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mercoledì 2 novembre 2011

Commemorazione di tutti i fedeli defunti

L'anno liturgico si apre e si chiude con la contemplazione e la meditazione sulle cose ultime, i cosiddetti Novissimi: la morte, il giudizio, l'inferno e il Paradiso. Già dalla prossima domenica, la pagina del Vangelo di san Matteo che narra la parabola delle vergini stolte e delle vergini sagge ci introdurrà decisamente a questi misteri. La giornata di oggi, nella quale commemoriamo tutti i fedeli defunti, ci aiuta a meditare sul primo dei quattro Novissimi, ossia la morte. E' certo questa la prima delle realtà ultime della vita di ogni uomo: con la sua ineluttabilità, essa costituisce l'interrogativo forse più grande che l'uomo da sempre si è posto. Alla luce dell'insegnamento del Signore Gesù Cristo, però, possiamo dare una risposta: Egli ci insegna a considerare la morte non solo come la fine della vita, ma anche come il fine, ovviamente intendendo la morte non come la sola cessazione delle funzioni vitali dell'uomo, ma l'ingresso nell'altro mondo, dove è necessario che i viventi accumulino i propri tesori fin da questa vita. Come spunto di riflessione sul tema della morte in questa giornata vorrei riportare queste testimonianze dal sito www.preghiereagesuemaria.it, tratte dal libro "LE DIVINE PAROLE" Ossia quello che il Signore ha detto ai suoi discepoli nel corso dei secoli cristiani, di R.P. Saudreau - domenicano (Casa Editrice Masietti - 1924).

Morte

1. Perchè morir così presto?

S. Matilde, avendo perduto un santo amico, diceva al Signore: O mio dolcissimo Iddio perchè avete tolto così presto quest'anima dal mondo, ove le sue parole e i suoi esempi avrebbero potuto giovare a tante persone? - « Il violento desiderio ch'egli aveva di possedermi mi ci ha costretto; perchè, come il bambino s'attacca al seno della madre, così l'anima sua si è attaccata a me, e per questa ragione egli ha meritato di ve­nire così presto a riposarsi meco. Ma, per­chè egli doveva ricevere tanta dignità e gloria, fu mestieri che soffrisse qualche in­dugio(1), durante il quale io lo feci ripo­sare sul mio seno ». Ella ripigliò: O ama­bilissimo Signore, quanto tempo si è egli così riposato? - « Lo spazio d'un mattino; finchè l'amore ebbe in lui compiuto tutto quello che gli era stato destinato da tutta l'eternità » (Parte V, c. VIII).

(1) Altre rivelazioni c'insegnano che quanto più un'anima dev'essere elevata in gloria, tanto maggiore dev'essere la sua purezza e per ciò stesso più rigorosa la sua purifica­zione.

S. Alfonso Rodriguez pregando per una persona malata ebbe dal Signore. questa ri­sposta: « Considera ciò che vuoi ch'io faccia, perchè io farò tutto quello che tu vorrai; ma sappi ch'ella non sarà mai preparata meglio di adesso ». Allora il Santo l'abbandonò interamente al beneplacito divino e la ma­lata morì (Vita, dalle sue memorie. Re­teaux, 1890, n. 52).

La Ven. Madre Maria di Sales Chappuis era stata pregata d'interessarsi della salute d'un professore del Collegio Luigi il Grande, a Parigi. Ella lo fece e il Salvatore le fece udire queste parole: « Lasciami fare, l'o­pera mia si va perfezionando; io lavoro per la mia maggior gloria ». E il malato morì nel modo più edificante (Vita, a cura delle Suore di Troyes, p. 215-216).

Questa Venerabile, avendo veduto morire in breve tempo parecchie delle sue Figlie, se ne lagnava con Gesù: voi togliete le no­stre sorelle di mezzo a noi; che ne fate, o Signore? - « Esse cadono nelle mie mani », rispose il buon Gesù con un'espressione di tenerezza e di bontà che la consolò (ibid.., pag. 228).

2. Per bontà Iddio prolunga la vita.

In una lettera al suo confessore del 6 di gennaio 1898, la Madre Maria del Divin Cuore scrisse: « Nostro Signore mi disse dopo la santa Comunione: Ch'egli m'aveva concesso ancora quest'anno di vita per poter un giorno in cielo unirsi più strettamente a me per sempre; che, se fossi morta que­st'anno, l'unione non sarebbe stata così stretta; che, fin da questa vita, egli voleva aumentare e continuare ancora quest'unione; ch'io non dovevo più vivere se non in lui e per lui, nè vedere se non lui, nè cercare se non lui; che, per significare questa novella unione, egli m'aveva fatto vedere l'anno scorso l'invito alle nozze; cosa che io avevo capito come invito per andare in cielo, ma ch'egli aveva inteso come invito all'unione più in­tima fra lui come Sposo e me come sposa an­cora in questo mondo. (Vita, c. VIII).

Maria Giuseppa Fumi un giorno vide in spirito successivamente dinanzi a sè due porte, per cui ella passò. Giunta davanti ad una terza, che brillava come un sole, ella chiedeva parimente di varcarla. Allora ap­parve Maria, colle braccia affettuosamente tese verso la sua figliuola diletta: « Questa porta, diss'ella, non potrebbe ancor aprirsi davanti a te; il tuo ingresso immediato nel soggiorno degli eletti non sarebbe un bene nè per quelli che richiedono il tuo aiuto, né per le anime del purgatorio che hanno bi­sogno d'essere sollevate; ed anche la gloria dell'Altissimo non ci troverebbe il suo van­taggio, perchè hai ancora da guadagnargli molte anime colla preghiera e colla peni­tenza. Quando avrai compiuto tutto quel che il Signore aspetta da te, allora entrerai per regnare con lui; il Diletto non ti affiderà nè agli angeli, nè ai Santi per portarti in cielo, ma verrà egli stesso a prenderti, perchè tu sei accetta alla sua maestà, e quello che tu hai scolpito nel tuo cuore durante la tua vita vi resterà scolpito dopo la tua morte » (Vita, c. xvi).

3. Il Signore alle volte prolunga la vita de' suoi amici per compiacersi nelle loro virtù.

Essendo S. Matilde molto malata, Geltrude conobbe in ispirito che il Signore prolungava ancora la sua vita per qualche giorno. - O Signore, chiese ella, perchè volete ch'ella resti ancora sulla terra? - E il Signore a lei: «È per render completa l'opera, cui nella mia divina Provvidenza ho disposto di compire in lei in questi ultimi giorni. Per questo ella mi servirà in tre modi: io tro­verò in lei il riposo nella sua umiltà; la refezione nella sua pazienza, la ricreazione nelle sue virtù. Così, in tutto ciò che vede e in tutto ciò che ode, ella s'umilia e si mette sempre sotto alle altre, il che mi dà un ri­poso veramente delizioso nel suo corpo e nel­l'anima sua. Poi, per la gioia che mostra nelle sue tribolazioni ed infermità, si vede ch'ella abbraccia con amore la pazienza e sopporta volentieri le sue pene per amor mio; nella qual cosa ella mi presenta una mensa sontuosamente imbandita. Finalmente colla pratica delle diverse virtù ella mi offre un sollazzo in cui la mia Divinità trova le sue delizie » (lib. V, c. IV; ed. lat., p. 324).

4. Ultima malattia degli amici di Gesù. Doni ch'essi ricevono da lui.

S. Geltrude, gravemente malata, domandò al Signore se egli si degnerebbe di trarla da quest'esilio; e il Signore le rispose: « Con codesta malattia io ti avvicinerò a me. Av­verrà quello che avviene ad uno sposo pro­messo la cui diletta sposa dimori in luoghi lontani; egli le chiede di venire; allora egli stesso le invia una numerosa scorta di si­gnori e di soldati che le portino diversi re­gali, la rallegrino col suono dei liuti e dei tamburi e le facciano corteggio con grande apparato e infinite cure, finchè ella sia ar­rivata in un castello poco discosto dal suo palazzo. Là va egli stesso a trovarla, seguito da' suoi signori e da' suoi cortigiani, e, colle più delicate cortesie, le dà l'anello di fedeltà in segno d'unione. Tuttavia la lascia ancora in quel castello fino al giorno delle nozze, in cui egli con gloria ed onore la conduce nel suo imperial palazzo.

« Così, perchè io, Signore Iddio, tuo amante forte e geloso, sono a te unito, e perchè sopporto realmente in te le pene che tu soffri nel tuo cuore e nel tuo corpo, tutti ì miei Santi si fanno premura attorno a te mentre ti avanzi per codesta regia strada, godendo tutti della tua felicità. I liuti, i tamburi, i regali con cui ti si fa onore in questo viaggio, non sono altro che i patimenti e gl'incomodi della malattia, strumenti musicali che risuonano senza interruzione con soavità ai miei orecchi e mi dispongono alla compassione verso di te, eccitando l'affetto del mio Cuore divino a col­marti di benefizi, ad attirarti sempre più e ad unirti a me. E quando sarai giunta al posto che ti è destinato da tutta l'eternità cioè ad un tale esaurimento di forze che la morte apparirà imminente, allora in pre­senza di tutti i miei Santi io ti darò il più tenero bacio coll'anello matrimoniale, cioè il sacramento dell'estrema unzione. Sarà un bacio, perchè io spanderò sopra di te la mia unzione colla soavità intima del mio soffio divino e, in grazia di codesta unzione, non potrà più attaccarsi all'anima tua la me­noma polvere di peccati o di negligenze che possa distogliere da te i miei sguardi più dolci, neppure per un istante.

« Quanto più tu affretterai il momento dell'Estrema Unzione, tanto maggiore sarà la tua felicità; allora resterai così vicina a me che nel momento in cui io mi disporrò a condurti nel mio regno eterno, tu ne sarai tosto internamente avvertita e il tuo cuore sussulterà di gioia preparandosi al mio in­contro. Ed io, tutto riboccante di delizie, ti farò attraversare, serrandoti strettamente nelle mie braccia, il torrente della morte temporale e t'introdurrò, t'immergerò e ti assorbirò nel torrente della mia perfetta di­vinità, ove, divenuta un medesimo spirito con me, con me regnerai nei secoli dei se­coli. Allora per codesti timpani e liuti delle tue sofferenze, onde m'avrai così dolcemente rallegrato durante la via, tu udrai le dolci melodie, proverai i diversi godimenti che sono ora la parte della mia umanità deifi­cata, in ricompensa delle pene che soffrii per la salute degli uomini. Se qualcuno de­sidera d'avere ne' suoi ultimi momenti la con­solazione d'una simile visita, si studi ogni giorno d'imitare le opere della mia vita; metta il suo corpo sotto il giogo e affidi a me le redini, cioè la direzione della sua vo­lontà propria. Speri con fiducia che la mia bontà l'assisterà fedelmente. Mi offra in lode eterna tutte le sue pene e tutte le sue avversità. Se alle volte succede che per fragilità umana egli riprenda le redini che m'aveva consegnate, facendo su qualche punto la sua propria volontà, cancelli tosto tale mancanza colla penitenza e mi abbandoni di nuovo la sua volontà. E la destra della mia misericordia lo prenderà e lo condurrà in onore e gloria al regno dell'eterno splendore » (lib. V, c. xxvii).

Trovandosi agli estremi suor Matilde di Màgdeburgo, S. Geltrude chiese al Signore perchè egli aveva permesso ch'ella delirasse, e il Signore rispose: « E' per far conoscere ch'io opero di più nell'interno che alla su­perfice. (lib. V, c. VII).

5. I dolori che precedono la morte

sono spesso un effetto della divina misericordia. Il Signore fece comprendere a S. Brigida che le pene dure e umilianti che spesso i cristiani subiscono in morte sono un effetto della sua misericordia: « Sono forse io stesso degno di disprezzo perchè la mia morte fu dura e vergognosa? I miei eletti sarebbero essi degli insensati per aver sofferto cose umilianti? No, ma io e i miei eletti abbiamo sofferto cose umilianti, per mostrare colla parola e coll'esempio che le vie del cielo sono dure ed aspre e per far intendere ai cattivi quanto essi abbiano bisogno d'essere purificati, dal momento che anime innocenti dovettero soffrir tanto... Colui che amando Iddio con tutto il suo cuore è afflitto da lunghe infermità, vive e muore felicemente, perchè la morte dura e dolorosa diminuisce il peccato e la pena del peccato e aumenta le corone. Io ti faccio ricordare due defunti, che, secondo il giudizio degli uomini mori­rono d'una morte vile e spregevole; se essi non avessero ottenuto dalla mia misericordia un tal genere di morte, non si sarebbero puntoti salvati. Ma, poichè Dio non punisce due volte quelli che hanno il cuor contrito, essi giunsero alla corona. Gli amici di Dio adunque non devono rattristarsi appunto se hanno a subire dei malì temporali, o se muo­iono d'una morte amara, perchè è un bene piangere un'ora e soffrire in questo mondo e non aver a soffrire in purgatorio, dove non si può fuggire e dove non è più dato il tempo di meritare » (lib. IV, C. XL).

« Molti, avvolti nelle reti dei peccati, ot­tengono la contrizione prima di morire e la loro contrizione può essere così perfetta che non solo il peccato è loro perdonato, ma ancora la pena del purgatorio, se essi muo­iono nella medesima contrizione » (lib. VIII, C. XLVIII).

6. Gli ultimi momenti dei peccatori, degl'imperfetti e dei perfetti.

Parole di Dio a S. Caterina da Siena: «I demonii sono ministri incaricati di tormen­tare i dannati nell'inferno e di esercitare e provare la virtù delle anime in questa vita. La loro intenzione non è certamente di provare la virtù, perchè non hanno la ca­rità; essi vogliono distruggerla in voi, ma non lo potranno mai fare, se voi non volete consentirvi.

« Ora considera la pazzia dell'uomo che si rende debole per il mezzo appunto ch'io gli avevo dato per esser forte, e che si abban­dona da se stesso nelle mani del demonio. Perciò voglio che tu sappia ciò che accade nel momento della morte a quelli che, du­rante la loro vita, hanno volontariamente ac­cettato il giogo del demonio, il quale non poteva costringerveli.

« I peccatori che muoiono nel loro pec­cato, non hanno altri giudici che se stessi; il giudizio della loro coscienza basta, ed essi si precipitano con disperazione nell'eterna dannazione. Prima di passarne la soglia, essi l'accettano per odio della virtù, scelgono l'in­ferno coi demonii, loro signori.

« All'opposto i giusti, che vissero nella carità, muoiono nell'amore. Quando viene il loro ultimo istante, se hanno praticata perfettamente la virtù, illuminati dal lume della fede e sostenuti dalla speranza del sangue dell'Agnello; veggono il bene che io ho loro apparecchiato, e colle braccia dell'amore lo abbracciano stringendo con strette d'amore me sommo ed eterno bene nell'ultima estre­mità della morte. E così gustano vita eterna prima che abbiano lasciato il corpo mortale, cioè prima che sia separata l'anima dal corpo.

« Per quelli che passarono la loro vita in una carità comune senza aver raggiunta quella gran perfezione, quando arrivano alla morte, essi si gettano nelle braccia della mia misericordia col medesimo lume della fede e colla medesima speranza ch'ebbero in un grado inferiore. Essendo stati imperfetti, essi abbracciano la mia misericordia, perchè la trovano più grande delle loro colpe. I pec­catori fanno il contrario: essi veggono con disperazione il posto che li attende e con odio l'accettano.

« Gli uni e gli altri non attendono di es­sere giudicati, ma partonsi di questa vita, e riceve ognuno il luogo suo. Lo gustano e lo posseggono prima che si partano dal corpo, nell'estremità della morte. I dannati seguono l'odio e la disperazione; i perfetti seguono l'amore, il lume della fede, la speranza del sangue dell'Agnello; gl'imperfetti si affidano alla mia misericordia e vanno in purgatorio » (Dialogo, c. XLII).

7. Pace delle anime sante nel momento della morte.

« Quant'è felice l'anima dei giusti quando essi arrivano al momento della morte... A costoro non nuoce la visione dei demonii, perchè veggono me per la fede e mi posseg­gono per l'amore e perchè in loro non è ve­leno di peccato. La oscurità e terribilezza loro ad essi non dà noia nè alcun timore, perchè il loro timore non è servile, ma santo. Onde non temono i loro inganni; perchè col lume soprannaturale e col lume della Sacra Scrittura ne conoscono gl'inganni; sicchè non ricevono tenebre nè turbazione di mente. Essi muoiono gloriosamente bagnati nel sangue del mio Figliuolo, colla fame della salute delle anime e, tutti affocati nella carità del pros­simo, passano per la porta del Verbo divino, entrano in me e dalla mia bontà sono collo­cati ciascuno nello stato suo, e vien misurato loro secondo la misura che hanno recata a me dell'affetto della carità » (Dialogo, ca­plt. CXXXI).

8. Il demonio e il peccatore morente.

« Quanto spaventosa e terribile è la morte dei peccatori! Nei loro ultimi momenti, il demonio li accusa e li spaventa apparendo loro. Tu sai che la sua figura è tanto orri­bile, che la creatura eleggerebbe ogni pena, che in questa vita si potesse sostenere, an­zichè vedere il demonio nella visione sua.

« E tanto si rinfresca al peccatore lo sti­molo della coscienza, che miserabilmente lo rode nella coscienza sua.- Le disordinate de­lizie e la propria sensualità, la quale si fece signora e la ragione fece serva, l'accusano miserabilmente, perchè egli allora conosce la verità di quello che prima non conosceva. Onde viene a gran confusione dell'errore suo; perchè nella vita sua visse come infedele e non fedele a me; perchè l'amor proprio gli velò la pupilla del lume della santissima fede. Onde il demonio lo molesta d'infedeltà, per farlo venire a disperazione.... In questo gran combattimento egli si trova nudo e senza alcuna virtù; e da qualunque lato si volti, non ode altro che rimproveri con grande confusione » (Dialogo, csaxu)(2).

(2) Le anime dei dannati, all'uscire dal loro corpo, sono invase dalle tenebre, dall'orrore, dal fetore, dall'amarezza, da una pena intollerabile, da una tristezza indicibile, dalla disperazione e da un'angoscia infinita. Sono in se stesse così devastate e destituite di tutto che, quand'anche non cadessero nell'inferno e in potere dei demonii, i mali di cui sono ripiene sarebbero per loro una tortura sufficiente (S. Matilde, P. V, c. xxi).

9. Come si fa per gli amici di Gesù il viaggio dalla terra al cielo.

Nella sua ultima malattia, Geltrude, pre­parandosi alla morte, disse al Signore: qual sarà il carro che mi porterà quando mi troverò in quella regia via che deve con­durmi a voi, mio unico Diletto? -- « La forza potente del desiderio divino, che partirà dal mio amore intimo, verrà a prenderti e a condurti fino a me », le rispose il Signore. - Su che potrò io sedermi? - « Sulla piena fiducia, la quale, facendoti sperare ogni bene dalla mia liberale bontà, sarà il sedile su cui siederai in questo passaggio ».

Con quali redini dirigerò io la mia corsa ? - « L'amore ardente che ti fa sospirare dall'intimo delle viscere ai miei amplessi ti servirà di redini. » La Santa soggiunse: siccome ignoro quello che è più necessario per viaggiare così, io non m'informerò di quello che ancora mi occorre per compire questo viaggio desiderabile. Il Signore rispose: «Per quanto grandi siano i tuoi desideri, avrai la gioia di trovare infinitamente di più, e la mia delizia è vedere lo spirito umano impo­tente a immaginarsi tutto quello ch'io ordi­nariamente preparo a miei eletti» (Lib. V, c. YXIVV).

« Quando l'anima tua uscirà dal tuo corpo, io ti metterò come all'ombra della mia protezione paterna, così come una madre tiene stretto al suo petto e nascosto sotto le sue vesti l'amato frutto delle viscere sue, allorchè attraversa un mare burrascoso. E poi, quan­d'avrai pagato il tuo debito alla morte, io ti prenderò meco per farti gustare le delizie incantevoli dei celesti spazi verdeggianti, come una madre che vuole che anche il suo bambino abbia parte alla gioia che si prova allo sbarcar sicuramente in porto, dopo averlo preservato dalle noie e dai pericoli del mare. (lib. V, c. xxv).

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