Abbiamo in altre occasioni approfondito l'aspetto dell'uso della lingua latina nella liturgia, cercando di far capire il motivo di questa scelta. Oggi continuiamo in questo approfondimento, ma orientati verso la visita del papa ad Aquileia e Venezia. Nel sito internet dell'Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice, diretto dal Maestro delle celebrazioni, mons. Guido Marini, troviamo interessanti informazioni in merito.Innanzitutto c'è da dire questo: quando si parla di Messa in Latino si pensa a qualcosa che riguarda il passato, per diversi ordini di motivi: principalmente perché fino alla riforma liturgica la Santa Messa era celebrata solo in lingua latina. Tuttavia un conto è dire che il latino appartiene al passato, un conto è dire che è superato. La prima affermazione può essere in un certo senso condivisa: si legge nel sito dell'Ufficio delle Celebrazioni: «Il latino è senza dubbio la lingua più longeva della liturgia romana: la si utilizza infatti da più di sedici secoli, ossia da quando si perfezionò a Roma, sotto Papa Damaso († 384) il passaggio ad essa dal greco». Ciò non significa che, appartenendo al passato, non possa appartenere anche al presente e al futuro; continua infatti il testo: «I libri liturgici ufficiali del Rito Romano vengono pertanto a tutt’oggi pubblicati in latino (editio typica)». Al contrario, chi pensa che il latino sia una cosa superata, ritiene che esso non debba più essere parte della liturgia, in quanto il suo utilizzo sarebbe un anacronistico ritorno ad una realtà che, probabilmente, si ritiene negativa. Ritornano qui, nella questione dell'uso del latino nella liturgia, le due ermeneutiche della storia della Chiesa: da una parte la continuità (il latino è nato nel passato, ma vive e prolifica nel presente) e dall'altra la rottura (oggi sì che si sta bene, che abbiamo abolito questa noia del latino).
Come nel post dedicato alle ermeneutiche del Concilio, ci rendiamo conto che chi promuove la rottura in nome del Concilio lo fa, in realtà, a titolo esclusivamente personale, giacché il Concilio ha affermato cose ben diverse:
«L’uso della lingua latina, salvo diritti particolari, sia conservato nei riti latini.
Sacrosanctum Concilium, n.36»
«La Chiesa romana ha particolari obblighi verso il latino, la splendida lingua dell’antica Roma e deve manifestarli ogniqualvolta se ne presenti l’occasione»
Dominicae Cenae, n. 10
«Più in generale, chiedo che i futuri sacerdoti, fin dal tempo del seminario, siano preparati a comprendere e a celebrare la santa Messa in latino, nonché ad utilizzare testi latini e a eseguire il canto gregoriano; non si trascuri la possibilità che gli stessi fedeli siano educati a conoscere le più comuni preghiere in latino, come anche a cantare in gregoriano certe parti della liturgia.»
Sacramentum Caritatis, n.62
Quando, dunque, al parco san Giuliano sentiremo il papa celebrare in latino e saremo invitati a rispondere nell'ordinario della Messa con il gregoriano, penseremo a queste cose e, spero, potremmo essere lieti di seguire il papa in questo suo insegnamento.
Qui di seguito la pagina dell'Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice dedicata all'uso del latino nella liturgia:
L'uso della lingua latina.
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