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sabato 28 aprile 2012

Le parole del Patriarca all'assemblea parrocchiale

Dopo la Santa Messa, il Patriarca Francesco si è soffermato ancora per un'ora tra la nostra gente nell'assemblea parrocchiale che ha concluso la giornata. L'assemblea è stata aperta dalle parole del parroco don Giuseppe, che ha fatto dono al Patriarca, a nome di tutta la comunità parrocchiale, del libro di recente uscita "Caorle Sacra", consegnato a mons. Moraglia direttamente da Renata Candiago, co-autrice dell'opera insieme a Paolo Francesco Gusso. Don Giuseppe ha poi illustrato la situazione della parrocchia, parlando delle iniziative di preghiera, dei gruppi di ascolto e di catechesi, dei movimenti ed anche dell'attività del sito parrocchiale. Dopo degli ulteriori interventi da parte di due parrocchiane, il patriarca ha rivolto ai fedeli presenti le seguenti parole a braccio.

Il parroco ha delineato la vita di una comunità; noi dobbiamo prima di tutto avere la consapevolezza che non siamo una comunità perfetta, ma che siamo una comunità che desidera voler bene al Signore. Perché la cosa più importante che noi dobbiamo avere in mente è proprio questo: Gesù, prima di lasciare la sua Chiesa a un uomo che si chiamava Pietro non gli ha chiesto se sapeva il latino o il greco, o se aveva studiato filosofia ad Atene, o se aveva frequentato le biblioteche di Alessandria d'Egitto. Gli ha chiesto per tre volte una sola cosa: "Mi vuoi bene più degli altri?". Allora ognuno di noi deve lasciarsi interrogare da questa domanda. Non saremo mai una comunità perfetta, perché siamo uomini e siamo donne, quindi abbiamo le fragilità: però abbiamo anche il desiderio di essere la comunità del Risorto; la prima lettura di oggi, ma anche i Vangeli pasquali e le letture pasquali, ce lo dicono in continuazione.
Vi faccio una piccola confidenza: anche per me non è stato facile venire a Venezia; ci sono venuto volentieri, ma è stato un taglio notevole. A un certo punto una persona m'ha detto: "Se ti hanno mandato lì, là troverai il Signore". E questa è stata una delle tante cose che, unita ad altre, di dire che, se il Vangelo è preso sul serio la nostra vita cambia. Ma il problema è prenderlo sul serio, cioè crederci!
Tra le tante cose che ho fatto ho anche insegnato teologia per 29 anni, e ringrazio il Signore; però vi dico che quello che mi è servito di più spiritualmente è la preghiera del mattino: iniziare una giornata dedicando un'ora o due alla preghiera. Mi ha dato molto di più che tante ore di studio quotidiane.
Ecco, allora, che c'è una dimensione prima che è il rapporto col Signore, che deve appartenere alla comunità e a chi costituisce questa comunità. Questo lo dico perché la scelta dell'Eucarestia, la scelta dell'Adorazione, è fondamentale: perché l'ascolto della Parola di Dio è l'ascolto del Signore, perché la catechesi è andare oltre e costruire quella Parola nelle situazioni differenti, complicate, complesse della mia vita. Per esempio la Dottrina sociale della Chiesa è fondamentale se vogliamo essere all'altezza del nostro tempo, se vogliamo essere in grado di dare delle risposte; quindi, io direi, sarebbe importante che gli adulti credessero nella catechesi magari scegliendo alcuni argomenti che ci permettano anche di poter leggere la situazione attuale in cui noi viviamo, il nostro Paese vive, a partire da dei valori veri. Per esempio, li enuncio: i principi della Dottrina sociale della Chiesa sono la Persona, l'intangibilità della vita, il matrimonio, l'educazione, la libertà nell'educazione, il bene comune, la solidarietà, la sussidiarietà, la destinazione universale dei beni. Ecco, io vorrei che un laicato cattolico maturo, se non sempre, se non tutti i giorni, ma la domenica, per esempio, intendesse che vivere il giorno del Signore è anche leggere il quotidiano cattolico. Dico una volta alla settimana, non è sufficiente, ma è già importante.
Fate caso, molte volte noi sappiamo quello che dice il Papa dal telegiornale; nei nostri telegiornali di mezz'ora, venti minuti sono di cronaca giudiziaria - passiamo da un'aula all'altra di giustizia - oppure, a seconda dei periodi, omicidi insoluti su cui poi i giornalisti speculano e fanno ricami; più che inutile, perché siamo italiani e sappiamo quello che è successo ad Avetrana, o a Roma in via Poma. Poi adesso, se notate, ci sono dieci minuti di frivolezze, perché stanno anche indettandoci certe culture. Io sono amico degli animali, ma percepiscono quando mi vogliono mandare dei messaggi in cui, a un certo punto, tra l'animale e l'uomo non c'è più differenza e dico: qui non va bene. Non perché non vogliamo bene agli animali; vogliamo bene agli animali, ma nello stesso tempo vogliamo bene all'uomo, dobbiamo anche riuscire ad avere una scala di valori.
Quindi penso che la catechesi sia importante in ogni stagione della vita; noi molte volte la limitiamo alla prima Comunione e alla Confermazione, ma fate un po' questo esempio: quante cose noi abbiamo imparato dopo i dodici anni? Un film, un libro, un teatro, un viaggio... quante cose abbiamo imparato della vita, siamo cresciuti! E invece, sulle cose della Fede, noi siamo rimasti, molte volte, a dodici anni, l'età della Confermazione, non tenendo conto che la catechista faceva i salti mortali per parlare a dei bambini che avevano dai sette ai dodici anni, e in più aveva magari una classe che non stava in ordine, per cui non poteva nemmeno concentrarsi su quello che diceva. Siamo cresciuti su tutto, ma siamo rimasti rachitici sulla Fede. Adesso noi abbiamo davanti l'Anno della Fede, e in diocesi dobbiamo cercare di fare qualcosa, stiamo partendo, proprio perché molte volte il cattolico ha dei complessi di inferiorità. Vi faccio un esempio: se uno dice a quattordici anni "Io non credo" gli si risponde "E' uno che si pone i problemi; se uno a quattordici anni dice "Io credo" gli si risponde "Credulone!". Certe volte noi perdiamo di vista dei fondamentali che bisogna recuperare, cercare di fare il possibile per recuperare.
Quindi Eucarestia, Parola di Dio, catechesi, giovani: io ho segnato solo quello che diceva il parroco. Vengo ora al secondo intervento (*). Non è che il prete possa decidere quello che ha deciso Gesù Cristo; il Papa, un vescovo, un prete, un catechista, riceve qualcosa che gli è stato dato. Se noi non avessimo niente nei Vangeli sull'indissolubilità del matrimonio potremmo anche dire... Ma nei Vangeli viene posta a Gesù la domanda proprio sul divorzio (Mt 19, 3 / Mc 10, 2). E Gesù risponde in un determinato modo, molto chiaro, tanto che i suoi Apostoli Gli dicono: "Ma se questa è la condizione dell'uomo non conviene sposarsi" (Mt 19, 10). Detto questo, noi dobbiamo pensare che ci possono essere delle situazioni in cui una persona non meritava quello che gli è accaduto matrimonialmente; allora il discorso non è dare le colpe, non è quello di giudicare negativamente; ma neanche di giudicare in altro senso.
Esiste un'appartenenza alla Chiesa, che è quella, diciamo, della Comunione totale, che arriva ai Sacramenti. Poi le spiego un attimo perché l'Eucarestia è preclusa a chi ha in qualche modo infranto il vincolo matrimoniale, perché poi ci sono anche dei gradi di affermazione che noi dobbiamo conoscere. La persona che ha subito il divorzio, se si mantiene fedele a quel legame, può continuare ad accostarsi alla Comunione e testimonia ad oltranza in modo massimo l'indissolubilità del matrimonio. Pensi ad un coniuge che ha subito una situazione matrimoniale di frattura e, nonostante questo, rimane fedele.
Ci può essere il caso di chi ha contratto il matrimonio non avendo coscienza, consapevolezza, di quello che faceva. Il matrimonio è un atto umano: gli atti umani richiedono consapevolezza e libertà. "Non sapevo quello che facevo", ho escluso qualcosa di costitutivo del matrimonio. Ci può essere anche un matrimonio che va male e che si verifica che è nullo. Ma potrebbero esserci, ed è la maggioranza, forse, di matrimoni che vanno male e che non sono nulli. Allora, dal punto di vista pastorale, dobbiamo anche consigliare le persone in questo modo.
Mettiamo però il caso in cui un matrimonio si è frantumato e le due persone hanno fatto delle scelte matrimoniali di altro tipo. Allora, nel caso di queste persone: che cos'è il matrimonio? Il matrimonio è, lo dice San Paolo nella Lettera agli Efesini, al capitolo quinto: l'unione uomo-donna è un mistero, dice San Paolo, cioè un sacramento, un segno efficace di un'altra unione, Cristo-Chiesa (Ef 5, 32). Quindi
se si viene meno in questa fedeltà non si può celebrare l'Eucarestia, che è l'incontro di due fedeltà: l'uomo e Cristo. Allora, proprio perché c'è una opposizione a quella che è la sostanza del matrimonio, dobbiamo fare degli esami di coscienza nel preparare bene, soprattutto le nuove generazioni, al matrimonio. Allora io sono d'accordo quando un parroco si pone il problema se una persona è pronta a ricevere un sacramento; sia per quello che riguarda la prima Comunione, sia per quello che riguarda la Cresima, sia per quello che riguarda il Matrimonio. Perché certi matrimoni possono nascere sbagliati in quanto non c'è la maturità sufficiente in due persone, perché il matrimonio è una scelta coinvolgente, una scelta pesante. Allora noi dobbiamo anche far capire che il matrimonio va preparato; certi fallimenti matrimoniali non ci vuole un'esperienza di trent'anni di prete per prevederli. [...] Certi matrimoni spaccati sono già spaccati prima di nascere, bisogna capire che è un passo che va soppesato. Noi, molte volte, incominciando anche dal Sacramento della Confermazione o dal Sacramento della prima Comunione, dobbiamo riflettere non per spaventare o per far credere alle persone che le cose siano impossibili, ma preparare con consapevolezza.
Però ritorniamo al discorso in cui c'è il matrimonio rotto e con una scelta incompatibile con quello che è il Vangelo, perché io ci tengo a dire: è il Vangelo, è Gesù Cristo! E' lecito o no separarsi dalla propria moglie (perché al tempo di Gesù era inconcepibile che la donna si separasse dall'uomo)? Gesù dice che non è possibile, e loro gli rispondono: "Ma Mosè lo ha concesso". E Lui ha detto: "Per la durezza del vostro cuore, ma all'inizio non era così" (Mt 19, 8). Quindi non è che ci sia la scelta di un parroco, di un papa o di un vescovo, c'è la scelta di Gesù Cristo; questo deve essere chiaro, perché quello che lei pone è un problema gravissimo: io vado da un prete e mi sento dire "Fai la Comunione", vai da un altro prete e mi sento dire "No, non la puoi fare"; leggo un libro che mi dice che non si può fare la Comunione e ne leggo un altro che mi dice che si può fare la Comunione.
Quello che noi dobbiamo dire è questo: esiste una appartenenza alla Chiesa per gradi concentrici; la Comunione è l'espressione massima del legame. Le persone che hanno una situazione matrimoniale, diciamo, in contrasto, non è che siano delle persone che non possono entrare in chiesa, non è che sono persone che sono indicate a dito, come dire "Guarda, quello è un pubblico peccatore". No, qui veramente non bisogna giudicare, e bisogna trovare dei percorsi di accoglienza e di partecipazione nella vita ecclesiale che però non pretendano di annullare il significato dell'Eucarestia che è proprio espressione di un amore totale, di un dono totale.
Ci possono essere anche delle situazioni di frattura di matrimonio in cui la responsabilità è attenuata, la responsabilità è ridotta; non tutti hanno la stessa resistenza, capacità, perché rimanere soli da giovani è difficile, poi molti di noi possono avere dei parenti, dei figli, dei conoscenti che sono in questa situazione. Non è che si tratta di giudicare e non si tratta neanche di emarginare: hanno cittadinanza nella Chiesa. Si dice semplicemente: fintanto che c'è questa situazione non si può accedere alla comunione; però puoi pregare, puoi venire a Messa, puoi partecipare alla catechesi, puoi fare vita di carità.
C'è un livello in cui il prete non può decidere cose che sono state decise da Gesù Cristo. I confratelli che ragionano in un certo modo mettono in difficoltà gli altri, perché "quello è bravo, quello ha capito", "l'altro è duro". Molte volte, io ho conosciuto dei sacerdoti molto buoni, molto sacerdotali, più di altri che erano in polemica con tutti, col Papa innanzitutto, e con altri, come il vescovo, che però indicano la strada più facile. Quando mi vedrete dare le Cresime capirete che ho fatto una scelta: durante le Cresime voglio dire le cose importanti, che reputo importanti, per i genitori, per i ragazzi, per i catechisti e per la comunità; quindi non dire delle cose originali. Ai ragazzi molte volte dico: "Che cos'è la libertà?". Noi, purtroppo, siamo in un contesto in cui la libertà è "fai quel che vuoi". Ma dobbiamo anche avere la capacità, ad uno che dice "faccio quello che voglio", di dire "sei capriccioso". La libertà non è fare quello che si vuole; se io, a un certo punto, voglio andare contromano, perché è più breve la strada per arrivare a casa ed ho fretta, non sei libero. Allora chi fa quel che vuole è un capriccioso; e ai ragazzi dico: papà e mamma si alzano al mattino perché ne hanno voglia o perché hanno un progetto di vita? Si alzano al mattino perché hanno un progetto di vita, che magari siete voi, il loro progetto di vita ha il vostro nome o dei vostri fratelli; ma mettersi la sveglia alle sei lo fanno perché sanno che è bene farlo, perché devono pensare alla loro famiglia, perché devono crescere i loro figli. Se vostro papà e vostra mamma avessero l'idea di dire "la libertà è faccio quello che voglio" chiuderebbero la sveglia e dormirebbero fino alle dieci.
Allora la libertà è avere un progetto e realizzarlo; soprattutto, io sono libero quando realizzo un progetto faticoso: ecco la vera libertà. Noi i nostri ragazzi li lasciamo in balìa di questi messaggi; per cui molte volte nelle Cresime mi sentirete dire: "molte volte, per fortuna, la strada più facile è anche quella vera e giusta, ma non è sempre così". Il criterio non è la strada più comoda o più facile, ma è la strada più vera, la strada più giusta; forse noi manchiamo di una formazione catechistica, spirituale, affettiva dei nostri ragazzi, viviamo nella società dell'effimero. [...] Pensate un po': quarant'anni fa uno che doveva scrivere un messaggio doveva prendere carta e penna, scrivere, piegare la lettera, metterci il francobollo, spedirla e aspettare due giorni che arrivasse... Prima di parlare si pensava! Adesso con un messaggio non è più così, e i nostri ragazzi si abituano a questo, a un mondo virtuale. Io non dico che non bisogna giocare con i videogames, si può giocare; ma voi sapete che c'è anche una dipendenza e si crea un mondo virtuale, per cui, a un certo punto, se ho diciotto-vent'anni esco in macchina e non ho la percezione della strada.
Ecco, affettivamente è lo stesso, quando una persona arriva al matrimonio ed ha passato venti ragazze, o venti ragazzi. Io sorrido, ma rimango molto perplesso quando una mamma va a prendere il bambino all'asilo e dice: "Mio figlio ha la fidanzatina"; a tre anni la fidanzatina? Non è che ci veda niente di male, ma è una diseducazione. Perché un'altra cosa importante da dire e che ai nostri ragazzi noi rubiamo le stagioni della vita. Ora io non so se era l'ottimo, ma quando io ero bambino si andava a letto a Carosello; c'erano delle cose che erano delle conquiste. Adesso io ho provato a vedere delle scene di bambini ripresi lasciati soli alla televisione che imitano fisicamente le scene che vedono [...].
Allora capite bene che possono esserci le fratture dei matrimoni, e sono anche un fatto fisiologico, tante volte non colpevole: allora è lì che Dio giudicherà. Perché è anche differente la situazione di chi ha fatto il possibile per mantenere il proprio matrimonio da chi ha fatto l'impossibile per romperlo; e lì sarà Dio che giudicherà. A noi, come Chiesa, spetta accoglierli, farli sentire a proprio agio: per esempio, invece di dire "puoi fare la Comunione", si può dire "guarda che esiste la Comunione spirituale", e la Comunione spirituale non è da sottovalutare; esiste un mondo di vita cristiana in comunità.
Vi faccio una piccola confidenza: a me farebbe piacere più che dare le Cresime - ma capisco bene che essendo vescovo le devo dare - dare le prime Comunioni, perché le poche volte che, da vescovo, cadeva, o nella visita pastorale o altro, di dare le prime Comunioni, potevo spiegare ai bambini come si riceve l'Eucarestia, dire, ai genitori e alla comunità, valutiamo e riscopriamo i momenti di silenzio. Io ho provato all'anno sacerdotale, con il Papa e quindicimila preti in Piazza San Pietro, a fare mezz'ora di adorazione: guardate che una comunità in ginocchio e in silenzio è una catechesi. Pensate se una persona che non ha la Fede cattolica dovesse credere e capire qualcosa dell'Eucarestia entrando in una nostra assemblea: arriverebbe a pensare che lì c'è il Signore? Ecco, allora, che noi dobbiamo riscoprire tutto questo, non giudicare nessuno, accogliere tutti.
Nella Chiesa antica, il ritorno a Dio dopo un peccato grave era una cosa laboriosa che impegnava anni; si entrava nell'ordo penitentium: si andava dal vescovo, si diceva il peccato - ma non pubblicamente -, il vescovo lo ascoltava e, se era un peccato grave dava un cammino di penitenza, di conversione. Poteva durare tre, quattro, cinque anni; certe mancanze di certi preti potevano comportare il fatto di non poter più esercitare il sacerdozio. Mancanze serie chiedevano, per esempio, due o tre anni di avvicinamento, lasciato il peccato: un cammino di penitenza e di conversione. Allora, per esempio, c'erano i cristiani che erano cristiani, erano battezzati, ma avevano rotto la Comunione con dei peccati gravi, che potevano essere il furto, l'omicidio... Queste persone non potevano accedere alla Comunione anche quando chiedevano perdono, e iniziavano un cammino, che poteva durare anni, di avvicinamento. Era bello vedere che nella comunità alcuni, per esempio, non potevano entrare in chiesa, stavano fuori mentre si celebrava l'Eucarestia, e chiedevano, a coloro che potevano partecipare all'Eucarestia, di pregare per loro, di ricordarli all'altare. Ma loro non erano in polemica, avevano iniziato un cammino; poi alla tappa successiva entravano in chiesa e ci stavano fino all'offertorio, e quando l'Eucarestia diventava più sacra, il momento culminante, loro si accomiatavano, uscivano. Poi c'era un'altra tappa: partecipavano a tutta l'Eucarestia ma non facevano la Comunione. Poi a Roma il giovedì santo, in genere, e in Spagna il venerdì santo, dopo due anni o tre anni di cammino, se il peccato era molto grave, venivano assolti e allora potevano partecipare a tutta l'Eucarestia. Allora capite che l'Eucarestia aveva un valore: se io metto insieme l'Eucarestia in qualunque condizione sono, cosa vuol dire? Che non do nessun valore a quel gesto!
Concludo; sento dire, molte volte, che Gesù ha detto: "Prendetene tutti". E' vero: "Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio Corpo" (Mt 26, 26-29), è vero che l'ha detto. Ma chi fa queste esegesi frettolose, affrettate, si dimentica che Gesù prima ha fatto la lavanda dei piedi; e a chi gli diceva "Non lavarmi i piedi", diceva: "Non avrai parte con me" (Gv 13, 8). Ricordate Pietro: "Allora, Signore, lavami tutto" (Gv 13, 9). Allora stiamo attenti: l'Eucarestia è per tutti, ma ci vogliono delle condizioni, che ci permettono anche di cogliere il valore dell'Eucarestia. Il non poter partecipare all'Eucarestia, il rimettere la situazione di una persona nelle mani del Signore, che è l'unico Giudice, questo ci dà la sicurezza di non fare delle differenze o dei giudizi, di abbracciare tutti nella vita ecclesiale: puoi fare la carità, puoi partecipare all'Eucarestia, senza ricevere la Comunione ma puoi partecipare, puoi avere una vita di preghiera, puoi fare catechesi, puoi incontrare gli altri. Perché dobbiamo violentare l'Eucarestia?
Ecco, io mi limito a dire questo perché anch'io son stato prete, anch'io ho dovuto ascoltare confessioni di persone che mi facevano presenti anche situazioni molto difficili - una volta sola uno mi ha risposto male -; tutte le altre volte mi hanno detto: "Ma se è così sono contento di iniziare". Certo, poi noi preti dovremmo avere più carità, più pazienza, più ascolto; certo non si può dare l'Assoluzione però si può fare direzione spirituale a questa gente: non ti posso dare l'Assoluzione però ti accompagno spiritualmente. Forse, in questo momento e in questo cammino, poi si fa chiarezza nella mente della persona.
Ora, ci potrebbe essere anche il caso in cui delle persone sono sposate, è passato il tempo e vivono tra di loro in modo casto; si può anche fare un cammino in cui il direttore spirituale può aiutare. Questo è rischioso, lo capisco, ma si può fare: se c'è un vero proponimento e la cosa è portata avanti (non, per dire, faccio la Comunione e poi torno indietro). Ecco, se si rimuove la possibilità di scandalo, perché realmente queste persone vivono in modo casto, e ci sono dopo una certa età questi tragitti, lì è possibile fare la Comunione; però che sia rimosso lo scandalo e che veramente queste persone vivano castamente.
Io dico: la Misericordia di Dio è grande; a noi cercare di metterci a disposizione di questo cammino, di questa disponibilità, e sono convinto che uno trovi anche la serenità e trovi anche una sua collocazione nella Chiesa.


(*) Il secondo intervento, posto da una parrocchiana, chiedeva delucidazioni in materia della Dottrina della Chiesa sulla Comunione alle persone che non si trovano in una posizione regolare per quanto riguarda il matrimonio.

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