Ultimamente, è di ieri uno spazio concesso sul programma Geo & Geo in onda su Rai 3, si è diffusa la notizia dei nuovi studi condotti dall'Ente per le Nuove tecnologie, l'Energia e l'Ambiente (ENEA) sulla Sindone, e più precisamente sulle modalità in cui sarebbe stata impressa la figura del corpo sul lino. Per i dettagli su questi studi vi rimando ad un articolo di Marco Tosatti, apparso il 15 dicembre scorso sul sito
Vatican Insider. Per riassumere, lo studio ha dimostrato che l'impressione dell'immagine sul telo sindonico non può essere avvenuta in seguito alla colorazione con particolari pitture, né per riscaldamento (ad esempio riscaldando uno stampo in metallo ed imprimendovi sopra il lenzuolo). Si tratta, infatti, di una pigmentazione molto particolare, quella della Sindone, che interessa soltanto una porzione superficiale delle fibrille del lino del lenzuolo estremamente piccola (200 nanometri, cioè 200 miliardesimi di metro); un dipinto avrebbe interessato il telo ben più in profondità, così come gli effetti del riscaldamento, i quali provocherebbero anche delle inevitabili bruciature delle fibre, sulla Sindone assenti. Gli scienziati dell'ENEA hanno cercato di riprodurre la colorazione caratteristica del lenzuolo utilizzando dei flash brevissimi, ma molto intensi, di radiazione ultravioletta: il risultato è stato positivo, nel senso che, variando le caratteristiche del fascio utilizzato, è possibile riprodurre in laboratorio una colorazione del lino simile a quella della Sindone, cioè estremamente superficiale. Tuttavia i campioni utilizzati sono molto più piccoli di un corpo umano come quello riprodotto sulla Sindone: per realizzare tramite radiazione UV un'immagine di tale grandezza, stimano i ricercatori dell'ENEA, occorrerebbero strumentazioni laser con una potenza molto grande, circa 34 milioni di megaWatt, mentre i più potenti laser sul mercato al giorno d'oggi arrivano a qualche migliaio di megaWatt. Tutto ciò senza tener conto del fatto che, come è stato già abbondantemente dimostrato, le macchie di sangue presenti sul lenzuolo sono di sangue umano, e che essendo l'immagine priva di segni di sbavatura (i quali sarebbero certamente stati presenti ipotizzando che il lino fosse stato adagiato su un corpo sanguinante per essere poi rimosso da qualcuno) esse rimangono tutt'ora inspiegabili.
Uno dei test più discussi che negli ultimi anni ha interessato la reliquia, è stato quello del Carbonio-14, che usa la radioattività di un particolare isotopo del carbonio, presente in natura in tutti i materiali organici, per datare reperti archeologici. Questo esame diede nel 1988 un risultato molto controverso: il lino sindonico, infatti, risalirebbe al 1260-1390. Tuttavia tali risultati sono stati da sempre oggetto di numerose critiche: inizialmente perché in disaccordo con le tracce storiche dell'esistenza della Sindone prima del 1260; poi perché non si teneva conto delle possibilità che incendi e inquinamento ambientale, nel corso dei secoli, avrebbero potuto alterarli di molto; infine fu avanzata l'ipotesi, ancora da verificare in maniera definitiva, che il campione utilizzato per il carbonio-14 (fu concesso un piccolo lembo di lenzuolo prelevato da una regione periferica), fosse un rattoppo operato successivamente, come testimonierebbero analisi allo spettrometro di massa ed osservazioni al microscopio.
Queste ultime ricerche dell'Enea avvalorerebbero, quindi, l'inattendibilità del test del carbonio-14; la tecnologia necessaria per produrre l'immagine sul lenzuolo, infatti, non era di certo a disposizione degli artisti dell'età di Giotto o Leonardo, che con i mezzi in loro possesso non avrebbero potuto realizzare un'opera di questo genere. La Sindone, quindi, non cessa di costituire un grande enigma per la scienza dei nostri giorni; usando le parole del beato papa Giovanni Paolo II, una "sfida all'intelligenza umana".
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