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martedì 30 novembre 2010

Antifona "Alma Redemptoris Mater"

Il tempo di Avvento è caratterizzato da una connaturata devozione a Maria Vergine e Madre del Nostro Salvatore; malgrado la prima parte dell'Avvento sia dedicata, nella liturgia, all'attesa dell'ultima venuta di Gesù Cristo sulla terra nella gloria, già dall'antifona al Magnificat dei Secondi Vespri della prima domenica si guarda all'Annunciazione dell'Angelo Gabriele alla Beata Vergine. E dall'inizio dell'Avvento fino addirittura al 2 febbraio (festa della presentazione al tempio di Nostro Signore) ci accompagna una delle quattro antifone maggiori dedicate alla Madonna: "Alma Redemptoris Mater", che significa Santa Madre del Redentore; in essa troviamo condensati molti aspetti importanti del mistero dell'Incarnazione e del parto verginale di Maria. Innanzitutto ci si rivolge a Maria come Alma, che in latino significa Santa, ma che deriva anche dall'ebraico, dove l'Almah era la ragazza non ancora sposata ma in età di matrimonio; il fatto quindi di accostare l'aggettivo Alma al titolo di "Redemptoris Mater" (Madre del Redentore) è un modo di presentare la verginità intatta di Maria, che pur non conoscendo uomo, ha concepito per opera dello Spirito Santo. Infatti più avanti nel testo si trovano le parole "Virgo prius ac posterius Gabrielis ab ore" (Vergine prima e dopo l'annuncio di Gabriele), a conferma del mistero accennato all'inizio. L'antifona è comunque una preghiera, nella quale si invoca colei che è accessibile porta del cielo e guida come la stella i naviganti (quae pervia caeli porta manes et stella maris) perché soccorra il popolo che, pur soggetto alla caducità e alla morte, anela a risorgere (succurre cadenti surgere qui curat populo); lei che (splendida espressione) ha generato il suo Genitore mentre la natura contemplava stupefatta (Tu quae genuisti, natura mirante, tuum sanctum Genitorem) abbia pietà di noi peccatori e preghi per noi.
E' interessante notare come la musica segua l'andamento del testo; alle parole "surgere qui curat populo", ad esempio, anche le note si innalzano; una conferma di come il canto gregoriano sia l'essenza della musica sacra, come afferma il Magistero della Chiesa fin dai tempi di Pio X e conferma il Concilio Vaticano II. Nel canto gregoriano, che ha il pregio di possedere sempre un testo di chiara ispirazione biblica, vediamo come non basti il solo testo per l'autentica musica sacra (altrimenti non avremmo a che fare con "musica sacra" ma con testi sacri); la musica deve fondersi intimamente col testo, come a formare un tutt'uno. Nel contempo la musica gregoriana è, come è stata definita dai padri, povera, casta e obbediente; mai è invadente, non ha la pretesa di sostituire il testo e nemmeno di farlo passare in secondo piano, obbedisce rigorosamente e totalmente alla buona liturgia e sancisce una separazione fra quello che è vano e profano (e che pertanto non deve, e mai dovrebbe, varcare le soglie del tempio sacro, come ribadisce Giovanni Paolo II). Da qui si comprende la legge riconosciuta da papa Pio X e fatta propria anche dal venerabile Giovanni Paolo II: «tanto una composizione per chiesa è più sacra e liturgica, quanto più nell’andamento, nella ispirazione e nel sapore si accosta alla melodia gregoriana, e tanto è meno degna del tempio, quanto più da quel supremo modello si riconosce difforme».
A seguire ecco l'antifona cantata in gregoriano nel tono semplice e una sua riproposizione in chiave polifonica, composta dal grande Giovanni Pierluigi da Palestrina (ricordiamo che la polifonia romana è l'unico genere musicale, insieme al gregoriano, che i documenti magisteriali del Concilio e dei papi indicano esplicitamente come esempi esistenti di vera musica sacra):



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