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sabato 8 ottobre 2011

Eutanasia: l'opinione di un agnostico

Quando oggi ci si trova a dover discutere di temi etici, specialmente quelli che la Chiesa riconosce come "Valori non negoziabili", si finisce per avere una visione molto schematica, vale a dire la Chiesa con il suo "no" da una parte e il "mondo laico" dall'altra. Questo articolo, apparso sul sito uccronline lo scorso 5 ottobre, mostra come questa suddivisione non corrisponde necessariamente alla verità; si tratta di un'intervista, riportata dal settimanale Tempi, all'oncologo Lucien Israel, agnostico, a proposito dell'eutanasia. E' vero che la Chiesa è fortemente contraria, ma questo articolo mostra come l'opposizione all'eutanasia possa avere anche origini, per così dire, laiche, fondando le sue ragioni su quello che papa Benedetto chiama il "diritto naturale". Questo per convincere anche i più strenui oppositori della Chiesa Cattolica, allo scopo di difendere la vita di tutti gli individui (specialmente i più deboli), che quando la Chiesa si pronuncia, su questi temi, non lo fa per oscurantismo, arretratezza intellettuale o per chissà quale recondito interesse lobbistico, ma le sue posizioni sono motivate da forti argomenti scientifici, filosofici ed etici. Ed anche gli atei o i non cristiani possono, in difesa della vita, convergere con i cristiani, ed i cattolici in particolare, su posizioni che sono oggettive e ragionevoli per tutti gli esseri umani.

Ecco perché sono contrario all'eutanasia
Lucien Israel, oncologo

«Ho visto più volte arrivare in ospedale malati in condizioni talmente gravi da sprofondare in uno stato di semi-coma. E quando li tiravamo fuori da questo stato con una rianimazione adeguata mi dicevano: “Quando mi dimette? Vorrei andare qualche giorno in Costa Azzurra per riprendermi”. Se fossi stato autorizzato da un “testamento” scritto ad abbreviare attivamente la loro vita mentre erano in semi-coma avrei commesso un vero e proprio crimine, anche se fossi stato incoraggiato dalla famiglia e dalla legge!». A parlare è Lucien Israel, agnostico luminare francese dell’oncologia, specialista in neurologia e attuale vice-presidente dell’Union nationale inter-universitaire (UNI).

Il settimanale “Tempi” lo ha intervistato due anni fa e in questi giorni ripubblica la bella e significativa discussione. Dice ancora Israel: «I rarissimi malati che, spontaneamente, mi hanno chiesto di aiutarli a morire se le cose si fossero complicate non hanno rinnovato la loro richiesta nel momento in cui questa poteva essere soddisfatta. Altro che autodeterminazione: per me, l’eutanasia è una richiesta che proviene dalle persone sane che vogliono disfarsi di una malato grave o in fase terminale». A consolidare la sua posizione ha contribuito un episodio accadutogli qualche anno fa: un paziente con cancro allo stomaco gli ha chiesto l’eutanasia. Lui ha risposto: «Ascolti, mi dispiace ma io non faccio assolutamente questo, noi siamo qui per curarvi”. Mi ha replicato: “Lei è un vigliacco”. “Forse è così”, ho ribattuto, “ma qui l’eutanasia non è mai stata fatta, siamo a vostra disposizione per farvi vivere”». A causa dell’insistenza del paziente, Israel gli ha portato una boccetta con un liquido dicendogli: «Ecco, se proprio vuole prenda questa». Lui mi ha guardato con aria dubbiosa: «È soltanto dell’acqua, vero?». «Forse», gli ho risposto. «Per scoprirlo dovrà usarla». Pochi giorni dopo il malato è morto ma la boccetta contenente della semplice acqua era intatta sul comodino: «si era convinto ad affrontare la malattia. Ma il caso di malati che mi hanno chiesto di aiutarli a morire è rarissimo. Un medico non può uccidere un suo simile. Fa ciò che è necessario per dare sollievo ai suoi dolori fisici e alle sue difficoltà psicologiche attraverso le cure, la gentilezza e tutto ciò che gli fa percepire che c’è qualcuno intorno a lui che si occupa di lui».

Israel è consapevole che la tentazione dell’eutanasia è presente anche fra i medici: «Quei medici che approvano l’eutanasia lo fanno perché non possono sopportare un essere che soffre e si dicono: “Che muoia domani o che muoia fra sei settimane non ha nessuna importanza, io preferisco finirla adesso”. Non si può offrire questa immagine del medico agli studenti di medicina, o la medicina diventerà qualcosa di terrible. È assolutamente indispensabile manifestare il rispetto totale della vita umana, anche perché attualmente siamo in grado di placare tutte le manifestazioni dolorose, e di conseguenza gli esseri di cui ci occupiamo non soffrono insopportabilmente. Nella misura in cui ci occupiamo dei pazienti in questo modo, non ci chiedono l’eutanasia». Conferma dunque quello che tanti disabili gravi dicono: chi si sente amato non vuole mai uccidersi. Più volte nelle interviste, continua il settimanale, l’oncologo ha affermato che in Francia vive un certo numero di olandesi anziani che si sono trasferiti per paura di essere sottoposti all’eutanasia se fossero restati nel loro paese: «In Olanda un medico ha il diritto di praticare l’eutanasia, può farlo in molte circostanze, basta che il malato manifesti distacco dalla vita e che lui non abbia fiducia nell’esito positivo del trattamento o in un miglioramento della qualità della vita del paziente. E questo medico si considera utile alla società, perché dice a se stesso: “Io uccido le persone, ma è solo per non farle soffrire”. Ripeto: oggi è possibile placare tutte le sofferenze, non c’è nessuna ragione di invocare l’eutanasia per questa ragione. Si priva di ogni dignità la professione medica se si accetta il principio che un medico ha il diritto di uccidere qualcuno».

Infine, confutando che l’opposizione all’eutanasia nasca da motivazioni esclusivamente cristiane o religiose, afferma: «Anche al di fuori di una qualunque ottica spirituale, un medico non è autorizzato a togliere la vita a qualcuno. Per quel che mi riguarda, la mia posizione non dipende da considerazioni religiose: un medico, chiunque egli sia, agnostico o credente, non deve riconoscersi il diritto di togliere la vita a qualcuno, quando in realtà è in grado di alleviare le sue sofferenze».


Fonte: uccronline.it.

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