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martedì 14 settembre 2010

Tre anni dal motu proprio

Tre anni fa, il 14 settembre 2007, entrava in vigore il motu proprio Summorum Pontificum; il motu proprio è un atto che il papa ha compiuto di sua volontà, senza suggerimenti esterni, ma per la sua stessa volontà. Con questo particolare atto papa Benedetto XVI ha voluto rendere più semplice per tutti la celebrazione della Messa secondo il messale di San Pio V, detta anche Messa tridentina poiché rimasta pressoché immutata dal Concilio di Trento del XVI secolo (l'unica modifica che si ebbe nel Canone, la Preghiera Eucaristica che porta alla Consacrazione, fu compiuta dal beato Giovanni XXIII nel 1962 con l'inserimento del nome di San Giuseppe). Con il Concilio Vaticano II era auspicato un aggiornamento del Messale Romano secondo le rubriche approvate dai padri conciliari, anche se la riforma liturgica che seguì (nel 1970) modificò profondamente la struttura della celebrazione Eucaristica rispetto a quella precedente. Il nuovo Messale conteneva così nuove Preghiere Eucaristiche, il Lezionario consentiva di ascoltare durante l'anno molti più brani biblici; ma in molti casi l'introduzione delle nuove traduzioni nazionali finì per far perdere l'uso della lingua latina, vista, erroneamente, come obsoleta e incomprensibile, mentre il Concilio ne prevedeva non solo la conservazione, ma anche la promozione (Sacrosanctum Concilium n. 36). Si assistette a quella che papa Benedetto chiama Ermeneutica della discontinuità o della rottura, cioè una chiave di lettura del Concilio Vaticano II che interpreta tutto ciò che vi era prima come superato, o addirittura superstizioso e sbagliato, mentre è necessario superare i testi del Concilio non tanto seguendo i testi stessi, quanto più il loro "spirito", cosa che, per l'inevitabile vaghezza su come si definisca tale spirito, ha causato confusione (Discorso ai membri della Curia Romana del 22 dicembre 2005). L'altra ermeneutica, quella della continuità, che "silenziosamente ma sempre più visibilmente ha portato frutti", afferma invece che il Concilio "vuole trasmettere pura ed integra la dottrina, senza attenuazioni o travisamenti", individuando la novità del Concilio non già come una novità di contenuti, bensì del "modo col quale essi sono enunciati" (S. Oec. Conc. Vat. II Constitutiones Decreta Declarationes, 1974, pp. 863-865). In questo ambiente ha trovato fertile terreno il motu proprio di cui parliamo; in alcuni casi, e specialmente dai fautori di quella ermeneutica della discontinuità che "non di rado si è potuta avvalere della simpatia dei mass-media, e anche di una parte della teologia moderna" (Discorso ai membri della Curia Romana del 22 dicembre 2005), si è voluto ridurre la promulgazione del motu proprio come una semplice dispensa data dal papa ai cosiddetti Lefebvriani (i seguaci di mons. Marcel Lefebvre, che subito dopo il Concilio Vaticano II se ne discostarono in maniera decisa sia sul piano dottrinale che liturgico, fino ad arrivare alla scomunica dello stesso Lefebvre e di altri quattro presuli, perché nominati senza il consenso del papa, scomunica recentemente rimessa). Non nascondendo le positive implicazioni che questo atto ha ed ha avuto nel ricucire lo strappo con i Lefebvriani, papa Benedetto ha però sottolineato come "ci fa bene a tutti conservare le ricchezze che sono cresciute nella fede e nella preghiera della Chiesa, e di dar loro il giusto posto" (Lettera ai vescovi per la pubblicazione del Motu proprio); quindi un atto per tutta la Chiesa, e non solo per pochi. Non manca poi di precisare che "non c’è nessuna contraddizione tra l’una e l’altra edizione del Missale Romanum; nella storia della Liturgia c’è crescita e progresso, ma nessuna rottura". E fa parte della continuità della Chiesa anche la Messa antica, poiché "ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso".
Questa una breve storia del motu proprio, che in questi anni, tra inevitabili polemiche ma anche tra importanti prove di fede, ha fatto in modo che la celebrazione della Messa antica si diffondesse non solo nelle grandi città e nelle fraternità sacerdotali dispensate, ma anche nelle piccole chiese di tutto il mondo.

Per conoscere in maniera più approfondita il motu proprio e le ragioni che hanno spinto il papa a promulgarlo, pubblichiamo di seguito i documenti più significativi in merito:

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