La IV Domenica di Quaresima segna un punto di svolta nel cammino quaresimale dei fedeli; abbiamo infatti da poco superato la metà Quaresima, e ci stiamo avvicinando alla Settimana Santa e alla Pasqua. Così la liturgia di questa domenica è quasi un invito ad alzare il capo e a contemplare la Pasqua ormai vicina. Tanto più che viene usata l'espressione di Domenica laetàre, che deriva dalla prima parola dell'Introito (canto iniziale) della Santa Messa, tratto dal libro del profeta Isaia (Is 66,10-11), il cui testo riporto in fondo: un invito a rallegrarci dopo esserci mortificati. Tale espressione della liturgia non si può comprendere senza gettare uno sguardo a quanto succedeva in passato. La Quaresima era infatti un lungo periodo di digiuno (l'espressione che a volte sentiamo nel linguaggio quotidiano "lungo come una Quaresima" deriva proprio da questa pratica), che non si limitava ai due giorni delle Ceneri e del Venerdì Santo (che sono tutt'ora giorni in cui vengono raccomandati il digiuno e l'astinenza), né ai singoli venerdì di Quaresima. In ogni singolo giorno il fedele era chiamato al digiuno e alle opere di mortificazione; anche se, pensando ai nostri genitori o nonni, non doveva essere difficile digiunare e privarsi del cibo ai loro tempi, nemmeno fuori della Quaresima. Di certo, comunque, la Pasqua rappresentava un traguardo da festeggiare con molta più solennità (anche nelle case e in famiglia) di quello che facciamo oggi. La Domenica laetare era una sorta di traguardo intermedio, un luogo di ristoro dove riprendere le forze per terminare il cammino, ed era consentito interrompere il lungo digiuno.
Tuttavia anche oggi, almeno in ambito liturgico, le norme raccomandate dal Concilio, in continuità con quanto accadeva prima, consentono, a chi pone una certa attenzione, di notare la differenza rispetto alle altre domeniche di Quaresima. Innanzitutto le vesti liturgiche: mentre il colore liturgico quaresimale è il viola, fusione del rosso (che simboleggia il Sangue di Cristo effuso durante la sua Passione) e del blu (che sta, invece, per la temperanza a cui i fedeli sono chiamati nei loro comportamenti specialmente in questo tempo forte), in questa domenica vedremo il rosaceo, che vuole essere una sorta di viola già contaminato dal bianco, colore della festa di Pasqua ormai vicina. Oggi è consentito anche porre dei fiori tra gli addobbi dell'altare, mentre per il resto della Quaresima non è possibile.
Un altro segno di grande importanza riguarda la musica liturgica; chi ha fatto attenzione (e sempre ammesso che i responsabili del canto e della musica liturgica delle vostre chiese abbiano osservato quanto prescritto dalle rubriche), avrà notato che nelle domeniche scorse il canto e l'organo sono sembrati molto discreti. L'organo, infatti, non può suonare da solo in Quaresima, ma può essere utilizzato soltanto per accompagnare il canto, lasciando ampio spazio al silenzio. Che vi sia questa cura, da parte dei libri liturgici, nei confronti della musica e del canto quaresimali è un ulteriore segno che essi sono parte integrante della liturgia, e non un orpello che serve solo per decorare. Ebbene in questa domenica anche l'organo darà un senso maggiore di festa, potendo accompagnare alcuni momenti delle celebrazioni con intermezzi musicali ora solenni, ora più sommessi.
Tutto questo potrebbe sembrare inutile; non la pensa così il Magistero della Chiesa, che tra i segni esteriori che compongono la liturgia ha voluto, nel corso dei secoli, inserire questi elementi, col preciso scopo di far avvertire ai nostri animi la presenza del Signore accanto a noi, e la sua vicinanza anche nella difficoltà e nella prova, rappresentati dall'austerità propria del tempo di Quaresima. La liturgia è fatta di segni esterni, che però parlano al cuore dei fedeli veramente disposti ad ascoltarla. Questa è la grande responsabilità di chi si occupa della liturgia nelle nostre chiese: essa non è lasciata al loro arbitrio, ma è affidata alla loro custodia, e devono essere consapevoli che è tramite la liturgia che il Signore parla al cuore dei fedeli. Se pensiamo di infarcire la liturgia di elementi mondani (musiche, atteggiamenti, gesti) solo perché ci piacciono, la impoveriamo tremendamente, e ci rendiamo responsabili anche di non aver avvicinato il Signore al cuore di chi a quella liturgia ha assistito.
Ascoltiamo dunque l'introito previsto per domani (anche dalla liturgia post-conciliare, checché se ne pensi): ed osserviamo come la musica (il canto gregoriano e il falsobordone polifonico scelto in questo video) aiutino a far percepire la gioia a cui ci invita il profeta. Non a caso questo brano è scritto sul quinto tono gregoriano, che è riconosciuto per esprimere "allegrezza, letizia per coloro che sono tristi e gioia".
Nessun commento:
Posta un commento