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domenica 30 marzo 2014

IV Domenica di Quaresima - Laetare

La IV Domenica di Quaresima segna un punto di svolta nel cammino quaresimale dei fedeli; abbiamo infatti da poco superato la metà Quaresima, e ci stiamo avvicinando alla Settimana Santa e alla Pasqua. Così la liturgia di questa domenica è quasi un invito ad alzare il capo e a contemplare la Pasqua ormai vicina. Tanto più che viene usata l'espressione di Domenica laetàre, che deriva dalla prima parola dell'Introito (canto iniziale) della Santa Messa, tratto dal libro del profeta Isaia (Is 66,10-11), il cui testo riporto in fondo: un invito a rallegrarci dopo esserci mortificati. Tale espressione della liturgia non si può comprendere senza gettare uno sguardo a quanto succedeva in passato. La Quaresima era infatti un lungo periodo di digiuno (l'espressione che a volte sentiamo nel linguaggio quotidiano "lungo come una Quaresima" deriva proprio da questa pratica), che non si limitava ai due giorni delle Ceneri e del Venerdì Santo (che sono tutt'ora giorni in cui vengono raccomandati il digiuno e l'astinenza), né ai singoli venerdì di Quaresima. In ogni singolo giorno il fedele era chiamato al digiuno e alle opere di mortificazione; anche se, pensando ai nostri genitori o nonni, non doveva essere difficile digiunare e privarsi del cibo ai loro tempi, nemmeno fuori della Quaresima. Di certo, comunque, la Pasqua rappresentava un traguardo da festeggiare con molta più solennità (anche nelle case e in famiglia) di quello che facciamo oggi. La Domenica laetare era una sorta di traguardo intermedio, un luogo di ristoro dove riprendere le forze per terminare il cammino, ed era consentito interrompere il lungo digiuno.
Tuttavia anche oggi, almeno in ambito liturgico, le norme raccomandate dal Concilio, in continuità con quanto accadeva prima, consentono, a chi pone una certa attenzione, di notare la differenza rispetto alle altre domeniche di Quaresima. Innanzitutto le vesti liturgiche: mentre il colore liturgico quaresimale è il viola, fusione del rosso (che simboleggia il Sangue di Cristo effuso durante la sua Passione) e del blu (che sta, invece, per la temperanza a cui i fedeli sono chiamati nei loro comportamenti specialmente in questo tempo forte), in questa domenica vedremo il rosaceo, che vuole essere una sorta di viola già contaminato dal bianco, colore della festa di Pasqua ormai vicina. Oggi è consentito anche porre dei fiori tra gli addobbi dell'altare, mentre per il resto della Quaresima non è possibile.
Un altro segno di grande importanza riguarda la musica liturgica; chi ha fatto attenzione (e sempre ammesso che i responsabili del canto e della musica liturgica delle vostre chiese abbiano osservato quanto prescritto dalle rubriche), avrà notato che nelle domeniche scorse il canto e l'organo sono sembrati molto discreti. L'organo, infatti, non può suonare da solo in Quaresima, ma può essere utilizzato soltanto per accompagnare il canto, lasciando ampio spazio al silenzio. Che vi sia questa cura, da parte dei libri liturgici, nei confronti della musica e del canto quaresimali è un ulteriore segno che essi sono parte integrante della liturgia, e non un orpello che serve solo per decorare. Ebbene in questa domenica anche l'organo darà un senso maggiore di festa, potendo accompagnare alcuni momenti delle celebrazioni con intermezzi musicali ora solenni, ora più sommessi.
Tutto questo potrebbe sembrare inutile; non la pensa così il Magistero della Chiesa, che tra i segni esteriori che compongono la liturgia ha voluto, nel corso dei secoli, inserire questi elementi, col preciso scopo di far avvertire ai nostri animi la presenza del Signore accanto a noi, e la sua vicinanza anche nella difficoltà e nella prova, rappresentati dall'austerità propria del tempo di Quaresima. La liturgia è fatta di segni esterni, che però parlano al cuore dei fedeli veramente disposti ad ascoltarla. Questa è la grande responsabilità di chi si occupa della liturgia nelle nostre chiese: essa non è lasciata al loro arbitrio, ma è affidata alla loro custodia, e devono essere consapevoli che è tramite la liturgia che il Signore parla al cuore dei fedeli. Se pensiamo di infarcire la liturgia di elementi mondani (musiche, atteggiamenti, gesti) solo perché ci piacciono, la impoveriamo tremendamente, e ci rendiamo responsabili anche di non aver avvicinato il Signore al cuore di chi a quella liturgia ha assistito.

Ascoltiamo dunque l'introito previsto per domani (anche dalla liturgia post-conciliare, checché se ne pensi): ed osserviamo come la musica (il canto gregoriano e il falsobordone polifonico scelto in questo video) aiutino a far percepire la gioia a cui ci invita il profeta. Non a caso questo brano è scritto sul quinto tono gregoriano, che è riconosciuto per esprimere "allegrezza, letizia per coloro che sono tristi e gioia".

venerdì 28 marzo 2014

"Le porte del confessionale sono sempre aperte"


Il Santo Padre, ha indetto per oggi, 28 marzo 2014 la giornata della Misericordia.
Proprio in ricorrenza di questa giornata il Duomo resterà aperto per tutta la notte e sarà esposto il Santissimo; come le porte del Duomo restano aperte, anche i sacerdoti durante tutta la notte, lasceranno "aperte" le porte del confessionale per accogliere tutte le persone che volessero avvicinarsi al Sacramento della Confessione che è l'unico modo per avvicinarsi a Gesù.
Il Sacramento della Confessione è il sacramento della guarigione.
Il fedele, solo se veramente pentito, riceve l'abbraccio totale di Dio, riceve il perdono.
La confessione è un po' come una colla, se immaginiamo la nostra fede come un filo, quando noi pecchiamo questo filo si rompe e l'unico modo per aggiustarlo è unirlo con la colla.
Ecco, quando noi pecchiamo ci allontaniamo da Dio e l'unico modo per riavvicinarsi è accostarsi al Sacramento della Confessione.
Però non è che avendo questa possibilità possiamo peccare e poi dire:tanto poi andiamo a confessarci. Il perdono dei peccati si riceve solo se realmente pentiti altrimenti non occorre nemmeno andare a confessarsi.

Cito alcuni articoli dal Catechismo della Chiesa Cattolica.

1422 "Quelli che si accostano al Sacramento della Penitenza ricevono la misericordia da Dio il perdono delle offese fatte a lui e insieme si riconciliano con la Chiesa, alla quale hanno inflitto una ferita con il peccato e coopera alla loro conversione con la carità, l'esempio e la preghiera".

1487 Colui che pecca ferisce l'onore di Dio e il suo amore, la propria dignità di uomo chiamato ad essere figlio di Dio e la salute spirituale della Chiesa di cui ogni cristiano deve essere una pietra viva.

1491 Il sacramento della Penitenza è costituito dall'insieme di tre atti compiuti dal penitente e dall'assoluzione dal parte del sacerdote. Gli atti del penitente sono: il pentimento, la confessione o la manifestazione dei peccati al sacerdote e il proposito di compiere la soddisfazione e le opere di soddisfazione.

1492 Il pentimento deve esser ispirato da motivi dettati dalla fede. Se il pentimento nasce dall'amore di carità verso Dio, lo si dice "perfetto"; se è fondato su altri motivi, lo si chiama "imperfetto".

Ecco lo "schema" per confessarsi

Preghiera

Signore, ecco prostrato ai vostri piedi un grande peccatore. Sta per scendere sul mio capo il vostro sangue divino per cancellare le mie colpe. Fate che io non lo profani, o Signore!
Illumina la mia mente a conoscere tutti i miei peccati. Infondete nel mio cuore un dolore profondo, decidete la mia volontà a propositi generosi. Fate che la mia Confessione sia sincera e pentita, e segni veramente per me un miglioramento di vita.
Maria SS. rifugio dei peccatori, mio Angelo Custode, miei Santi protettori, pregate per me.

Esame di coscienza

In confessionale
(al sacerdote) Beneditemi, o Padre, perché ho peccato (breve pausa di silenzio)
Mi confesso a Dio onnipotente, a Maria SS. sempre Vergine, a tutti i Santi e a voi, o Padre, perché ho peccato.

Enunciazione dei peccati

(Finita l'enunciazione dei peccati termina l'accusa con queste parole)
Confesso anche i peccati che non ricordo o non conosco e i più gravi della vita passata: e di tutti domando a Lei, o Padre, l'Assoluzione e la Penitenza.

Ascolta con fede i consigli del Confessore e rispondi con sincerità alle sue domande
Recita poi di cuore l'atto di dolore

O Gesù d'amore acceso, non vi avessi mai offeso; o mio caro e buon Gesù, con la Vostra Santa Grazia non vi voglio offender più, né mai disgustarvi perché vi amo sopra ogni cosa.

Segue l'assoluzione e la benedizione
Recita le penitenze che il Sacerdote ti ha affidato

Ringraziamento
Signore, sono stato tanto cattivo e mi sono meritato mille volte l'inferno coi miei peccati. Ed ecco invece che voi avete perdonato le mie colpe, mi avete baciato ancora in fronte come un figlio, e mi avete riaperto di nuovo le porte del Paradiso.
Vi prometto in compenso di essere sempre buono. Voi confermate i miei propositi con la vostra grazia e fate che non vi offenda mai più.
Maria Santissima, mia buona Madre, aiutatemi anche voi a mantenere i miei proponimenti.

martedì 25 marzo 2014

Annunciazione del Signore


Riporto l'Angelus di Papa Benedetto XVI della Solennità dell'Annunciazione del 25 marzo 2013.

Il “sì” di Maria all’annuncio dell’angelo, il “sì” di Cristo nel compiere la volontà del Padre si rinnova nella storia con il “sì” dei santi e soprattutto dei martiri “che vengono uccisi a causa del Vangelo”: in un unico sguardo Benedetto XVI ha legato due celebrazioni di questi giorni: la solennità dell’Annunciazione, che si celebra il 25 marzo, e la Giornata di preghiera per i missionari martiri, ricordata ieri.

L’Annunciazione, una festa molto antica a 9 mesi dal Natale. Il papa ha però voluto ricordare “questo stupendo mistero della fede, che contempliamo ogni giorno nella recita dell’Angelus”.

“L’Annunciazione – ha continuato il papa - … è un avvenimento umile, nascosto – nessuno lo vide, nessuno lo conobbe, se non Maria –, ma al tempo stesso decisivo per la storia dell’umanità. Quando la Vergine disse il suo “sì” all’annuncio dell’Angelo, Gesù fu concepito e con Lui incominciò la nuova era della storia, che sarebbe stata poi sancita nella Pasqua come “nuova ed eterna Alleanza”.

“In realtà – ha precisato il pontefice - il “sì” di Maria è il riflesso perfetto di quello di Cristo stesso quando entrò nel mondo, come scrive la Lettera agli Ebrei interpretando il Salmo 39: “Ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per compiere, o Dio, la tua volontà” (Eb 10,7). L’obbedienza del Figlio si rispecchia nell’obbedienza della Madre e così, per l’incontro di questi due “sì”, Dio ha potuto assumere un volto di uomo. Ecco perché l’Annunciazione è anche una festa cristologica, perché celebra un mistero centrale di Cristo: la sua Incarnazione”.

“La risposta di Maria all’Angelo si prolunga nella Chiesa, chiamata a rendere presente Cristo nella storia, offrendo la propria disponibilità perché Dio possa continuare a visitare l’umanità con la sua Misericordia”. Proprio per sottolineare il “sì” dei santi e dei martiri, il papa ha ricordato la Giornata di preghiera e digiuno per i missionari martiri, celebrata ieri nell’anniversario dell’assassinio di Mons. Oscar Romero, Arcivescovo di San Salvador

Ricordando i “vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici stroncati nel compimento della loro missione di evangelizzazione e promozione umana”, il pontefice ha sottolineato che “i missionari martiri …. sono ‘speranza per il mondo’, perché testimoniano che l’amore di Cristo è più forte della violenza e dell’odio. Non hanno cercato il martirio, ma sono stati pronti a dare la vita per rimanere fedeli al Vangelo. Il martirio cristiano si giustifica soltanto come supremo atto d’amore a Dio ed ai fratelli”

E ha concluso: “In questo tempo quaresimale più frequentemente contempliamo la Madonna che sul Calvario sigilla il “sì” pronunziato a Nazaret. Unita a Gesù, il Testimone dell’amore del Padre, Maria ha vissuto il martirio dell’anima. Invochiamo con fiducia la sua intercessione, perché la Chiesa, fedele alla sua missione, dia al mondo intero testimonianza coraggiosa dell’amore di Dio”.



lunedì 24 marzo 2014

Giornata di digiuno e preghiera per i martiri Cristiani


Il 24 marzo, Giornata di preghiera e digiuno per ricordare vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici stroncati nel compimento della loro missione.

La fede non è qualcosa di accessorio o marginale nel contesto della vita cristiana. Anzi, è l’essenza di una umanità autentica, rinnovata dall’esperienza della croce, di cui missionari e missionarie martiri sono stati testimoni. Ed è proprio a loro che va il nostro plauso, ogni anno, il 24 marzo, in occasione della tradizionale Giornata dei missionari martiri. Si tratta di un’iniziativa promossa dal Movimento giovanile missionario (Missio Giovani), con l’intento di fare memoria di coloro che hanno dato la vita per la causa del Regno, nelle periferie del mondo. La data è quella della tragica uccisione del compianto arcivescovo di San Salvador, monsignor Óscar Arnulfo Romero y Galdámez , trucidato nell’ormai lontano 1980.

Una Giornata di preghiera e digiuno, nel cuore del tempo quaresimale, per ricordare, col cuore e con la mente, quei vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici stroncati nel compimento della loro missione. Da questo punto di vista, è davvero illuminante la testimonianza di monsignor Romero che costituisce una sorta di paradigma per cogliere il significato del martirio. Le cronache del tempo ci rammentano che aveva da poco concluso la sua omelia durante la Santa Messa vespertina nella cappella dell’ospedale della “Divina Provvidenza” di San Salvador. Proprio nel solenne momento dell’elevazione del calice, un sicario gli sparò a sangue freddo.

La vita di monsignor Romero e di tanti apostoli che hanno condiviso la passione di Nostro Signore ci induce a una sorta di discernimento sulla nostra quotidianità, sperimentando innanzitutto e soprattutto il turbamento e l’inquietudine di fronte al mistero. Sì, per tutte le vicissitudini e angherie che avvengono nei bassifondi della Storia, nella consapevolezza però che la loro, come anche la nostra è Storia di Salvezza.

Infatti, ricordando i missionari martiri è davvero possibile comprendere che l’amore non è un’astrazione filosofica o un banale sentimento dell’anima ma la prova fattiva che i veri cambiamenti sono resi possibili solo attraverso il dono della propria vita. Non è un caso se Tertulliano scriveva che «il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani», evocando la nascita della Chiesa dalla Croce di Cristo. Stando al recente computo pubblicato dall’agenzia missionaria Fides, sono stati complessivamente ventidue coloro che sono caduti sul campo nel 2013, quasi il doppio rispetto all’anno precedente: 19 sacerdoti, una religiosa e due laici. In America Latina sono stati uccisi 15 sacerdoti, ben sette in Colombia. In Africa hanno perso la vita un sacerdote in Tanzania, una religiosa in Madagascar e una laica in Nigeria. La loro testimonianza di vita rappresenta il valore aggiunto della fede cristiana che, peraltro, si evince dal tema scelto quest’anno per celebrare questa giornata: “Martyria”. Chi è infatti il martire se non il testimone pronto a dare tutto incondizionatamente?

Storie davvero avvincenti, quelle dei nostri missionari, che toccano il cuore perché riescono ancora oggi a ricomporre il legame inscindibile tra il Vangelo e la vita quotidiana. Stiamo parlando di persone in carne e ossa, la cui identità non si è mai fondata sul disprezzo e sulla prevaricazione nei confronti del prossimo, ma sulla talvolta scomoda e comunque radicale conformazione a Cristo. Viene, naturalmente, spontaneo chiedersi come mai, per poter conoscere qualche frammento dell’attualità africana o del Sud del mondo più in generale, si debba per forza aspettare che qualcosa di doloroso debba investire la loro esistenza. La domanda forse andrebbe rivolta ai gestori dell’informazione, soprattutto in Italia, i quali, forse per disattenzione o negligenza, dimenticano che il diritto di cittadinanza nel “villaggio globale” esige una conoscenza dell’alterità, indipendentemente dalla collocazione geografica di questo o quel popolo.

Ecco che allora il modo migliore e più efficace per rendere il giusto tributo a queste sentinelle della carità, di cui oggi rimangono forse solo gli stretti parenti e amici a ricordarne i nomi, sta proprio nel “dare voce a chi non ha voce”, alla gente che hanno servito risolutamente, con grande abnegazione. La loro testimonianza pertanto non solo rappresenta una forte provocazione, considerando il nostro malessere determinato dalla difficile congiuntura in cui versa l’economia mondiale, ma dovrebbe davvero indurci ad un deciso cambiamento di rotta. A pensarci bene, ci salveremo da un futuro pervaso da peccaminosi egoismi e fondamentalismi solo se sapremo metterci alla loro scuola, quella della gratuità, dell’accoglienza nei confronti dei poveri e degli attardati. Una visione spirituale dell’esistenza umana, tanto cara a Papa Francesco, ma non sempre condivisa nella nostra società dove l’interesse particolare prende troppe volte il sopravvento sul “Bene Comune”. Dimenticando l’universalità dell’amore missionario, davvero senza confini.

domenica 23 marzo 2014

Cinque mariti e in cerca della vera gioia: la Samaritana

Riporto una parte significativa del discorso improvvisato dal Santo Padre Benedetto XVI al termine dell'incontro con i gruppi parrocchiali di Santa Maria liberatrice di Testaccio (24 febbraio 2008). Ha come spunto l'episodio del Vangelo di questa III domenica di Quaresima, in particolare l'attenzione di Gesù per la ricerca affannata e sbagliata della Samaritana che, incontrando il Messia, appaga finalmente la sua sete di libertà e gioia:
Oggi abbiamo letto un brano del Vangelo molto attuale. La donna samaritana della quale si parla, può apparire come una rappresentante dell'uomo moderno, della vita moderna. Ha avuto cinque mariti e convive con un altro uomo. Faceva ampio uso della sua libertà e tuttavia non diventava più libera, anzi diventava più vuota. Ma vediamo anche che in questa donna era vivo un grande desiderio di trovare la vera felicità, la vera gioia. Per questo era sempre inquieta e si allontanava sempre di più dalla vera felicità. 
Tuttavia anche questa donna, che viveva una vita apparentemente così superficiale, anche lontana da Dio, nel momento in cui Cristo le parla allora mostra che nella profondità del cuore custodiva questa domanda su Dio: chi è Dio? Dove possiamo trovarlo? Come possiamo adorarlo? In questa donna possiamo vedere tutto lo specchio della nostra vita di oggi, con tutti i problemi che ci coinvolgono; ma vediamo anche come nella profondità del cuore ci sia sempre la questione di Dio, e l'attesa che Egli si mostri in un altro modo.
La nostra attività è realmente l'attesa; rispondiamo all'attesa di quanti attendono la luce del Signore, e nel darle risposta a questa attesa anche noi cresciamo nella fede e possiamo capire che questa fede è quell'acqua della quale abbiamo sete. 
In questo senso voglio incoraggiarvi ad andare avanti con il vostro impegno pastorale e missionario, con il vostro dinamismo per aiutare le persone di oggi a trovare la vera libertà e la vera gioia. Tutti, come questa donna del Vangelo, sono in cammino per essere totalmente liberi, per trovare la piena libertà e per trovare in essa la gioia piena; ma spesso si ritrovano sulla strada sbagliata. Possano costoro, tramite la luce del Signore e la nostra cooperazione con il Signore, scoprire che la vera libertà viene dall'incontro con la Verità che è l'amore e la gioia.


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