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martedì 17 aprile 2012

Tanto per diffamare la Chiesa

Negli ultimi tempi stiamo assistendo ad uno strano paradosso: in una società sempre più moderna e democratica come quella in cui ci dicono che viviamo, la libertà viene talmente portata agli estremi che finisce per diventare il pretesto per giustificare un regime quasi dittatoriale. D'altronde non è una teoria così assurda, se già il filosofo Platone ne parlava: egli asseriva che la tirannide nasce proprio dalla democrazia, allorquando "uno stato democratico, assetato di libertà, è alla mercé di cattivi coppieri e troppo s'inebria di schietta libertà" (Platone, La Repubblica, Libro VIII). Se facciamo bene attenzione è proprio quello che accade nella nostra società odierna: la libertà di pensiero, di stampa e di espressione sono diventate così incontrollabili che si finisce per confonderli con una inesistente libertà all'insulto e alla diffamazione. Dal giornalista al blogger, dall'opinionista al semplice frequentatore di social network; è ormai diffusa la convinzione che libertà di stampa significhi che si può scrivere qualsiasi cosa, senza controllare se quanto si racconta corrisponda o meno a verità e senza citare le fonti delle proprie notizie: semmai qualcuno dovesse protestare, è proprio a quest'ultimo (molto spesso il diffamato) che spetta l'onere della prova, e non al suo accusatore, rovesciando così quella che dovrebbe essere una dinamica normale e garantista propria di uno stato civile e democratico. In ogni caso, qualora la notizia si dimostrasse palesemente falsa, il giornalista, l'opinionista o il navigatore di internet che l'ha divulgata non ha né responsabilità né l'obbligo di rettificare (quantomeno con enfasi simile); con il risultato che la falsa accusa ha quasi sempre il sopravvento rispetto alla difesa, e l'opinione pubblica, a volte senza averne colpa, si crea un'idea parziale e falsa della realtà.
Ultimamente i bersagli preferiti di certa stampa e dei social networks sono il Papa e la Chiesa cattolica; solo per citare alcuni esempi, per quanto riguarda la stampa andiamo dalla bufala dello IOR quale azionista principale di una fabbrica d'armi a quella del Papa che indossa le scarpe di Prada, per quanto riguarda i social networks c'è solo l'imbarazzo della scelta di foto e link che denigrano il Papa. Nessuno di questi accusatori si sente in dovere di verificare le proprie notizie e di cercarne le fonti: scoprirebbero, altrimenti, che la fabbrica d'armi in questione ha categoricamente smentito che lo IOR ne fosse azionista, che le scarpe del Papa sono confezionate da un calzolaio novarese che da parecchi anni si occupa di scarpe papali, che le offerte del Papa ai poveri sono molto più di quanto si possa immaginare (come riportato qui per l'anno 2010); addirittura c'è stato chi ha criticato il Papa per la grandezza della torta che gli hanno preparato per il compleanno, senza tra l'altro sapere che le immagini di torte uscite in questi giorni erano immagini di repertorio (e che in ogni caso nessuno si sognerebbe mai di accusare il festeggiato per la torta che gli è stata preparata). In alcuni casi nemmeno di fronte allo sbugiardamento più totale della falsa accusa si riescono ad ottenere le scuse del fiero accusatore, che continua invano a volere la ragione dalla sua parte.
Una delle bufale più odiose che si sono diffuse a mezzo stampa ed internet sulla Chiesa in queste ultime settimane è stata quella che riguardava la presunta Comunione negata ad un ragazzo disabile mentale in diocesi di Ferrara; ce ne parla Giorgio M. Carbone nel suo editoriale oggi apparso su La Bussola Quotidiana, che vi lascio per una attenta lettura.

Tanto per diffamare la Chiesa
Di Giorgio M. Carbone

A un disabile grave è stata rifiutata la prima comunione. Questa è la denuncia che circola su alcuni quotidiani e blog.
Veniamo anzitutto ai fatti. A febbraio i genitori del bambino disabile mentale chiedono a un parroco - dell’arcidiocesi di Ferrara Comacchio, parroco di un paese diverso da quello della loro residenza – che il loro figlio possa ricevere la prima comunione insieme ai suoi compagni di classe, e cioè nel corso del prossimo giovedì santo - lo scorso 5 aprile. Inizia così il percorso di preparazione catechistica, evidentemente personalizzato per il bambino, con gradualità egli viene accolto nella parrocchia per renderlo partecipe delle varie attività.
A Ferrara, nei primi giorni di aprile, il parroco incontra il bambino e i suoi genitori per un bilancio sulle settimane trascorse e offre al bambino una particola non consacrata. Ma il bambino la rifiuta. A questo punto il parroco con i genitori decide di posticipare la prima comunione del bambino. Il giovedì santo questi era seduto accanto ai suoi compagni, non ha ricevuto l’Eucaristia, ma è stato benedetto dal parroco in modo speciale. Questi i fatti.
Poi iniziano a circolare altre notizie. La mamma rivela alle agenzie di stampa: «Siamo amareggiati, non ce lo aspettavamo». Sempre la mamma da mandato a due avvocati di fare un esposto alla Corte europea dei diritti dell’uomo «per violazione della libertà religiosa». Ma queste notizie presto si rivelano delle autentiche e grossolane bufale. Ma intanto hanno diffamato il parroco, la diocesi di Ferrara e la Chiesa in generale.
Questa vicenda, ricostruita sopra con i pochi particolari certi a noi noti, ci dà lo spunto per riflettere su almeno due aspetti generali della patologia dell’informazione e due aspetti riguardanti il merito della vicenda.

LA QUOTIDIANA DIFFAMAZIONE CONTRO LA CHIESA CATTOLICA

È sufficiente un abbozzo di notizia per montare un caso mediatico. Poi, non importa controllare le fonti, fare interviste, muoversi di persona per raccogliere testimonianze e informazioni. Il giornalista elabora di fantasia i pochi dati forniti dalle agenzie di stampa e confeziona la bufala davanti al video del suo pc. Non importa che quanto scrive sia vero, l’importante è che sia verosimile e soprattutto che sia una denuncia contro la Chiesa cattolica e i suoi sacerdoti. È decisivo mettere in piazza la loro ipocrisia: predicano anche cose buone, ma razzolano molto male. Insegnano pure che l’essere umano debole o malato va sempre accolto e amato, ma poi quando si passa ai fatti, a quelli che contano, gli negano un sacramento, l’Eucaristia.

UNA SCOPERTA SOPRENDENTE

Certo questo è un fatto che conta: l’Eucaristia. Anche giornalisti atei dichiarati e ferocemente anticlericali si sono manifestati apertamente, hanno scritto che negare l’Eucaristia è una grave violazione. Scopriamo così che anche loro indirettamente credono quello che anche noi crediamo e cioè che l’Eucaristia, in ragione del fatto che è in modo reale e non simbolico il Corpo di Gesù Cristo, è il più eccellente dei sacramenti ed è il più grande tesoro della Chiesa.
Paradossalmente, la vicenda mediatica li conduce a un approdo che mai avrebbero immaginato. Come nella vicenda degli uomini di età embrionale morti a causa dello scongelamento nell’Ospedale San Filippo di Roma: perché scaldarsi tanto e sprecare fiumi di parole e inchiostro se l’embrione è un grumo di cellule. E in modo analogo, se l’Eucaristia è semplice pane simbolico, perché tutta questa indignazione.
Queste due vicende mediatiche indirettamente segnalano l’umanità degli embrioni congelati e la radicale importanza dell’Eucaristia nella vita umana, anche disabile.
Ma, vendendo al merito della vicenda, emergono almeno alcune questioni - diciamo - singolari.

IL RITARDO E LA FRETTA

Posto che il bambino disabile mentale abbia iniziato il percorso di catechesi personalizzato a febbraio, mentre i suoi coetanei, compagni di classe, da alcuni anni, perché ammetterlo alla comunione solo dopo soli due mesi? Dopo una “iscrizione” a catechismo in ritardo perché tanta fretta? O va preparato in modo graduale e proporzionato alle sue capacità. Oppure percorrerà l’iter insieme a tutti gli altri.

LA GRAZIA DI CRISTO E LA CAPACITÀ DI COMPRENSIONE

Ma il problema più delicato - e le notizie fornite sono troppo scarne - riguarda la sua reale capacità di comprensione. Il fatto che all’inizio di aprile ha rifiutato la particola non consacrata come va interpretato? Ha rifiutato perché non riesce a deglutire? Perché in una situazione di forte disagio psichico? Perché semplicemente non capisce? Perché disprezza? Non conoscendo molti particolari, possiamo fare queste ipotesi.
Data la decisione del parroco, concordata con i genitori, di rinviare la sua prima comunione, dobbiamo supporre che il bambino dia buone speranze di completare la sua formazione, di crescere nell’intelligenza della sua fede in modo proporzionato all’età e alla sua disabilità psichica. È la speranza nella sua crescita e l’attenzione premurosa verso di lui che fondano il posticipare la prima comunione. Altro che discriminazione o violazione della libertà religiosa.
Certamente, se il bambino non desse queste speranze, non avrebbe senso rinviare la prima comunione. Cioè se la disabilità psichica fosse così grave da rendere la persona incapace di intendere e di volere e se questa persona ha ricevuto il battesimo, non c’è alcun serio motivo per negarle la comunione eucaristica. È stata battezzata nella fede della Chiesa e dei genitori, è stata battezzata nella sua condizione di disabilità che fa supporre l’inesistenza di ostacoli o rifiuti da parte sua, perciò in queste stesse condizioni (disabilità psichica che fa supporre a noi la non-esistenza di ostacoli o rifiuti volontari) può ricevere l’Eucaristia. Può riceverla, ma non è necessario per la sua salvezza. Può riceverla ed è bene che la riceva: ricevendo anche la cresima, completa i sacramenti dell’iniziazione a Cristo Signore. Ma non è strettamente necessario per la sua salvezza eterna: ricevendo il battesimo è stata introdotta nella vita divina, è stata assimilata a Cristo e, non essendo capace di intendere e di volere, non può rifiutare con un atto peccaminoso la vita divina e l’unione con Cristo (cosa che invece noi – che supponiamo essere capaci di intendere e di volere – di fatto facciamo quando pecchiamo gravemente, cioè mortalmente. In verità, nel rifiutare la nostra sincera assimilazione a Gesù Cristo diamo prova della nostra stupidità).
Se poi la persona disabile avesse problemi di deglutizione, va ricordato che di fatto è possibile dare la comunione, non solo con il Corpo di Cristo, ma anche solo con il Sangue di Cristo. Sono sufficienti poche gocce, o anche una sola, del Sangue di Cristo per comunicare la realtà della sua presenza e della sua grazia. Il grande Tommaso d’Aquino scriveva nell’inno Adoro te devote «Me immundum munda tuo sanguine, cuius una stilla salvum facere totum mundum quit ab omni scelere» «Monda me immondo con il tuo sangue, una sola goccia del quale può salvare tutto il mondo da ogni peccato». Il Messale Romano, le norme liturgiche e la virtù dell’epicheia prevedono questo.
Tutto ciò rende possibile realizzare quanto Benedetto XVI insegna con l’Esortazione Postsinodale Sacramentum Caritatis del 2007, n. 58: trattando dell’attiva partecipazione degli infermi all’Eucaristia e dei disabili in generale, scrive «venga assicurata anche la comunione eucaristica, per quanto possibile, ai disabili mentali, battezzati e cresimati: essi ricevono l’Eucaristia nella fede anche della famiglia o della comunità che li accompagna».


Fonte: labussolaquotidiana.it.

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