazio ospita Gesù risorto, realmente presente nella sua Parola, nell’assemblea del Popolo di Dio con i suoi Pastori e, in modo eminente, nel sacramento del suo Corpo e del suo Sangue».
Non è, infatti, da tutte le organizzazioni di questi grandi eventi dare un servizio così nobile ed allo stesso tempo semplice, come lo stesso Concilio Vaticano II ha raccomandato: «I riti splendano per nobile semplicità» (SC 36). La nobiltà era quella dell'arte, vera arte, patrimonio culturale di tutte le genti venete, richiamata nella riproduzione dei mosaici della nostra Basilica Cattedrale di San Marco; nobiltà (e questo è un vanto tutto caorlotto) erano anche i candelieri e la Croce d'altare, provenienti dal Tesoro del nostro Duomo. Semplicità sta nella scelta stessa di queste cose, e non nella ricerca affannosa e spesso inconcludente di chissà quali novità, con la simbologia ambigua tipica di certa "arte" moderna (che troppo spesso abbiamo visto e vediamo fare da cornice alle celebrazioni liturgiche), contraria a quanto lo stesso Concilio insegna: «[I riti] non abbiano bisogno, generalmente, di molte spiegazioni» (SC 36). Semplicità è anche quella di utilizzare gli immensi tesori di arte sacra che, specie nelle nostre terre, i nostri antenati ci hanno affidato, e non buttarli via, come spesso in questi anni si è fatto, magari spendendo (e questa volta sì sperperando) grandi patrimoni per comprare paramenti e suppellettili di dubbio gusto sia artistico che liturgico.
Nobiltà e semplicità li abbiamo potuti non solo vedere, ma anche udire, con la raffinata scelta dei canti, incentrata sul canto gregoriano. Qui non tutti possono dirsi d'accordo, e questo è certamente motivo di tristezza; ma vorrei ribadire ancora una volta che la celebrazione di domenica scorsa, anche nella musica sacra, seguiva il Concilio, che ci insegna: «La Chiesa riconosce il canto gregoriano come canto proprio della liturgia romana; perciò nelle azioni liturgiche, a parità di condizioni, gli si riservi il posto principale» (SC 116). Ed il posto principale ha avuto: con l'introito previsto per la liturgia del giorno, Iubilate Deo; il canto del Vidi aquam, che nel tempo di Pasqua sostituisce l'Asperges me al momento dell'aspersione con l'acqua benedetta, particolarmente raccomandata nelle domeniche del tempo di Pasqua; l'Ordinario della Messa, preso dalla Messa Prima Lux et origo (alternata alla polifonia della schola cantorum), indicata per il tempo pasquale nei libri preparati in seguito alla riforma liturgica e fortemente voluti dal Concilio e da papa Paolo VI; l'antifona di Comunione, Surrexit Dominus. Oltre al gregoriano abbiamo potuto gustare nuovamente la meravigliosa polifonia rinascimentale che per tanti anni nelle nostre chiese ha alimentato la fede dei nostri padri; ed anche il canto devozionale e popolare, con ritornelli semplici e molto diffusi (ma mai banali) come nei canti Cristo risusciti e Sei Tu, Signore, il Pane. Anche questo perfettamente in linea con quanto ci insegnano i padri conciliari: «Gli altri generi di musica sacra, e specialmente la polifonia, non si escludono affatto dalla celebrazione dei divini uffici, purché rispondano allo spirito dell'azione liturgica [...] Si promuova con impegno il canto religioso popolare in modo che nei pii e sacri esercizi, come pure nelle stesse azioni liturgiche, secondo le norme stabilite dalle rubriche, possano risuonare le voci dei fedeli» (SC 117-118). Nel libretto per la celebrazione, consegnato gratuitamente a tutti i fedeli, si potevano leggere i testi in latino affiancati dalle traduzioni in italiano, e accompagnati dalla notazione musicale quando alla schola si univa o intervallava l'assemblea.
Le critiche, che sentivo prima e durante la celebrazione, a questo modo di condurre il canto liturgico e la celebrazione mi hanno fatto sorgere immediatamente questa domanda: nelle nostre celebrazioni liturgiche siamo ancora in grado di ascoltare? Siamo capaci di fermarci e far posto per un momento a quello che il Signore ci vuole dire (anche e soprattutto per il fatto che il canto gregoriano trae la sua origine e si sviluppa su testi biblici e patristici)? Siamo disposti con umiltà a tacere per un momento al cospetto di Dio, a deporre la smania di voler fare per forza qualcosa di diverso dall'ascolto e dalla meditazione orante, e metterci devotemente alla sequela di Cristo come fanno i discepoli che ascoltano il maestro senza parlargli sempre sopra? Credo che in questa direzione debba andare l'educazione liturgica del popolo di Dio, direzione indicata ed ampiamente illustrata dal nostro Santo Padre Benedetto XVI, che in ogni celebrazione (specialmente in questa, vissuta da noi in prima persona) vuole insegnare il decoro e la dignità delle celebrazioni, dando indicazioni anche ai suoi cerimonieri in questo senso.
L'augurio che posso rivolgere a tutti coloro che hanno assistito dal vivo alla Santa Messa del parco san Giuliano, ed anche a coloro che l'hanno guardata alla televisione o sentita alla radio, è proprio questo: lasciare con umiltà che l'insegnamento del papa penetri nel profondo del nostro animo; preparare, con spirito di sottomissione, il proprio cuore a ricevere gli insegnamenti del Santo Padre. Solo così essi potranno rinnovare il nostro modo di vivere la liturgia divina, e potremmo dire sul serio che il Santo Padre ha confermato la nostra fede; solo così non faremo della Liturgia una serie di gesti e di azioni inventati dall'uomo e che finiscono solo sull'uomo, ma bensì che partono da Dio e a Dio ritornano.

 

5 commenti:

  1. Quanta violenza nei sacerdoti che parlano con la linguaccia delle pettegole sconfitte.

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  2. Potente in battaglia14 maggio 2011 alle ore 08:38

    Mi è piaciuta la messa anche se avrei preferito che ci fosse una maggiore partecipazione dell'assemblea. Poi la messa non la conosceva nessuno. Con i miei amici del Cammino Neocatecumenale abbiamo animato la S. Messa a modo nostro, e alcuni di noi hanno quasi raggiunto l'estasi. Amen, alleluja!

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  3. ciò ara ti sempre i neo catecumenali in meso.
    par mi venesian a messa xe stada beo e speremo che anca el nostro parroco la fassa cusì.
    Grazie al Signore

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  4. Assa star, no gera catecumenae queo che ga scritto sora, sè uno un fiantin matusso. Teo digo mi.

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  5. Potente in battaglia24 maggio 2011 alle ore 18:30

    mi chiedo come si può denigrare noi con così grande cattiveria. Va bene, me ne andrò a fare la danza e a battere le mani da un'altra parte, qui non c'è spazio per me.

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