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lunedì 26 settembre 2011

Il card. Cè sul pellegrinaggio in Terra Santa

Nell'avvicinarsi del pellegrinaggio diocesano in Terra Santa, riporto questa interessante intervista rilasciata a Paolo Fusco dal patriarca emerito, il cardinale Marco Cè, pubblicata nell'ultima edizione del settimanale diocesano Gente Veneta. In essa il nostro patriarca emerito ripercorre i luoghi della Terra Santa, che egli stesso ha più volte visitato, parlando delle emozioni e dei sentimenti che quei posti suscitano nei cristiani. Una visita in Terra Santa, dice il cardinale Cè, ci dice che la nostra fede non è una semplice filosofia di vita od un programma etico: è un evento storico, l'incontro con Gesù di Nazaret, che ha realmente vissuto in questi Santi luoghi. Il patriarca Cè predicherà un corso di esercizi spirituali al Cavallino per i pellegrini in partenza per la Terra Santa.

Il card. Cè: "In Terra Santa
le radici della nostra fede"

Di Paolo Fusco

Perché andare da pellegrini in Terra Santa? Il Patriarca emerito Marco Cè non ha da proporre una ma molte ragioni per un viaggio nella terra che ha fatto da sfondo alle vicende narrate nella Bibbia. «Perché lì, in Terra Santa, ci sono le radici della nostra fede. “Tutti là siamo nati”, si può dire con il salmo 86. E' la terra scelta da Dio per realizzare la storia della salvezza. E' la terra attraversata dai patriarchi e nella quale si trova la tomba di alcuni di loro. E' la terra di Davide e degli altri re; è la terra dei profeti. Soprattutto, è la terra di Gesù. In questa terra Dio entra – direi anzi irrompe – nella storia degli uomini e si fa uno di noi in Gesù. Qui il figlio di Dio incarnato ha vissuto tutta la sua esperienza umana. Ha parlato la lingua di questa terra, è vissuto alla maniera degli uomini di questa terra. Andare in Terra Santa, quindi, è incontrare Gesù nella concretezza della sua vita umana».
Quattro sono stati i viaggi del card. Cè nel paese di Gesù: tutti vissuti da Patriarca di Venezia. «Sono sempre andato con la mia comunità di fede. Ho avuto delle occasioni per andarci con amici, in modo quasi turistico... ma ho sempre preferito – e sono stato sempre molto rigoroso in questo – andarci con una comunità di fede, proprio perché quello che mi interessava era di incontrarmi con il Vangelo su cui fondavo la mia vita. E in questo la Terra Santa non mi ha mai deluso».

Cosa può cambiare nel modo di vivere la fede dopo un viaggio in Terra Santa?
Secondo me un viaggio in Terra Santa ci dice soprattutto una cosa fondamentale: che la nostra fede non è una filosofia o solo un programma etico di altissimo valore. E' prima di tutto un evento storico. La fede cristiana è l'incontro con una persona reale, vera: Gesù di Nazaret. Una persona vissuta in un luogo preciso, in un tempo preciso. E' in questo che la fede cristiana si distingue dalle altre religioni.

Quali sono i luoghi a lei più cari?
E' molto difficile per me sceglierne alcuni: è tutto molto interessante. Ma ci sono dei luoghi carichi di particolare suggestione. Ad esempio, nella chiesa dell'Annunciazione, a Nazaret, c'è un altare – è il cuore di quella chiesa – su cui c'è scritto “Verbum caro hic factum est”. Qui, secondo la tradizione, è avvenuto il dialogo dell'angelo con Maria e quindi l'incarnazione: è un luogo pieno di suggestione. E poi il monte delle Beatitudini: un luogo bellissimo, pare di vedere ancora il Signore che gira e parla. Il lago di Genesaret, il “suo” lago, dove Gesù ha svolto la maggior parte del suo ministero. A Gerusalemme, infine, sono due i luoghi che amo di più: il cenacolo, dove è avvenuta l'istituzione dell'Eucaristia, dove si è tenuto l'ultimo discorso di Gesù, ma anche dove c'è stata la discesa dello Spirito Santo; e il Santo Sepolcro, dove non ci sono le reliquie del corpo. E' vuoto, perché Gesù è risorto!

Quando ha compiuto il suo primo pellegrinaggio in Terra Santa? E che sensazioni ha riportato dai vari viaggi che ha compiuto?
Era il 1980 ed ero a Venezia da due anni; era un viaggio organizzato da mons. Rino Vianello. La prima volta c'è quasi una brama di vedere tutto. Poi, via via, subentra il desiderio di capire. Ci si rende conto allora che la Terra Santa è il concentrato di tutte le tensioni e le vicende del mondo: una terra attraversata da violenze, divisioni... La stessa Chiesa lì presenta non il suo volto migliore, ma il suo volto umano: è una Chiesa divisa e talora le divisioni diventano anche inimicizia. E allora si capisce che in questa storia, nella sua concretezza, con tutte le sue contraddizioni, le sue divisioni, le sue violenze e ingiustizie, Dio ha voluto entrare: non l'ha rifiutata. E' entrato per salvarla, aprendo alla speranza.

Leggendo una pagina del Vangelo, oggi, le capita di tornare con la memoria a quei luoghi?
Sì, soprattutto se ci si rende conto della concretezza della vita di Gesù narrata dai vangeli. Si capisce perché vengono utilizzati certi modi di dire, certe espressioni, si valorizzano certe immagini. “Il regno dei cieli è simile a un seminatore... a un pescatore che getta la rete...”: sono immagini tratte da luoghi concreti. Si intravede anche e si capisce la situazione sociale dei tempi di Gesù: perché dia, ad esempio, una preferenza ai poveri. Si acquisisce, soprattutto, il senso della concretezza: il figlio di Dio fatto uomo è uguale a tutti gli uomini, cammina per le strade di questa terra come uno di noi, lui che è figlio di Dio.

Come è bene prepararsi prima di partire?
Il modo migliore per prepararsi credo sia quello di leggere e rileggere i vangeli. Non solo per brani scelti, ma possibilmente facendo una lectio continua. Prestando magari una particolare attenzione ai riferimenti geografici: i nomi lì prendono risalto e diventano concreti.

Dal 14 al 16 ottobre predicherà un corso di esercizi al Cavallino per i pellegrini in partenza: quali temi toccherà?
Vorrei, molto semplicemente, leggere nel pellegrinaggio in Terra Santa la metafora della vita cristiana. Ripercorrendo i luoghi degli eventi della salvezza, i misteri della vita di Gesù, vorrei recuperare la storia di amore che Dio vuol tessere con l'uomo, realizzandola nella vita divina-umana del figlio suo Gesù Cristo. Nella vita concreta di Gesù si può leggere il senso profondo della nostra vita di discepoli che vanno dietro al Signore. La frase “Mettetevi dietro a me e seguitemi” ha un significato spirituale, ma anche materiale. Ci mettiamo dietro a lui per fare la sua strada e il suo cammino e per vivere poi i suoi sentimenti attraverso la grazia dei sacramenti.

Ha nostalgia di quella terra? Le piacerebbe tornarci?
Sì, mi piacerebbe, ma non ho più le forze. E' uno dei pochi desideri che ancora mi rimangono. Perché non è solo questione di vedere qualcosa, è entrare nel mistero della vita di Gesù sempre più profondamente. E' un camminare sulle sue strade per capire che dobbiamo andargli dietro; vedere i suoi luoghi per capire che dobbiamo imitarlo. “Tu seguimi”, dice Gesù a Pietro. Per capire questo, profondamente, non basta un viaggio solo.

Fonte: gvonline.it.

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