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venerdì 18 marzo 2011

Inno gregoriano: "Audi benigne Conditor"

Siamo alle soglie della seconda domenica di Quaresima; vorrei proporvi, dunque, questo inno, "Audi benigne Conditor", che significa "Ascolta benigno Creatore"; si tratta dell'inno che viene recitato o cantato durante i vespri di tutti i giorni del tempo di Quaresima fino alla Domenica delle Palme, e che già domenica scorsa abbiamo cominciato a riproporre durante i vespri nel nostro Duomo. Il genere poetico-musicale dell'inno, nella liturgia, è l'unico rimasto praticamente intatto dopo la riforma attuata dal papa san Pio V durante il Concilio di Trento, con la quale furono aboliti, sia per gli ordini monastici che in quelli secolari, i tropi e le sequenze (di queste ultime ne sono sopravvissute solo cinque, che tutt'ora si dovrebbero cantare in tutte le chiese di rito romano in determinate ricorrenze liturgiche); al contrario, appunto, gli inni gregoriani si sono conservati, e la loro divulgazione (ve ne sono di particolari per il tempo di Avvento, di Natale, di Quaresima e di Pasqua, nonché per le varie solennità dell'anno liturgico) è stata così capillare nella Tradizione della Chiesa da renderli una sorta di segno di riconoscimento della particolare ricorrenza che in chiesa si celebra, facili da ricordare e difficili da dimenticare. Infatti nella nostra parrocchia inni come quello di Avvento o quello delle solennità mariane (l'Ave Maris Stella, che costituisce per la nostra parrocchia l'unico esempio sopravvissuto di melodia patriarchina) sono talmente conosciuti da non poter essere sostituiti con altre versioni (le quali causerebbero solo confusione nei fedeli). Ma, con mia non piccola sorpresa, anche inni che furono per molti anni abbandonati a causa del tumulto del periodo post-conciliare che viviamo in una certa misura ancora oggi (e che ha portato di fatto all'abolizione del latino e del gregoriano, contrariamente a quanto prescritto dal Concilio Vaticano II), non sono stati dimenticati; è il caso dell'inno quaresimale in questione, per cui è sufficiente rinfrescare la memoria per far sì che tutto il popolo si unisca col canto nelle parti che ad esso spettano. Ma non solo coloro che lo impararono ai tempi di mons. Felice Marchesan possono cantarlo facilmente; anche i "neofiti" del canto gregoriano si cimentano con gioia e profitto, data la semplicità della melodia e la forma poetico-musicale stessa dell'inno, che si ripete uguale ad ogni strofa. Ci si rende conto, dunque, che il canto gregoriano, per sua natura, si presta naturalmente ad arricchire la liturgia: esso è semplice, quasi che quella musica sia generata dal testo stesso (che è sempre biblico o di biblica ispirazione), e malgrado questa semplicità è ricco, non della ricchezza del mondo ma di chi accumula, come comanda Nostro Signore, i suoi tesori in Cielo; è anche casto, ossia non intaccato dalla mentalità del mondo, adatto alla sola liturgia e di essa parte integrante; ed è inoltre obbediente, poiché osserva i precetti che la Chiesa in duemila anni di storia ha raccomandato di seguire nella liturgia, e che derivano direttamente dal comando del Signore: "non moltiplicate discorsi superbi". Non a caso, infatti, in tutta la storia della Chiesa, prima e dopo il Concilio Tridentino e prima e dopo il Concilio Vaticano II, esso ci è additato come «il canto proprio della liturgia romana», quello a cui deve essere riservato il primo posto. Lasciamo dunque la parola e la voce al gregoriano, con l'inno "Audi benigne Conditor":

Audi, benigne Conditor,
Nostras preces cum fletibus,
In hoc sacro jejunio
Fusas quadragenario.

Scrutator alme cordium,
Infirma tu scis virium:
Ad te reversis exhibe
Remissionis gratiam.

Multum quidem peccavimus,
Sed parce confitentibus:
Ad nominis laudem tui,
Confer medelam languidis.

Concede nostrum conteri
Corpus per abstinentiam,
Culpae ut relinquant pabulum
Jejuna corda criminum.

Praesta beata Trinitas,
Concede simplex Unitas:
Ut fructuosa sint tuis
Jejuniorum munera. Amen.
Ascolta, benigno Creatore,
le nostre preghiere e le lacrime
in questo sacro digiuno
quaresimale effuse.

O benefico Scrutatore dei cuori
Tu conosci le infermità degli uomini:
concedi a chi a Te si converte
la grazia del perdono.

Di certo molto abbiamo peccato,
ma confidiamo parchi:
a lode del Tuo Nome
porta a noi ammalati la medicina.

Concedi che siano consumati i nostri
corpi dall'astinenza,
perché abbandonino il nutrimento
della colpa i cuori digiuni dei crimini.

Ascolta, o beata Trinità
concedi, o semplice Unità,
che i tuoi traggano i fruttuosi
doni dei digiuni. Amen.

Possiamo notare, grazie alla traduzione quasi letterale, la bellezza e la poesia del testo latino che cantiamo; è innegabile che molto spesso, nella traduzione in italiano, i contenuti si perdano, così come la poesia (come già detto altrove in questo blog); da qui, ancora una volta, vediamo non solo l'importanza, ma anche la necessità di cantare in latino (magari tenendo la traduzione sott'occhio le prime volte): infatti, se sappiamo di poter cantare una preghiera così profonda, perché dovremmo rivolgere al Signore della gloria e della misericordia un testo più banale e di inferiore bellezza?
Come al solito in questi contributi, possiamo ascoltare una versione gregoriana dell'inno e, di seguito, una versione polifonica (del compositore fiammingo Guillaume Dufay, vissuto a cavallo tra XIV e XV secolo): il Concilio Vaticano II, infatti, pone la polifonia subito dopo il gregoriano per dignità, sempre ammesso che essa si conformi al gregoriano come intenzioni e come arte (come dissero i papi Giovanni Paolo II e Pio X).


4 commenti:

  1. Sono molto affascinata dal canto gregoriano!
    Crea alla liturgia un'atmosfera AVVOLGENTE!

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  2. Grazie per il commento.
    Infatti il canto gregoriano viene definito dal Concilio Vaticano II come canto proprio della liturgia romana. E papa Paolo VI ha voluto, coerentemente con quanto richiesto dal Concilio stesso, che venissero composte delle edizioni tipiche con i canti gregoriani più semplici, ad uso del popolo. Una tale attenzione da parte della Chiesa non può essere giustificata se non per il fatto che nel canto gregoriano c'è qualcosa di irrinunciabile per il canto liturgico: il carattere sacro, che aiuta il fedele a pregare e rende maggiore gloria a Dio. E' questo che ha spinto san Pio X prima e papa Giovanni Paolo II poi a ribadire che una musica è tanto più degna di varcare le soglie della chiesa quanto più è vicina al canto gregoriano, e tanto più indegna quanto più se ne discosta. Io auspico che tutti i pastori della chiesa, dai vescovi ai parroci a qualsiasi prete, faccia di tutto per mettere in pratica quello che il Concilio ha raccomandato: Il canto gregoriano abbia il primo posto.

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  3. Certamente! Mi dispiace solo che nel Duomo di Caorle, alla Santa Messa celebrata alle 9.30, non ci sia il canto gregoriano.
    Come mamma, frequento la Santa Messa domenicale a quell'ora, per accompagnare i miei figli, dato che è dedicata ai fanciulli.
    Con rammarico però devo rinunciare a quell'AVVOLGENTE atmosfera tipica del canto gregoriano.
    Penso che anche i bambini sarebbero allietati nell'ascolto di musica vera che loda il Signore con le note e le parole che LUI adora!
    Chi meglio dei bambini può lodare in modo puro il Signore, partecipando all'ascolto di queste note meravigliose insieme ai loro genitori e al loro sacerdote che fa le veci di Gesù?

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  4. Dobbiamo pregare per questo. In effetti il Concilio Vaticano II ha detto che il gregoriano è il canto proprio della liturgia romana, ma non intendeva che ad esso va riservata una sola Messa. Tuttavia devo anche dire che a Caorle siamo immensamente fortunati che il gregoriano si sia conservato (alla Messa delle 10:45 e ai Vespri domenicali) malgrado gli stravolgimenti che, nel periodo postconciliare, hanno stravolto la liturgia contro i suggerimenti dello stesso Concilio. Al contrario di quello che si pensa, il gregoriano non esclude affatto i bambini, anzi: basti pensare ad alcuni chierichetti che ho avuto modo di vedere e sentire con le mie orecchie, quando hanno cominciato a vedere e sentire le liturgie arricchite dal gregoriano hanno detto "Non sapevo che fosse così bello!". Secondo me dovremmo avere più fiducia nell'intelligenza dei nostri bambini e ragazzi: se continuiamo a fargli sentire canti che possono andar bene per i bambini della scuola materna anche quando hanno 11, 12 anni in su penso sia naturale che, ad un certo punto, si stufino (non sono più bambini) e non vengano più in chiesa. Quindi continuiamo a pregare.
    Grazie ancora per la testimonianza!

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