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venerdì 19 novembre 2010

Il martirio dei cristiani di oggi

Quando parliamo dei martiri cristiani siamo forse abituati a pensare alle icone o agli affreschi che abbiamo visto nei musei o (sempre meno spesso, purtroppo) nelle nostre chiese; il pensiero va alle gesta eroiche e lontane di quei primi cristiani, perseguitati dagli imperatori romani, che per difendere la propria fede erano costretti a rifugiarsi nelle catacombe. Ma la realtà è un'altra, una realtà che non conosciamo perché lontana da noi, troppo lontana dalle logiche e dagli interessi politici perché i giornali ne parlino, come magari parlano delle carceri americane, o troppo poco avvincenti perché i programmi di "approfondimento" se ne occupino.
Parlare di martirio in un mondo come il nostro, così benpensante che vuole cacciare il sacrificio persino dalla Messa per sostituirlo con le feste da discoteca, è troppo scomodo: ma è anche questo nostro atteggiamento che contribuisce a scavare le catacombe nei paesi di quei cristiani che sono costretti in vario modo ad abiurare la fede in Nostro Signore. Parlano i numeri: in meno di un secolo coloro che professavano la fede cristiana in Iraq sono passati dal 20% (all'inizio del 1900) al 2% dei giorni nostri, con una notevole accelerazione negli ultimi anni.
Ma una vicenda in particolare è in questi giorni assunta a simbolo del martirio dei cristiani in quelle terre mediorientali: è il caso di Asia Bibi, donna pakistana di 37 anni, madre di due bambini. L'anno scorso, durante il suo lavoro nei campi del Punjab, ebbe una discussione con le sue colleghe di lavoro islamiche, le quali volevano convincerla ad abbandonare il cristianesimo e convertirsi all'Islam. La donna ha difeso la sua fede in Cristo crocifisso per lei, additandolo come esempio alle sue colleghe e invitandole a pensare cosa Maometto avesse fatto per loro. A questa frase Asia è stata picchiata e rinchiusa in carcere, mentre la gente insultava lei e i suoi figli. Denunciata per blasfemia è stata recentemente condannata a morte. Non dimentichiamo che il Pakistan si è reso protagonista ultimamente della promulgazione di una legge che condanni la blasfemia contro l'Islam, e possiamo ben immaginare che tipo di utilizzo se ne possa fare, anche alla luce della vicenda toccata ad Asia Bibi.
Prima dell'esecuzione della sentenza di morte dovrà pronunciarsi l'alta corte pakistana; per questo in tutto l'orbe cattolico e non solo si sta organizzando una grande mobilitazione, che ha visto in prima linea il Santo Padre, Benedetto XVI, lanciare un appello dopo l'Angelus della scorsa domenica; lo stato italiano, con il ministro degli esteri Franco Frattini, che proprio in queste ore ha annunciato che forse il caso sarà riesaminato dalle autorità pakistane, con le quali il ministro assicura di usare tutti i mezzi diplomatici a sua disposizione per convincerle a mettere mano alla pericolosa legge sulla blasfemia; anche la televisione della CEI, TV2000 ha organizzato una campagna di solidarietà, di cui potete leggere i dettagli cliccando qui.
Anche a noi spetta di non lasciar soli questi cristiani, che non hanno nulla da invidiare a quelli che sono dipinti negli affreschi, sulle tele e nelle icone dei nostri musei e delle nostre chiese. Preghiamo il Signore per loro e, cosa egualmente importante, non vergognamoci della nostra fede; per rispetto di Nostro Signore, che non si è vergognato di noi, fino al punto di farsi da noi uccidere, e per rispetto anche di coloro che per amor suo rischiano la loro stessa vita. Non temiamo di professarci cristiani; prepariamoci ad affrontare l'insulto e la derisione, pena ben più leggera delle torture fisiche e della morte che i nostri fratelli patiscono in altre parti del mondo, ma che tuttavia conduce alla stessa sorte nel Regno di Cristo: «Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli» (Mt 5,11-12).

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