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mercoledì 14 settembre 2011

Esaltazione della Santa Croce

L'odierna ricorrenza che la Santa Chiesa ci propone, la festa dell'Esaltazione della Santa Croce, è nata nel 335, in comcomitanza con le ricorrenze della "Crucem" e della "Anastasis" di matrice orientale, passate poi anche in Occidente con il nome di "Esaltazione". Inizialmente si voleva commemorare il leggendario ritrovamento della Vera Croce di Cristo da parte della regina Elena, madre dell'imperatore Costantino; ma col tempo la festività della Croce assunse un significato più religioso che storico: diventa il trionfo del Nostro Signore Gesù Cristo sulla Croce. All'umana sensibilità ciò sembra assolutamente antitetico: per l'uomo la gloria è opposta alla sofferenza e alla morte. L'uomo di oggi associa l'esaltazione, la fama e la gloria ad un certo ideale di bellezza, tutta esteriore, rifiutando completamente il dolore, tanto che quando ci si trova a dover affrontare la morte, quale condizione che accomuna tutti gli esseri umani, dal più ricco al più povero, c'è chi preferisce evitare la sofferenza, giudicando "indegna" di essere vissuta una vita in cui predomina la sofferenza del corpo. La morte in Croce di Gesù Cristo Signore nostro rovescia questa visione prettamente terrena; Egli ha voluto soffrire indicibili sofferenze, senza sottrarsene anche se avrebbe potuto, lasciandosi inchiodare al patibolo e schernire da coloro che amava. Egli, Figlio di Dio, vero Dio e vero uomo, non si è vantato di questa sua condizione; ma, come dice l'Apostolo san Paolo, se ne è spogliato fino a divenire simile agli uomini. Ed una volta fattosi uguale agli uomini si è fatto ulteriormente umiliare, facendosi processare e uccidere come se fosse un malfattore; ha accettato su di se le conseguenze dei nostri innumerevoli peccati, pur non meritandole. Tuttavia, leggiamo sempre nella Scrittura, Egli "offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito" (Eb 5, 7). L'Onnipotente Eterno Padre non lo abbandonò alla sorte dei malvagi che aveva accettato di condividere, ma lo risuscitò dai morti: "Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome" (Fil 2,9).
In questo sta il trionfo della Croce per tutti gli uomini: non è l'esaltazione del dolore in sè, o delle sofferenze a cui si va incontro magari per difendere una ideologia, ma l'esaltazione del Santo Sacrificio che ha determinato la nostra Redenzione ed il nostro distacco dalla condizione umana, in cui il dolore non aveva senso. Come ci ricordava il cardinale Angelo Scola, commentando la lettera ai Colossesi di san Paolo apostolo nella sua omelia tenuta durante la Santa Messa di congedo dal patriarcato, risorgendo dalla morte Gesù Cristo ci ha fatti risorgere con Lui, rendendoci partecipi fin d'ora del suo destino di gloria; questo se anche noi lo vogliamo ed abbandoniamo le passioni ed i peccati che ci tengono invece legati alla sorte terrena. Ecco perché chi rifiuta la mano che il nostro Salvatore ci tende per trarci dal fango di una vita prettamente mondana non ha possibilità di rispondere all'atroce interrogativo dell'uomo sul perché del male e del dolore, e finisce per togliere la dignità anche ai malati terminali, perché giudicati vivere una vita insignificante. Se invece orientiamo la nostra vita nella direzione di quella di Cristo anche il dolore assume un senso, una direzione, che è quella del Calvario, del Sepolcro e della Risurrezione; il nostro dolore, come quello del nostro Redentore, non finisce con la morte, ma va oltre, e viene sconfitto nella Risurrezione.
Di certo non è facile sopportare certe sofferenze dell'anima, prima ancora di quelle del corpo, come quelle che ci provocano il distacco da una persona cara; tuttavia l'Esaltazione della Croce ci fa capire che il cristiano gode in qualche modo, per i meriti del nostro Salvatore Gesù Cristo, come di un privilegio, poiché il suo Signore ha sofferto per primo ogni possibile dolore per poi vincerlo. Anche tra i credenti, oggi, forse proprio perché ci troviamo permeati da una mentalità che cerca la gioia soltanto nel mondo, c'è chi crede di poter raggiungere la felicità rifiutando la sofferenza ed il dolore, o trasformando la Santa Messa in un "party". Ma se il cristiano eliminasse il dolore dalla propria vita e religione, o privasse del suo carattere sacrificale la Santa Messa, nella quale il glorioso sacrificio della Croce si ripropone in maniera incruenta, finirebbe per precludersi la strada che porta alla gioia stessa; l'Esaltazione della Croce ci mostra come alla gloria si arrivi soltanto attraverso la Croce. Gesù Cristo ci promette la gioia, e la sua promessa è molto più realistica e plausibile di quelle che ci fa il mondo: Egli ci indica che la strada è quella che passa per la porta stretta e che ci conduce con Lui al Calvario, una strada che ha percorso prima di noi, dandoci l'esempio, ed assicurandoci che la meta è sicura.

Ascoltiamo alcuni brani di musica sacra. Prima l'inno "Crux Fidelis", dal repertorio gregoriano e poi in una splendida versione polifonica, a 6 voci, dell'antifona "Adoramus Te", scritta dal grande compositore Claudio Monteverdi.



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