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giovedì 13 gennaio 2011

Tesori d'arte sacra: la Pala d'oro

Iniziamo con questo post una serie di interventi dedicati a scoprire i tesori d'arte sacra conservati nelle chiese della nostra città, patrimonio che i nostri antenati hanno coltivato e incrementato con devozione e che spesso noi non conosciamo a sufficienza. L'inizio di questo itinerario artistico è la Pala d'oro, che campeggia ora sullo sfondo dell'abside centrale, sopra la sede del celebrante. Essa è costituita da sei formelle in argento cesellato e dorato, che la tradizione ci tramanda come dono della regina Caterina Cornaro, nobile veneziana andata in sposa al re di Cipro Giacomo II; Trino Bottani, famoso storico caorlotto vissuto a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, ci tramanda:

«Si pretende che la suindicata Regina abbia fatti alcuni regali alla nostra Cattedrale, cioè d'una antichissima Palla d'argento finamente lavorata con moltissime figure in essa incise, che si conserva all'altar maggiore.»
Trino Bottani, Saggio di Storia della città di Caorle, p. 185

Si ritiene infatti che l'arredo sacro possa essere stato donato alla comunità caorlotta in seguito all'approdo a Caorle della Regina a causa di una tempesta nel 1489, in segno di riconoscenza, e constestualmente sia stato realizzato l'affresco che ornava il catino dell'abside maggiore fino al XVII secolo, di cui oggi rimangono soltanto alcuni brandelli. Tuttavia lo storico Giovanni Musolino, nella sua "Storia di Caorle" (p. 194) nota che la specificità dei soggetti in essa rappresentati farebbero supporre che la Pala sia stata realizzata espressamente per la Cattedrale.
Le formelle (rappresentate nella figura sovrastante), disposte oggi orizzontalmente sullo stesso piano, erano originariamente disposte in maniera diversa: in un piano superiore si trovavano quelle che, secondo la disposizione attuale, sono la prima, la terza e l'ultima formella, e rappresentano rispettivamente l'Arcangelo Gabriele, il Cristo Pantocratore e la Vergine Orante; in quello inferiore si trovavano le altre figure di Santi, dall'attribuzione più incerta. L'opera era completata da una copertura lignea, come apprendiamo dagli atti della prima visita pastorale del vescovo Francesco Andrea Grassi (1701), sulla quale erano dipinte le figure della Santa Vergine in mezzo ai Santi Pietro e Paolo, andata dispersa alla fine del XVIII secolo.
L'attribuzione delle figure rappresentate nelle formelle (fatta eccezione per quelle dell'Arcangelo Gabriele e della Vergine Orante, che contengono delle iscrizioni in greco) ci deriva dagli atti della visita del vescovo Domenico Minio del 1691: l'attuale seconda formella raffigurerebbe san Daniele profeta (identificato dal cartiglio che porta nella mano sinistra), la quarta sarebbe santo Stefano Protomartire (identificato dalla dalmatica, veste dei diaconi) e la quinta san Giovanni Battista (anche se, a dire il vero, non si rintracciano elementi dell'iconografia tradizionale del Battista in questa figura). C'è però da dire che per queste formelle non si potrà mai avere una certezza definitiva, poiché prive di iscrizioni che ne individuino il soggetto, tanto che diversi esperti d'arte del passato (come testimonia il Musolino) non sono riusciti nell'attribuzione.
Ogni formella è contornata da una cornice, decorata dalle figure di altri Santi e Sante, delle quali l'identificazione è possibile soltanto per quelle dell'ultima formella (in quanto accompagnate da iscrizioni): si tratta delle sante Teodosia, Barbara, Tecla, Eufemia e Anastasia, Eudosia e Teodora, Caterina ed Eufrosine, Maria Maddalena e Pelagia; nella cornice superiore si osserva, inoltre, la figura di San Filippo apostolo. Attorno alla formella dell'Arcangelo Gabriele la cornice, molto rovinata dal tempo, mostra chiaramente la figura di San Giorgio, e accenna quelle di un angelo e di un santo giovinetto con nimbo.
La ricchezza nei particolari della prima e dell'ultima formella rispetto alle altre quattro avvalorano la tesi della differente fattura dell'opera: l'Arcangelo Gabriele e la Vergine Orante, infatti, seguono i dettami dello stile bizantino, e risalgono al XII secolo (al più inizio del XIII); ciò è anche testimoniato dal fatto che le cornici che circondano le figure sembrano doversi fondere l'una nell'altra, quasi a formare un rettangolo unico che ha così per soggetto la scena dell'Annunciazione. I riquadri rimanenti, invece, sono attribuibili all'orificeria gotica veneziana del XIV secolo, quindi posteriori.
Questo prezioso cimelio è stato prestato a numerose mostre di orificeria ed arte sacra in genere, per ultima la mostra in occasione del millenario della basilica di Torcello, ed è possibile osservarla da vicino in estate, durante le visite guidate organizzate dalla parrocchia.

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