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sabato 12 maggio 2012

San Leopoldo da Castelnuovo

San Leopoldo, al secolo Bogdan (Adeodato) Giovanni Mandic, nacque il 12 maggio 1866 a Castelnuovo di Cattaro, in Dalmazia. Il 2 maggio 1884 fa la sua vestizione religiosa, mentre riceverà i voti perpetui il 28 ottobre 1888; è ordinato sacerdote il 20 settembre 1890 nella Basilica della Madonna della Salute a Venezia per le mani del cardinale Domenico Agostini. Nell'ottobre del 1894 ottiene la facoltà di confessare, il Sacramento a cui dedicò gran parte della sua vita. Trasferito più volte, fu a Padova che trascorse l'ultimo periodo della sua vita terrena; morì nella città del Santo il 30 luglio 1942, in concetto di santità. E' proclamato Beato da Papa Paolo VI il 2 maggio 1976, e canonizzato il 16 ottobre 1983 da Papa Giovanni Paolo II. Le sue reliquie sono custodite presso il Santuario che si trova a Padova, vicino alla chiesa di Santa Croce, dove si trova una piccola comunità di frati minori. Di seguito la descrizione dei miracoli, riconosciuti dalla Chiesa, che portarono padre Leopoldo agli onori degli altari.

Padre Leopoldo Mandic da Castelnuovo morì il 30 luglio del 1942. Fin da quel giorno si poté toccare con mano, in un certo senso, la devozione che intorno a lui si era diffusa e la fama di santo, insieme alla convinzione che, per sua intercessione, si ottenevano grazie e miracoli. Nel 1946 si iniziarono le pratiche per il riconoscimento della sua santità, papa Paolo VI lo proclamò beato il 2 maggio 1976 e Giovanni Paolo II lo dichiarò santo il 16 ottobre 1983. La sua festa liturgica viene celebrata il 12 maggio. Nel convento di Padova vi è un flusso ininterrotto di pellegrini che vengono a cercare un riflesso della sua santità, a chiedere miracoli, o la conversione più profonda.
Ecco, tra le centinaia di miracoli attribuiti alla sua intercessione, alcuni di quelli presi in considerazione per dichiararlo Beato, e poi Santo.

Elsa Raimondi

Elsa Raimondi, nata a Lusia (Rovigo) nel 1922, fu ricoverata nell’aprile del 1944 all’ospedale di Lendinara per ernia inguinale. Nell’intervento chirurgico si rivelò, invece, «una forma grave di peritonite tubercolare». L’inferma fu mandata a casa con prognosi infausta. La morte per i medici era inevitabile.
Il parroco del paese visitò Elsa e le parlò di padre Leopoldo. Il 30 luglio, secondo anniversario della morte del santo religioso, l’ammalata, con altre persone, iniziò una novena pregandolo di intercedere per lei presso la Madonna del Pilastrello, venerata in Lendinara, che la festeggia il 12 settembre di ogni anno.
Al termine della novena la Raimondi afferma di aver visto padre Leopoldo che, alla sua domanda se sarebbe guarita il 12 settembre, rispose: «Sì, sì».
Il giorno della festa volle essere portata al Santuario della Madonna con gli altri ammalati, ma il medico la fece riportare a casa, temendo per la sua vita.
Verso sera Elsa sente una voce intima che le ordina di scendere dal letto. Esegue l’ordine, dicendo ai presenti: «Non ho alcun male; sono guarita; padre Leopoldo mi ha liberata dal male!».
In quel momento arriva il medico che rimane stordito; la visita subito e la trova clinicamente guarita. La Raimondi va subito in chiesa a ringraziare il Signore, la Madonna e padre Leopoldo.
In segno di riconoscenza consacra la sua vita ad assistere gli orfani nella «Piccola Casa di Padre Leopoldo» in città di Rovigo.

Paolo Castelli

Paolo Castelli, nato in provincia di Como nel 1902, la domenica 4 marzo 1962, tornato da messa, è assalito da forti dolori al ventre. Viene ricoverato all’ospedale di Merate, dove si decide di operarlo il giorno stesso. Iniziato l’intervento, gli operatori riscontrano una trombosi alla mesenteria superiore con infarto all’intestino tenue. L’intervento viene sospeso perché non si può fare nulla; non resta che attendere la fine.
La moglie di Paolo è molto devota di padre Leopoldo; appunta sulla maglia dell’infermo una medaglia del Servo di Dio; e lo prega intensamente, sicura di venire esaudita.
La quarta notte, dopo l’operazione, la signora si pone a recitare per lo sposo dodici Pater, ma non li ha neppure terminati che suo marito si agita, grida: «Sto male, sto male, muoio».
Accesa la luce, lo vede sudare, pallido a morte. Paolo si sente come in coma, emette un rantolo e si rovescia sul letto. La moglie esclama: «Signore, sia fatta la tua volontà».
Ma ecco Paolo che comincia a gridare: «Sono guarito, sono guarito, non ho più niente». Tranquillo conversa con la moglie e poi riposa. Al mattino il medico lo trova perfettamente guarito e lo rimanda a casa; ma non sa spiegare la guarigione. Paolo riprende in pieno il lavoro dei suoi campi, sempre grato a padre Leopoldo e a sua moglie.

Elisa Ponzolotto

La miracolata è la signora Elisabetta Ponzolotto, nata a Ronchi di Ala nel 1925. Viene ricoverata all’ospedale di Ala il 15 marzo 1977 per influenza cardiopatica. Otto giorni dopo è colpita da un dolore acutissimo al piede sinistro. La gamba diventa gonfia e bluastra; i dolori e i lamenti sono così forti che l’inferma è trasferita in una stanzetta a parte, perché non disturbi i degenti.
Le cure richieste dalla gravità del male non migliorano il quadro clinico, che anzi va peggiorando: inizia la cancrena al piede. Il 27 marzo i medici curanti fanno un consulto e propongono l’amputazione della gamba per salvarle la vita stessa.
Elisabetta chiede, per motivi personali, di rinviare l’operazione di almeno un giorno.
Venne la notte. Il medico di guardia depone al processo: «Ricordo di essere stato chiamato più volte perché le condizioni della Ponzolotto continuavano a peggiorare. La poveretta mordeva le coperte per i dolori... Verso l’una e trenta rividi la paziente che dava l’impressione di essere in uno stato preagonico, pur essendo pienamente lucida...».
La guarigione: così la miracolata depone al processo. «Quando dissi ai medici di rinviare l’amputazione era perché aspettavo la risposta di un mio confidente, e intendevo padre Leopoldo, la cui immagine con la reliquia tenevo sempre sulla gamba dolorante.
Mi affidai completamente a padre Leopoldo, con la certezza di essere esaudita. Ed egli mi esaudì. Ad un certo momento, mentre l’infermiera era uscita ed ero sola nella camera, vidi entrare un frate cappuccino, piccolo, con la barba bianca. Lo riconobbi subito. Era padre Leopoldo. Fece il giro del letto, guardò la gamba e disse: «So che soffri molto e che devi sopportare tanto male, ma la gamba sarà salva». E camminando lentamente uscì dalla stanza. Scoppiai in lacrime. Il dolore alla gamba scomparve e mi addormentai. Erano quattro giorni che non dormivo. Arrivò l’infermiera e rimase stupefatta; guardò la gamba e la trovò rosea come l’altra. Le raccontai tutto».
I medici stupefatti constatarono la guarigione, che dichiararono umanamente inspiegabile.
Elisabetta tornò a casa e riprese i suoi lavori domestici, senza soffrire più disturbi alle gambe.


Fonte: leopoldomandic.it

5 commenti:

  1. è il "nostro" Santo al quale ci rivolgiamo nei momenti difficili perchè preghi con noi e per noi, grazie per questo post. Saluti

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  2. Mah
    Sara' un caso...
    Mi ritengo agnostico, tuttavia, proprio il giorno 12 maggio, ho trovato , vicino a casa, una piccola icona rappresentante appunto S. Leopoldo da Castelnuovo.
    Chissa' che non mi possa aiutare a superare certe difficolta'?
    D.

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  3. Te lo auguro di cuore!
    Grazie per il commento!

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